Nel giorno in cui la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha annunciato un’inchiesta anti dumping dell’Unione europea sui veicoli elettrici cinesi, quegli stessi Ev (electric veichles) hanno conquistato nel mercato interno, il più ricco del mondo, uno storico primato, che Bloomberg ha giudicato «inattaccabile e irreversibile».

Secondo i dati pubblicati mercoledì dal China Automotive Technology and Research Center data, nel luglio scorso gli Ev made in China hanno superato per la prima volta il 50 per cento di quelli acquistati dai cinesi. La concorrenza straniera è stata sbaragliata grazie all’ascesa degli Ev economici che – prevede un’analisi di Ubs Aa – rosicchieranno ancora un quinto del loro mercato globale ai produttori tedeschi, giapponesi, statunitensi e sudcoreani.

La Cina riesce a sfornare auto elettriche a prezzi imbattibili. L’ultimo esempio è la Aito M7, un Suv di lusso con sistemi di guida autonoma all’avanguardia e abitacolo digitalizzato, che costa poco più di 200mila yuan (circa 25mila euro). E in Cina la macchina è ancora uno status symbol: comprarla di un brand nazionale vuol dire anche sostenere le politiche di «innovazione autoctona» di Xi Jinping. Il primato, con l’11 per cento delle vendite, spetta a Byd, acronimo di “Build your dreams”.

Per i tradizionali brand a stelle e strisce (Ford, Chevrolet, Buick) quello di luglio è stato il risultato più deludente dal 2008, e sarebbe potuto andare peggio senza Tesla, la cui Gigafactory 3 di Shanghai ha sfornato oltre 540.824 Ev tra gennaio e luglio 2023 (+67,45 per cento rispetto all’anno precedente).

Nemmeno il partner di maggior successo dell’automotive cinese, quella Volkswagen che nel lontano 1983 iniziò a fabbricare la Santana in Cina - dove è presente con tre joint-venture, una quarantina di stabilimenti e 90.000 dipendenti - può dormire sonni tranquilli. Proprio la carenza di modelli elettrici in grado di sedurre i consumatori locali ha costretto all’inizio dell’anno la casa di Wolfsburg a cedere il gradino più alto del podio a Byd. Per rimettersi in gioco, VW a luglio ha siglato un accordo da 700 milioni di dollari per una partecipazione del 5 per cento nella startup cinese XPeng.

Mentre altri marchi stranieri vengono letteralmente messi in fuga dall’avanzata di quelli locali. L’anno scorso, Stellantis NV ha chiuso la sua unica fabbrica Jeep in Cina, la sudcoreana Hyundai sta vendendo gli impianti di produzione, e Ford ha recentemente annunciato che taglierà oltre 1.300 posti di lavoro in Cina.

Sussidi

Spinto dagli sconti dei produttori e dagli incentivi governativi, il mercato dell’auto cinese il mese scorso è tornato a crescere. E a luglio, la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma e altre 12 agenzie hanno varato misure per sostenere le vendite, tra cui l’aumento delle quote governative annuali di acquisto di vetture, l’ottimizzazione degli incentivi fiscali per gli acquirenti di veicoli a nuova energia (Nev) e il miglioramento delle infrastrutture di ricarica e di scambio delle batterie.

Il mese scorso, un certo numero di produttori, tra cui Tesla e XPeng, hanno aumentato gli sconti su alcuni dei loro modelli nel tentativo, scatenando una guerra dei prezzi, di difendere la loro quota di mercato.

I sussidi e le agevolazioni del governo favorisco i produttori cinesi non soltanto in patria. Ieri von der Leyen ha annunciato così un’inchiesta anti-dumping sui veicoli elettrici importati dalla Cina nel mercato comune: «I mercati globali sono ora inondati di auto elettriche cinesi più economiche e i loro prezzi sono mantenuti artificialmente bassi da ingenti sussidi statali. Questo sta distorcendo il nostro mercato».

Una situazione che ricalcherebbe quella già sperimentata per l’industria dei pannelli solari, rischiando di far perdere all’Ue un’altra battaglia in un settore innovativo e delicato per l’ambiente.

Voluta fortemente dalla Francia - che, a differenza della Germania non ha collaborazioni significative in Cina, dove Citroën, Peugeot e Renault si spartiscono un misero 3 per cento del mercato - l’indagine potrebbe portare all’imposizione di tariffe aggiuntive sugli Ev cinesi che entrano nel mercato europeo.

Una mossa che con ogni probabilità provocherebbe una rappresaglia da parte di Pechino, in un momento in cui le tensioni commerciali sono già elevate. Ma le difficoltà delle rispettive economie, che le inducono a proteggere un settore importante come l’automotive, sembrano spingere Cina e Unione Europea verso uno scontro sulle auto elettriche.  

© Riproduzione riservata