Dalla vittoria in Argentina di Javier Milei, “el loco”, pudicamente definito dalla stampa internazionale un anarco-capitalista, «ci dobbiamo aspettare quello che ci si potrebbe aspettare da Bolsonaro o Trump, se tornassero al governo dei loro paesi». Ma è di un aspetto in particolare che vogliamo ragionare con Jorge Ithurburu, presidente di 24marzo Onlus.

Per l’Argentina il 24 marzo è il giorno in cui, nel 1976 il paese finì nel buco nero della dittatura militare. 40mila vittime, 30mila delle quali desaparecidos. La vice di Milei, Victoria Villarruel, è una cattolica tradizionalista, firmataria della Carta di Madrid, documento redatto dal partito spagnolo Vox, alleato di Fdi e di Giorgia Meloni. Vox non condanna la dittatura franchista; Villaruel è una negazionista del golpe militare: ha fondato il «Centro di studi legali sul terrorismo e le sue vittime», durante la dittatura non ci furono presos, rapiti, né torture e desaparición, ma «un conflitto armato interno, una guerra di bassa intensità».

Jorge Ithurburu è nato a Las Heras, Pampa argentina, ed è arrivato in Italia negli anni del golpe. È stato procuratore speciale di molti familiari delle vittime e delle Ong sudamericane, fra cui Abuelas de Plaza de Mayo, nel Processo Condor; e dei familiari, nel processo contro il torturatore Jorge Nestor Troccoli.

Dal punto di vista del percorso del riconoscimento delle responsabilità dei generali golpisti, quali sono le possibili conseguenze della vittoria di Milei e Villaruel?

La politica di Memoria, Verità e Giustizia (l’indirizzo stabilito nel 2002 dal presidente Kirchner, 2002, ndr) potrebbe essere smantellata: i luoghi di memoria di proprietà statale potrebbero essere riassegnati ad altri fini, già si parla di smantellare l’Esma, la scuola militare che fu un centro clandestino di tortura ed oggi è finalmente un museo. I programmi statali di assistenza legale e psicologica alle vittime saranno definanziati, gli uffici come la Segreteria per i diritti umani e l’Archivio Nazionale della Memoria potrebbero essere cancellati. Ma molti uffici o comitati statali dovrebbero continuare a funzionare perché sono previsti dai Trattati internazionali, dai patti e dalle convenzioni sottoscritti dallo Stato argentino.

Milei non ha la maggioranza nel Congresso. Crede che lì ci sarà una “resistenza” del paese che si è buttato alle spalle la dittatura?

Nel Congresso Milei ha solo sette senatori e 38 deputati. L’approvazione di una nuova legislazione in materia di diritti umani richiederebbe mediazioni e correzioni da concordare con radicali, conservatori, peronisti e partiti regionali. Aggiungo che l’Argentina è un paese federale, e Milei non ha neanche un governatore. Educazione, musei, agenzie e commissioni provinciali continueranno a funzionare come prima, indipendentemente dal governo.

La strada per condannare i golpisti in Argentina è stata lunga, è iniziata molto dopo la fine della dittatura. È arrivata a compimento sostanziale con la presidenza Kirchner. Ora è in pericolo?

Dal 2003 al 2023 , grazie a Néstor e Cristina Kirchner, “Memoria, Verità e Giustizia” sono diventate una priorità della politica di governo, una politica di Stato. Davanti all’assemblea dell’Onu Kirchner disse di essere un figlio delle Madres e delle Abuelas di Plaza de Mayo. Queste donne che avevano lottato contro l’indifferenza, il silenzio e la solitudine imposte dalla dittatura sono diventate Madri della Patria, eroine nazionali e modelli di resistenza, perseveranza, di saggezza e buon senso. La politica di Memoria, Verità e Giustizia ha cercato di portare questo buon senso nelle scuole, nelle università, nei tribunali, negli uffici statali, regionali e comunali. La magistratura argentina, el poder judicial, è indipendente e fino a che non ci fossero nuovi interventi legislativi i processi penali contro i militari, andranno avanti. In verità la maggior parte sono già conclusi e più di 1300 militari sono stati già giudicati: 200 sono stati assolti, 1100 condannati, di cui la maggior parte oggi sono agli arresti domiciliari, circa 300 ancora in carcere.

Dunque la minaccia revisionista di Villarruel è una pistola scarica?

