I militari golpisti del Myanmar hanno usato i lacrimogeni contro la folla che manifestava in favore del partito di Aung San Suu Kyi, vincitore delle elezioni del novembre scorso e rovesciato il 1°febbraio da un colpo di stato. Al grido di «poniamo fine alla dittature militare», i manifestanti avevano manifestato la loro contrarietà al nuovo corso del paese, nonostante il giorno precedente, il leader dei golpisti, Min Aung Hlaing, li avesse indirettamente minacciati dicendo «nessuno è al di sopra della legge».

Cosa sta succedendo in Myanmar?

Il golpe del 1° febbraio era un’ipotesi che circolava da tempo nel paese. I militari avevano, infatti, accusato la Lega nazionale democratica (Nld)  guidata da Aung San Suu Kyi, di avere commesso brogli elettorali durante le ultime elezioni del novembre 2020. Le votazioni erano state un plebiscito per l’Nld che aveva ottenuto l’83 per cento dei consensi. La scelta della data del 1° febbraio non è tuttavia un caso.

Quel giorno il parlamento birmano era stato convocato per votare formalmente l’insediamento del nuovo governo. Il golpe ha avuto ricadute anche sulla stessa Suu Kyi. Nominata premio Nobel per la Pace nel 1991 proprio per il suo sforzo di democratizzare il Myanmar, la politica è stata posta agli arresti domiciliari fino al 15 febbraio perché accusata di importazione illegale di walkie talkie, un reato per cui rischia fino a tre anni e mezzo di carcere. Anche gli altri membri dell’Nld si trovano in questo momento agli arresti. 

La condanna internazionale

La comunità internazionale ha condannato in maniera quasi unanime il golpe militare in Myanmar. La Nuova Zelanda ha dichiarato di avere interrotto le relazioni diplomatiche con il paese. Si tratta del primo stato che prende una decisione simile dopo il golpe di lunedì scorso, ma altre nazioni potrebbero a breve prendere una decisione simile. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere che bloccheranno gli aiuti se l’esercito non garantirà un ritorno alla democrazia e anche l’Unione europea ha fatto minacce simili. 

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