L’Italia è uscita ufficialmente dalla nuova Via della Seta, dopo mesi di negoziati riservati e annunci pubblici, che avevano già chiarito che questa sarebbe stata la direzione verso cui il governo voleva andare. Lo ha rivelato il Corriere della Sera, secondo cui l’Italia ha prodotto una nota verbale e l’ha corredata da promesse di amicizia strategica con la Cina.

Il progetto

La nuova Via della Seta, conosciuta anche come Belt and Road Initiative (Bri), è un progetto infrastrutturale annunciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013 con l’obiettivo di collegare l’Asia con l’Africa e l’Europa. L’Italia è stata il primo paese del G7 ad aderire al progetto. Nel 2019 il governo Conte I ha firmato il memorandum con la Cina che avrebbe dovuto prevedere finanziamenti, infrastrutture e indotto per un valore di 20 miliardi di euro.

L’Italia ha visto l’opportunità di sfruttare a proprio favore gli investimenti e la possibilità di espandere l’accesso delle esportazioni italiane al mercato cinese. Ma le aspettative sono state deluse. Finora i progetti previsti dal memorandum non sono stati realizzati. Anzi, gli investimenti sono diminuiti fino ad arrivare a 33 milioni nel 2021 mentre la Cina continuava ad investire nei paesi europei non Bri come Germania, Francia e i paesi del Benelux.

È stata la dimostrazione per l’Italia che l’adesione al progetto non garantiva uno status speciale nei rapporti con la Repubblica popolare cinese. Il cambiamento è iniziato già con il governo Conte II, poi con Mario Draghi ed infine con il governo Meloni. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, lo ha definito dall’inizio del suo governo come un «grosso errore».

Nel settembre 2023, durante il G20, ha detto: «Il tema è come garantire, indipendentemente dalle scelte che faremo sulla Bri, un partenariato vantaggioso per entrambi». Le sue affermazioni avevano già chiarito che l’Italia non aveva alcuna intenzione a rinnovare l’accordo in scadenza a marzo 2024.

Ma la modalità con cui ha deciso di farlo è a sua volta un segnale politico, diretto innazitutto agli alleati europei: mentre la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, vola a Pechino per confermare la politica di allontanamento dal regime di Xi, Meloni certifica il suo allineamento nel modo più scenografico possibile.

Il ruolo di Usa e Ue

La scelta di aderire al piano cinese aveva sollevato anche le critiche di Stati Uniti e Unione europea. La stessa Ue aveva definito la Cina come «rivale sistemico» nel 2019, l’anno dell’adesione. Gli Stati Uniti, storico rivale cinese, avevano raccomandato all’Italia di non legittimare «il progetto di vanità infrastrutturale».

Durante il G20, il presidente americano, Joe Biden, aveva proposto il nuovo piano Imec, un corridoio economico tra India, Medio Oriente e Europa per combattere la spinta cinese della Bri sulle infrastrutture globali. Dopo aver firmato già il piano Imec, la scelta di ritirarsi dalla Via della Seta dimostra un chiaro cambio di rotta del governo Meloni verso un rafforzamento con l’alleato americano.

Già a luglio, il presidente Biden aveva invitato Giorgia Meloni per discutere di progetti economici comuni. Biden aveva sottolineato l’appoggio deciso alle politiche della Nato da parte dell’Italia di Meloni. Riguardo il piano Bri, Meloni aveva detto: «Il presidente degli Stati Uniti non ha mai sollevato direttamente la questione con me».

Piani futuri

Nella nota ufficiale, l’Italia ha sottolineato la sua intenzione di mantenere il rapporto economico con la Repubblica popolare cinese. Palazzo Chigi non ha dato ulteriori chiarimenti relativi all’uscita dalla Via della Seta. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha confermato che la via della Seta non è più una priorità del governo e che non ha prodotto «gli effetti sperati».

L’obiettivo è di continuare a coltivare ottimi rapporti e per questo, l’anno prossimo ci sarà comunque «una riunione intergovernativa Italia Cina per affrontare tutti i temi del commercio internazionale».

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