Un viavai senza precedenti. A Delhi nel giro di un mese sono atterrati Ursula von der Leyen, Boris Johnson e, prima ancora, Sergej Lavrov, preceduto di poche ore dall’inviato americano Daleep Singh. A inizio maggio è stata la volta del primo ministro indiano, Narendra Modi, in visita in Germania, Francia e Danimarca (dove ha incontrato anche i leader di Finlandia, Islanda, Svezia e Norvegia).

Pochi giorni dopo il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, arrivava a Bangalore, per inaugurare il nuovo consolato italiano e incontrare il suo omologo indiano S. Jaishankar, nella capitale: «Un segnale di rinnovato slancio nei legami dell’India con l’occidente. Ma l’aspetto straordinario è che avviene in un momento in cui pochi se lo aspettavano, visto che l’India ha continuato a mantenere la sua posizione sulla crisi ucraina», dice Harsh V. Pant, vicepresidente del think tank di Delhi Orf e docente di relazioni internazionali al King’s College di Londra.

Per comprendere l’evoluzione dei rapporti e il posizionamento dell’India è necessario mettere insieme una serie di fattori, partendo dalla posizione di neutralità esplicitata con l’astensione dal voto sulle varie risoluzioni che si sono tenute alle Nazioni unite per condannare la guerra e le violazioni dei diritti umani in Ucraina.

Vera neutralità?

Nel breve periodo, ovvero nelle settimane che hanno seguito l’invasione russa in Ucraina, la posizione indiana era guidata da una priorità, la presenza di oltre 20mila studenti indiani (uno dei quali tragicamente morto durante i bombardamenti su Kharkiv) da riportare a casa proprio nel pieno di una tornata elettorale statale fondamentale per il governo del Bharatiya Janata Party in carica.

Ma allargando lo sguardo al futuro e al lungo periodo, ricorda Sumit Ganguly, professore di Science politiche all’Indiana University di Bloomington, la posizione dell’India sulla guerra in Ucraina sarà determinata dalla dipendenza dalla Russia su tre fronti: «Per prima cosa le armi, perché la Russia rifornisce una notevole quantità dell’arsenale militare indiano, e quasi il 60 per cento dell’equipaggiamento militare indiano, che è o sovietico o di origine russa, così come le necessarie parti di ricambio. Secondo, l’India storicamente conta sul veto della Russia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sulla questione del Kashmir, in opposizione al Pakistan. Terzo, la Russia ha investito in modo significativo nel settore nucleare indiano e viceversa l’India ha investimenti significativi nell’energia russa, in particolare nell’area dell’isola di Sakhalin».

Tutti fattori che nel medio-lungo periodo determineranno la posizione di neutralità, nonostante le evidenti pressioni da parte occidentale. «L’India chiederà una riduzione dell’escalation, invocherà una soluzione diplomatica, forse fornirà aiuti umanitari all’Ucraina, ma non cambierà la sua posizione, a breve».

Piuttosto, cercherà lentamente di ridurre la sua dipendenza, ma legami così importanti, sottolinea Ganguly, non possono essere interrotti rapidamente: «Il paese ha già cercato di diversificare i suoi acquisti nel settore della difesa, acquistando in modo crescente da Francia e dagli Stati Uniti, ma sarà estremamente complicato spezzare legami che si sono costruiti negli anni Settanta, con l’Unione sovietica ancora in circolazione».

Oltretutto, aggiunge Ganguly, nonostante la storica posizione di non allineamento, e l’immagine di nazione indipendente ed equidistante ancora salda nel paese, nei confronti degli Stati Uniti permane in India una certa diffidenza: «All’interno dell’establishment, agli Esteri e alla Sicurezza, c’è chi ritiene di non potersi permettere di abbandonare le relazioni con la Russia, poiché il ricordo della Guerra fredda è ancora estremamente vivo. È in atto un dibattito sull’importanza delle relazioni India-Russia, su quanto l’India debba fare affidamento sugli Stati Uniti, o mantenere una politica estera sia con gli Stati Uniti sia con la Russia».

