È una mossa altamente simbolica, ma dagli effetti internazionali potenzialmente devastanti per il governo israeliano e il suo leader.

Il procuratore capo della Corte penale internazionale Karim Khan, ha chiesto alla Camera preliminare del tribunale di emettere mandati di arresto contro il premier israeliano, Benjamin Netanyahu e il suo ministro della Difesa, Yoav Gallant per «crimini di guerra e crimini contro l'umanità» nella Striscia di Gaza dall’8 ottobre 2023.

Khan ha richiesto anche l’arresto dei leader di Hamas, Yahya Sinwar, Mohammed Deif, Ismail Haniyeh e Diab Ibrahim Al Masri per «crimini di guerra e contro l’umanità» commessi in Israele e nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023, il giorno dell’attacco ai kibbutz israeliani.

La simmetrica mossa dei giudici è un duro colpo per il primo ministro israeliano e potrebbe alimentare ulteriormente le già forti critiche interne alla maggioranza del suo governo sulla fumosa strategia israeliana su Gaza, sebbene vada ricordato che Israele non riconosce i poteri della Corte penale internazionale dell’Aia per non aver mai firmato il relativo Trattato.

La richiesta del procuratore Khan deve essere ovviamente approvata dai giudici del tribunale, ma ha un valore altamente simbolico, perché riguarderebbe il primo capo di un governo di una democrazia liberale di tipo occidentale a venire incriminato per reati così gravi.

Inoltre, se venisse confermata la richiesta contro Netanyahu – come è avvenuto per il presidente russo, Vladimir Putin che non ha potuto recarsi al vertice dei Brics in Sudafrica per timore di essere arrestato – anche il premier israeliano non potrebbe più andare a cuor leggero in paesi che riconoscono il potere della Corte internazionale e hanno un sistema giudiziario indipendente dall’esecutivo che potrebbe eseguire il mandato di arresto internazionale.

Comunque, come ricorda la Cnn, i mandati contro i politici israeliani segnano la prima volta che la Cpi prende di mira il massimo leader di uno stretto alleato degli Stati Uniti. E non è un caso che Joe Biden abbia subito definito la richiesta come «scandalosa»: «Qualunque cosa questo pubblico ministero possa intendere, non esiste alcuna equivalenza – nessuna – tra Israele e Hamas».

Come Putin

La decisione mette Netanyahu in compagnia del presidente russo Putin, per il quale la Cpi ha emesso un mandato di arresto per la guerra di Mosca all’Ucraina, e dell'uomo forte libico Muammar Gheddafi, che stava affrontando un mandato di arresto della Cpi per presunti crimini contro l’umanità nel momento della sua cattura e uccisione nell’ottobre 2011.

Di certo c’è che la decisione del procuratore della Corte internazionale indebolisce la posizione del premier israeliano che ora potrebbe essere costretto ad accettare un accordo sulla liberazione degli ostaggi e una tregua delle operazioni su Rafah e sulla Striscia.

Le reazioni

«È uno scandalo. Questo non fermerà né me né noi». Così il premier Netanyahu ha definito, in una riunione del suo partito, il Likud, la sorprendente mossa del procuratore della Cpi. Per il ministro del gabinetto di guerra, Benny Gantz, (che aveva posto un ultimatum politico di tre mesi a Bibi su Gaza) «tracciare un parallelo tra i leader di un paese democratico determinato a difendersi dal terrorismo spregevole e i leader di un’organizzazione terroristica assetata di sangue è una profonda distorsione della giustizia e un palese fallimento morale».

Anche per il leader dell’opposizione, Yair Lapid, «non è possibile emettere mandati di arresto contro Netanyahu, Sinwar e Deif. Non esiste un paragone del genere, non possiamo accettarlo ed è imperdonabile».

Sulla stessa linea indignata e critica pure il Forum dei familiari degli ostaggi che ha «respinto la proposta simmetrica tra i leader israeliani e i terroristi di Hamas», sottolineando che «il modo per dimostrare al mondo che i due non sono la stessa cosa è avviare immediatamente un negoziato che rilascerà gli ostaggi».

La richiesta di mandati d’arresto sia per Netanyahu sia per Sinwar ha suscitato indignazione anche tra i palestinesi. Per Wasel Abu Youssef, esponente dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), in questo modo si fa «confusione tra la vittima e il carnefice».

«La Corte penale internazionale è tenuta a emettere mandati di arresto contro i funzionari israeliani che continuano a commettere crimini di genocidio nella Striscia di Gaza», ha aggiunto. Dello stesso avviso pure Hamas, convinta che la decisione di Khan «equipara la vittima al carnefice» e incoraggia la continuazione della «guerra di sterminio».

Insomma la richiesta giudiziaria, a cui ha collaborato anche Amal Alamuddin, moglie dell’attore George Clooney nonché avvocato di diritto internazionale, scontenta simmetricamente tutti i protagonisti e potrebbe spingerli a riaprire i negoziati, oggi in stallo al Cairo, per la tregua e il rilascio degli ostaggi.

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