Nella trappola Epstein. Trump è in un cul-de-sac e i Maga sono spaccati

Quando è stato chiaro che lo scandalo dei file di Epstein non poteva essere respinto, Donald Trump ha deciso di spingerlo in avanti. Dopo aver tentato invano di evitare che la Camera votasse per la pubblicazione integrale dei documenti del dipartimento di Giustizia legati al finanziere criminale morto nel 2019 in carcere, il presidente si è visto costretto a cambiare linea all’ultimo. Il caso Epstein mette alla prova la lealtà del mondo Maga verso il tycoon Riscrivere la storia «I repubblicani alla Camera dovrebbero votare per la pubblicazione degli Epstein files, perché non abbiamo nulla da nascondere, ed è tempo di passare oltre questa bufala democratica», ha detto Trump, denunciando il tentativo degli avversari di distrarre dai presunti successi dell’amministrazione nella politica economica. In realtà, Trump ha deciso di correggere il messaggio prima dell’inevitabile. Martedì la Camera dovrebbe votare una mozione per la pubblicazione integrale dei file, una parte dei quali è stata già resa disponibile dopo il via libera della commissione di vigilanza. L’iniziativa arriva dopo un lungo lavoro di ostruzionismo della maggioranza repubblicana – che ha ritardato il più possibile l’insediamento di una deputata che avrebbe permesso di raggiungere il numero legale per procedere – ed è firmata dal democratico Ro Khanna e dal repubblicano Thomas Massie, coppia sostenuta anche dalla deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, che in un’altra epoca è stata la più devota lealista di Trump nonché la prima seguace di QAnon mai eletta e oggi è, insieme a Massie, in cima alla lista dei nemici della Casa Bianca. Sarà importante vedere quanti repubblicani voteranno a favore. Khanna parla di oltre 40 deputati del Gop pronti a unirsi, mentre Massie si spinge molto oltre, dicendo che saranno più di 100. L’obiettivo è arrivare a una maggioranza qualificata dei due terzi della Camera, cosa che metterebbe al riparo dal veto presidenziale. Caso Epstein, Trump tenta il contrattacco: «È una truffa dem, ora indagare su Clinton» Spaventato dalla prospettiva, Trump cerca così di ripararsi dalle accuse di aver tentato di nascondere i file che potrebbero collegarlo ai traffici sessuali di minorenni di Epstein e della sua partner, Ghislaine Maxwell, che è incarcerata negli Stati Uniti e ha ottenuto recentemente un trasferimento in uno stato di detenzione più confortevole. Si dice che Maxwell stia per presentare una formale richiesta di grazia al presidente, che del resto ha perdonato gli assaltatori del 6 gennaio e i suoi alleati politici che hanno lavorato per rovesciare l’esito delle elezioni del 2020. Riallinearsi tardivamente alla richiesta di pubblicazione vuol dire per Trump cautelarsi presso la sua base. Con un’operazione di riscrittura della storia delle sue, potrà dire che lui ha incoraggiato il voto favorevole alla pubblicazione, cercando di far dimenticare i mesi in cui ha fatto tutto ciò che era in suo potere per insabbiare il caso. In campagna elettorale la verità sul caso Epstein era una promessa solenne fatta a elettori che bramavano di sapere tutte le connessioni criminali fra il finanziere abusatore e la cricca dei Clinton e dell’establishment democratico, poi il dipartimento di Giustizia ha chiuso il caso dicendo “non c’è nulla da vedere” e fornendo un po’ di file inutili a un gruppo di influencer di destra per salvare le apparenze. Epstein contro Trump: «Posso abbatterlo». Lo scandalo si allarga, il tycoon in silenzio Nel racconto della Casa Bianca il caso Epstein è diventata una distrazione creata dai democratici, poi una bufala, infine una specie di operazione appositamente architettata per danneggiare Trump. Nel frattempo sono emerse nuove prove dei collegamenti fra il presidente ed Epstein, come la filastrocca piena di allusioni sessuali che il tycoon gli ha scritto per il suo cinquantesimo compleanno (in un tempo in cui, secondo la confusa ricostruzione fornita da Trump, i due avevano rotto i rapporti) e altri incroci con la cerchia del presidente sono venuti a galla nell’ultimo giro di rivelazioni. Impopolarità Il caso Epstein ha spaccato il fronte Maga come nessun altro conflitto è riuscito a fare. Il presidente ha riservato i suoi attacchi più grevi a Greene e Massie, ai quali ha promesso di mettere contro avversari invincibili alle prossime primarie. Dopo l’accusa di «tradimento» la deputata della Georgia ha ricevuto minacce di morte, subito minimizzate dal presidente: «Non penso che la sua vita sia in pericolo. Francamente, non pensa che a nessuno interessi di lei», ha detto. Con Massie è passato a pesanti attacchi personali sulla sua relazione con l’attuale moglie, sposata un anno dopo essere rimasto vedovo. Trump ha resistito finora a molte cose che avrebbero disarcionato qualunque altro politico. È sopravvissuto a due impeachment, a un attacco sedizioso al Congresso, a numerose inchieste giudiziarie, a repentini cambi di linea politica e a un’infinita serie di volgarità e bugie. Chi lo dava per morto si è dovuto sempre ricredere. Il caso Epstein è probabilmente quello che più di ogni altro ha causato il panico nella Casa Bianca e ha spaccato il popolo Maga, che ne aveva fatto una bandiera. Il malcontento interno si sovrappone poi all’impopolarità diffusa. Il 51 per cento degli americani disapprova la condotta sull’immigrazione – il punto decisivo della sua agenda – il 56 per cento è contrario ai dazi, oltre il 60 per cento è contrario alla politica per contenere l’inflazione. Il popolo repubblicano non è nemmeno contento della demolizione della East Wing della Casa Bianca. Figurarsi alla gestione del caso Epstein. Caso Epstein, le mail che inguaiano il tycoon: «Trump ha trascorso ore a casa mia con una minorenne»