Alleanza strategica

La chiave, in questo senso, si chiama Quad, alleanza strategica anticinese nell’Indo-Pacifico, tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti, il cui summit si terrà a breve. La partecipazione indiana, salutata inizialmente con una certa sorpresa, è oggi salda: «Mi aspetto tuttavia che l’India metta l’accento sull’aspetto non militare. Sentiremo parlare di diplomazia dei vaccini, cooperazione marittima, scambi, investimenti, anche se è la sicurezza l’elemento critico del Quad».

Secondo Ganguly è proprio nel Quad che oggi risiede la leva che gli americani possono usare con l’India: «Bisogna però riconoscere che le critiche degli Stati Uniti rispetto alla posizione indiana sono state piuttosto limitate e non particolarmente dure». Tasto dolente è ad esempio l’acquisto da parte di Delhi dei sistemi di difesa missilistica russi S-400, nonostante la contrarietà evidente da parte dell’amministrazione statunitense, che tuttavia ha scelto di non imporre le sanzioni Caatsa, o Countering America’s adversaries through sanctions act.

«Gli europei hanno meno influenza, di conseguenza evitano critiche aperte. In questo caso, l’importanza risiede nel fatto che gli europei vedono l’India come un mercato importante, da non inimicarsi, e un attore importante per la cooperazione nell’Indo-Pacifico».

La svolta europea

Un momento molto importante per le relazioni tra Europa e India, conferma la professoressa Amrita Narlikar, presidentessa del German Institute for global and area studies: «Entrambe stanno affrontando un’avanzata autoritaria: la Russia per l’Europa e la Cina per l’India. Entrambe vivono il rischio di un’eccessiva dipendenza, energetica per l’Ue, e in particolare per la Germania, e militare per l’India».

Durante la sua visita a Delhi, continua Narlikar, la presidente della commissione europea von der Leyen ha mostrato di comprendere queste assonanze, quando ha parlato di elementi condivisi delle due più grandi democrazie al mondo: «La dichiarazione finale afferma che “entrambe le parti hanno convenuto che i rapidi cambiamenti sul piano geopolitico evidenziano la necessità di un impegno strategico congiunto e approfondito”».

Armonia a parte, sono stati raggiunti risultati interessanti, considerate le dissonanze: «Il viaggio ha portato al Consiglio per il commercio e la tecnologia, che potrebbe rappresentare uno strumento importante per l’attuazione di un’agenda condivisa». Non si tratta dell’ennesima struttura vuota stabilita da Unione europea e India, precisa l’esperta: «È la prima partnership di questo tipo siglata dall’India, mentre l’Unione europea ha stretto un’altra partnership di questo tipo solo con gli Stati Uniti. Inoltre, durante la visita si è parlato della ripresa dei negoziati per l’Accordo di libero scambio Ue-India, da tempo in stallo».

Oltre a un accordo di partenariato globale per la migrazione e per la mobilità, la Germania si è impegnata in uno stanziamento da 10 miliardi di euro di aiuti entro il 2030 per incrementare l’uso di energia sostenibile. Infine, il cancelliere Scholz ha invitato l’India al summit del G7 di giugno: «La visita stessa di Modi in Europa è un fatto importante e l’invito del G7 è rilevante, ma attendiamo di vedere come si evolverà».

In particolare Narlikar pensa alle relazioni tra India e Germania: «La Germania è riluttante a impegnarsi in una cooperazione di difesa con l’India e lobby molto potenti spingono per continuare l’impegno con la Cina, ma nelle ultime settimane ci sono stati passaggi sufficientemente importanti: solo un paio di giorni prima di ospitare Modi in Germania, Olaf Scholz era in Giappone. Non è ancora stato a Pechino. E questo è forse un segnale interessante da parte del cancelliere tedesco».

