Il testo del One Big Beautiful Bill (OBBB), la manovra che dà forma al paese che Donald Trump ha in mente, ha superato l’esame del Senato soltanto grazie all’intervento del vicepresidente JD Vance, dopo tre defezioni che hanno consumato la sottile maggioranza repubblicana. L’idea che l’ostacolo difficile sia stato superato è però sbagliata.

Anche alla Camera, dove la maggioranza è ampia, i repubblicani sono in subbuglio. Un po’ perché il testo che è arrivato è molto diverso da quello su cui si era espresso il Congresso a maggio – contiene più spesa a debito e più tagli alla sanità – e un po’ perché il furore con cui Elon Musk sta aizzando la resistenza dei repubblicani fiscalmente responsabili dà coraggio alla fronda. La battaglia sull’OBBB è diventata la sintesi di tutti gli scontri all’interno del già litigioso mondo Maga.

I convertiti

Marjorie Taylor Greene, vestale di Trump e complottista della prima ora di QAnon, per la seconda volta in poche settimane ha preso posizione contro il presidente. Prima si è schierata contro l’intervento militare in Iran, e ha affidato la sua frustrazione al microfono di Tucker Carlson, che condivide la posizione; poi si è smarcata dal testo su cui il presidente si sta giocando molto della sua leadership domestica, e ne ha parlato nel podcast di Steve Bannon. «È impossibile che lo speaker Mike Johnson abbia i voti alla Camera per passare la legge», ha detto Greene, spiegando che la strada è tutt’altro che in discesa: «È davvero una situazione grave», ha spiegato, descrivendo lo scenario con il termine non proprio tecnico «shitshow», che non ha bisogno di traduzioni. I conteggi dei media dicono che i deputati pronti a disobbedire sono sufficienti per affossare il provvedimento, e alcuni di questi si stanno mettendo apertamente di traverso.

Ralph Norman, un membro del gruppo parlamentare Freedom Caucus, ha dichiarato che si opporrà al passaggio del testo alla commissione regolamenti e, se dovesse comunque arrivare in discussione, il suo gruppo voterà contro. Chiedono, come minimo, di emendare profondamente il testo per riconciliarlo con quello uscito dal Senato.

L’agitazione è tale che la Casa Bianca sta corteggiando uno per uno i deputati, sapendo che avrà bisogno di ogni singolo voto. Mercoledì 2 luglio sono stati visti uscire dalla West Wing i deputati David Valadao e Newhouse, cioè gli ultimi due repubblicani in carica che hanno votato a favore dell’impeachment di Trump nel 2021. Se la Casa Bianca si premura di invitare perfino loro significa che il presidente non è tranquillo.

La resistenza di Elon

Questo quadro di agitazione sembra perfetto per il ritorno di Musk, questa volta all’opposizione. Per il magnate l’OBBB è la sintesi di tutti gli errori del presidente e, a parte il conflitto fra ego, identifica perfettamente le ragioni del divorzio. L’opposizione di Musk si muove su due livelli. Il primo è l’ipotesi di fondare il partito “America party” se la manovra dovesse passare, atto di guerra lacerante per spezzare il «partito unico» che domina il paese all’insegna dell’incremento senza fine della spesa pubblica.

Si tratterebbe di un partito della responsabilità fiscale per ricucire quello che Trump ha strappato. Nel sistema bipolare americano i partiti alternativi non hanno mai avuto un vero ruolo, se non di occasionale disturbo e distrazione di voti, e il più organizzato fra questi, il Partito libertario, ha offerto a Musk di unirsi a loro, evitando la nascita di una nuova formazione da zero. «Fare un altro terzo partito sarebbe un errore», ha scritto a Musk il leader dei libertari, Steven Nekhaila, «il Partito libertario è il più pronto a diventare la formazione sovversiva di riferimento». Una struttura nazionale piccola ma consolidata finanziata dai miliardi di Musk potrebbe essere efficace, è il ragionamento.

L’altro modo in cui Musk alimenta la resistenza intrarepubblicana è promettendo di finanziare i dissidenti. Il modello di gestione del partito di Trump si basa sulla minaccia sistematica: chi va fuori linea si trova davanti alle prossime primarie un candidato sostenuto e finanziato dal presidente. Musk ha già promesso di finanziare il deputato Thomas Massie – un target quotidiano di Trump – per permettergli di resistere all’assalto, e potrebbe fare così con altri attraverso il comitato di azione politica che alle scorse presidenziale ha versato 250 milioni a Trump e altri candidati repubblicani.

I difensori del presidente si stanno già attrezzando per questo scenario. James Fisher, ex consigliere di Doge e fedelissimo del presidente, ha annunciato il lancio di un suo comitato per raccogliere fondi e contrastare l’azione di Musk. Si chiamerà Fsd, che sta per Full Support for Donald, e avrà una dotazione iniziale di 1 milione di dollari. I fondi che raccoglierà saranno usati «contro chiunque minaccia di sabotare l’agenda del presidente».

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