La priorità di Frontex e dell’Europa è alzare muri. Questo lo rende evidente anche il fatto che nel board dell’Agenzia delle frontiere siedono ufficiali di polizia dei paesi dell’Unione che si sono contraddistinti in questi mesi per l’approccio duro contro i migranti della rotta balcanica.

Nel consiglio infatti troviamo anche Zoran Niceno, direttore della polizia di frontiera della Croazia: il corpo che esegue i respingimenti violenti al confine. Di recente si è distinto per aver fermato gli europarlamentari italiani in missione per verificare le condizioni al confine della rotta balcanica. Per farlo volevano attraversare il confine e vedere con i proprio occhi gli abusi della polizia.

«Erano stati avvertiti che non potevano farlo», gelido il commento di Niceno. È in buona compagnia, con il vice capo della polizia ungherese di Viktor Orbán, Zsolt Halmosi. Nel giorno in cui Orban annunciava misure ancora più dure contro i migranti paragonati a bombe biologiche, portatori di Covid, Halmosi traduceva quella provocazione in realtà: rafforzando il già famigerato “muro” alla frontiera tra Serbia e Ungheria, «con reti nascoste nel terreno per evitare lo scavo di tunnel», si legge in un articolo della stampa. Frontex, contattata, ha detto: «La salvaguardia dei diritti fondamentali è integrata nel regolamento e nel codice di condotta per tutto il suo personale e funzionari che partecipano alle sue attività operative». Come conciliare questa garanzia con i muri che bloccano i rifugiati nel limbo fatto di baracche e stenti quotidiani?

 

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