Non va poi dimenticata la partecipazione di Modi all’Indian-nordic summit: «L’interesse dell’India per gli stati del nord Europa e per la regione artica non è nuovo, risale al Trattato delle Svalbard nel 1920, inoltre la nazione ha lo status di osservatore nel Consiglio artico. Ma sì, possiamo parlare di un interesse rinnovato mosso da fatto che condivide habitat estremi sulle sue vette, ma anche il rischio che i cambiamenti climatici portino a un riallineamento delle rotte marine. Inoltre, è fondamentale tenere un piede nella regione per via delle materie prime, soprattutto i metalli rari. È tempo di diversificare, ed è quello che sta facendo il paese».

Anche in questo caso, il nodo resta quello della difesa: «L’Europa deve riconoscere che la dipendenza indiana rispetto alle forniture militari russe è enorme (si parla di una quota tra il 50 e l’80 per cento), e non avrebbe dovuto essere così sorpresa – delusa, forse sì, ma non sorpresa, dalle posizioni che ha assunto sull’invasione russa dell’Ucraina».

Il vicinato non è dei più tranquilli: truppe cinesi al confine indiano in Himalaya, rapporti non idilliaci con il Pakistan, preoccupazione per la vicina situazione afghana, e ovviamente per l’espansionismo cinese.

L’India, continua Narlikar, si trova in una regione difficile, dove il fattore affidabilità per l’approvvigionamento militare è fondamentale: «Ma il problema è che più la Russia sarà isolata, maggiori sono i rischi che questo la spinga a gettarsi tra le braccia della Cina, nel qual caso cosa accadrebbe all’affidabile fornitore di armi? Ha senso che gli Stati Uniti e l’Ue offrano alternative, ma questo non accadrà dall’oggi al domani. Questo è un problema ben noto in Europa, che affronta un dilemma simile con il petrolio russo».

La contraddizione è evidente anche in direzione opposta. Di fatto, l’India compra armi russe per usarle contro un fondamentale alleato di quest’ultima, la Cina, la quale a sua volta è in costante avvicinamento con lo storico avversario indiano, il Pakistan.

Pragmatismo indiano

Pragmatismo è la parola che ricorre di più, nel definire l’atteggiamento indiano. Autonomia strategica, la definisce qualcuno. Alla stampa americana che gli chiedeva conto degli acquisti indiani di petrolio russo, Jaishankar rispondeva che, a guardare i dati, quanto comprato dall’India in un mese era inferiore agli acquisti europei in un pomeriggio. «L’importazione copre l’80 per cento del fabbisogno energetico indiano e quando la Russia ha offerto petrolio a prezzi altamente scontati, dato l’alto tasso di inflazione e l’estrema necessità di prodotti petroliferi, l’India ha ovviamente accettato», aggiunge Ganguly.

Secondo il Times of India, gli acquisti di greggio russo sono saliti da meno dell’1 per cento di prima dell’invasione a quasi il 17 per cento ad aprile, mentre negli ultimi anni erano stati gli Stati Uniti i principali fornitori di greggio indiano.

«Nonostante i tentativi di dipingerli diversamente, gli acquisti di energia dalla Russia rimangono minuscoli rispetto al consumo totale dell’India», ha dichiarato il governo indiano. Di fatto il petrolio russo, allettante in questo momento perché scontato rispetto al Brent, deve passare attraverso un lungo e costoso viaggio per arrivare fino all’oceano indiano. E il suo pagamento è reso difficoltoso dalle sanzioni: «Si è parlato di un sistema di pagamento alternativo, ma ad oggi non ne ho visto alcuna prova.

La Rbi, la Banca centrale indiana, ha chiarito che, al momento, il tanto discusso sistema di pagamento rupia-rublo semplicemente non esiste», taglia corto il professor Harsh V. Pant. «Il problema del pagamento è serio, e non è stato ancora risolto. Tata Steel ha annunciato che smetterà di fare affari con la Russia, mentre in generale il settore privato e le compagnie energetiche indiane stanno avendo difficoltà a concludere gli affari con la Russia. Nonostante gli sconti, il petrolio russo vedrà crescere i costi assicurativi e logistici. Per questo, in termini assoluti, le importazioni di petrolio russo rimarranno a un livello relativamente contenuto».