La politica della sedicente “Memoria Completa” ideata della vicepresidente per ora è uno slogan, non una politica di Stato. Questa componente del nuovo governo non è né liberale, né conservatrice ma decisamente neofascista e revanscista. Il Patto Democratico che ha retto in Argentina da Raúl Alfonsín ad Alberto Fernández, dalla Conadep (Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas, ndr) fino al ritrovamento del nipote 133 delle Abuelas: ora promettono che tutto questo sarà sostituito da un altro paradigma. Ma per fortuna l’Argentina è una Repubblica e non una monarchia, le decisioni presidenziali debbono rispettare la divisione di poteri dello Stato, l’autonomia regionale delle province e delle università.

In Italia ci sono stati alcuni processi contro i golpisti. L’Italia si è costituita parte civile nei processi sul Plan Condor. Alcuni sono ancora in corso. Ora sono a rischio?

In Italia ormai si è creata una giurisprudenza in materia di desaparecidos. Qui abbiamo celebrato tre grandi processi sui desaparecidos italiani. Quello contro il generale Santiago Riveros nel periodo 2000-2003, il processo Esma nel 2007-2009 contro il tenente Astiz ed altri; e il processo Condor fra il 2015 e il 2021. Oggi sono in corso due richieste di estradizione, una contro il sacerdote Franco Reverberi, residente a Parma, e l’altra contro l’agente dei servizi segreti argentini Daniel Cherutti, residente a Modena. Reverberi è richiesto dai magistrati argentini per essere giudicato per un omicidio e sette casi di tortura a Mendoza. Cherutti, agente della Side, è richiesto invece per 19 casi di omicidio, tra cui quelli dei fondatori del Frente Amplio, il senatore Zelmar Michelini e il deputato Héctor Gutiérrez Ruiz, due politici uruguaiani uccisi a Buenos Aires nel 1976. L’estradizione di Reverberi ha ottenuto da poco il sì della Cassazione, quella di Cherutti attende ancora esami e perizie mediche. Infine a Roma si sta svolgendo il dibattimento contro il capitano di vascello uruguaiano Jorge Troccoli, già condannato all’ergastolo per 26 omicidi nel processo Condor (lui è in carcere a Carinola dal 2021). Ora è in giudizio per tre sequestri effettuati nel 1977 a Montevideo: quello di una cittadina italiana, Raffaella Filippazzi, di un argentino, José Potenza, e di una uruguaiana, Elena Quinteros.

Il 27 novembre la procura della Repubblica potrebbe chiedere il rinvio a giudizio del tenente colonnello Carlos Malatto.

Malatto, come Troccoli, è venuto in Italia con la doppia cittadinanza per evitare l’arresto in Sudamerica. È accusato di otto omicidi compiuti a San Juan, in Argentina, tra il 1976 ed il 1977, reati per cui è stato condannato all’ergastolo il suo sodale Jorge Olivera. Il dibattimento contro Malatto si dovrebbe svolgere a Roma nel 2024. Nei processi di estradizione contro Reverberi e Malatto l’ambasciatore argentino Roberto Carlés ha nominato come difensore dello stato argentino l’avvocato Arturo Salerni. Per iniziativa del Segretario per i diritti umani uscente, Horacio Pietragalla, l’Argentina si è costituita parte civile anche nei processi contro Troccoli e Malatto. Forse il nuovo governo argentino non rinnoverà queste nomine. Ma i nostri avvocati continueranno a lavorare come difensori dei familiari delle vittime, che continuano a chiedere di ottenere giustizia in Italia.

Il governo Meloni ha rallentato le scelte delle istituzioni italiane?

In Italia università e associazioni, come la Fondazione Basso, Libera, l’Anpi e la 24marzo, continuano a lavorare. Abbiamo ancora da identificare le salme di molti desaparecidos nati in Italia e per questo stiamo realizzando esami del dna in diverse province. Anche molti giovani italiani, nati in Argentina, 19 negli ultimi cinque anni, stanno cercando la loro origine attraverso il dna che compariamo con quelli della Banca Nazionale di dati genetici di Buenos Aires. Ci sono nietos, nipoti, ritrovati dalle Abuelas in Olanda, Inghilterra e Spagna. Il “nieto 133” ha conosciuto recentemente i fratelli che vivono a Roma. Sono tra di noi. Continueremo a cercarli.

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