Secondo Pant, nel pieno della crisi energetica, acuita da un’ondata di caldo senza precedenti nel subcontinente, la sicurezza energetica del paese è la priorità. Stesso discorso per la decisione iniziale di sopperire, in quanto secondo più grande produttore al mondo, alla carenza globale di grano provocata dall’invasione dell’Ucraina. Pochi giorni fa, a sorpresa, è stato dichiarato il blocco (con effetto immediato) di tutte le esportazioni di grano. Pant ricorda che gran parte della produzione indiana è sempre stata consumata sul mercato interno: «L’India pesa per meno dell’1 per cento delle esportazioni globali di grano» premette.

Ciononostante, in un momento di crisi si guardava al suo apporto con un certo sollievo: «New Delhi è stata costretta a prendere questa decisione poiché l'inflazione è aumentata a tal punto che era in gioco la sicurezza alimentare. Inoltre, il paese ha dovuto affrontare un’ondata estrema di caldo, che ha abbassato le stime della produzione futura. L’India onorerà tutti i suoi ordini pregressi e ci saranno anche esenzioni, ad esempio nei confronti dell’Egitto».

Gli ultimi due tre anni hanno aperto una finestra di opportunità, prosegue Pant: «Il governo ha visto l’occasione di mostrarsi al mondo quale attore primario e credibile, disposto a plasmare l'ordine globale. Penso al sostegno nella produzione di vaccini e alla crisi delle catene di approvvigionamento cinesi».

Stakeholder responsabile

In un’epoca che Pant descrive come carica di «perturbatori dello scenario globale» l’India vuole proporsi come «uno stakeholder responsabile, disposto a plasmare l’ordine globale in modo produttivo. Dopo essere stata considerata a lungo come un paese problematico, vuole essere vista come una soluzione e crescere più rapidamente nello scenario globale».

L’Europa non si era mai concentrata così tanto sull’India, prosegue Pant, e la visita di Modi è stata un segnale preciso, nonostante le divergenze sulla crisi ucraina: «I leader di solito non visitano altri paesi quando ci sono differenze pubblicamente articolate, quindi è chiaro che in Europa prevale la sensazione che sì, ci sono delle differenze, ma queste non possono oscurare l’intero quadro.

C’è un naturale allineamento tra India ed Europa. In passato l’Ue è stata impegnata a cercare di trascendere la geopolitica globale, o ad avvicinarsi piuttosto alla Cina, mentre l’India non era considerata un attore importante». Pant sostiene che i legami con la Russia, in futuro, andranno via via riducendosi.

In questo caso, vale la pena ricordare che il commercio bilaterale tra India e Stati Uniti ha toccato i 113 miliardi di dollari nel 2021, rispetto agli 8 miliardi di dollari con la Russia: «Se si guarda alla relazione Russia-India, è unidirezionale e riguarda principalmente la difesa. Commercio ed energia, nonostante l’aumento, non sono ancora rilevanti. Al contrario, cresce la distanza su questioni come il Quad e l’Indo-Pacifico, le relazioni con l’Europa e l’occidente continuano, mentre la Russia entra sempre di più sotto l’influenza della Cina, cosa che l’India non può certo vedere di buon occhio».

Insomma, si possono attendere da parte indiana nuovi accordi su sostenibilità, salute, tecnologie. Una crescente attenzione alla regione dell’Indo-Pacifico. Una lenta ma graduale riduzione della dipendenza dagli armamenti russi. Nuove destinazioni per il grano indiano. Rinnovati inviti al rispetto della Carta delle Nazioni unite. Ma non che l’India smuova la propria posizione di neutralità rispetto alla Russia e alla guerra in Ucraina.

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