Secondo il Bulletin of Atomic Scientists non siamo mai stati così vicini all’annientamento. Gli scienziati del gruppo fondato nel 1945 da Albert Einstein, Robert Oppenheimer e da altri scienziati coinvolti nel progetto Manhattan che portò alle prime bombe nucleari, hanno impostato l’orologio a 90 secondi dalla mezzanotte, battendo il precedente record di 100 secondi stabilito nel 2020. 

Il Doomsday Clock, “l’orologio dell’apocalisse”, è una potente metafora che misura, dal 1947, quanto vicina sia l’umanità all’autodistruzione. La decisione viene presa da un gruppo di scienziati ed esperti di sicurezza internazionale che conta dieci vincitori del premio Nobel. 

Le ragioni

Come spiegato dalla presidente e ceo del Bulletin, Rachel Bronson, «viviamo in un’epoca di rischio senza precedenti», eppure ci sono diversi attori internazionali che «avrebbero la facoltà di portare indietro le lancette dell’orologio». 

Alla base della drammatica valutazione della commissione scientifica ci sono quattro gruppi di minacce esistenziali per l’umanità. In primo luogo, la situazione relativa alle armi nucleari nell’ultimo anno è andata deteriorandosi. Russia e Stati Uniti non riprenderanno nel breve periodo le negoziazioni per il rinnovo del trattato New Start che limita il numero di testate nucleari e vettori che i due paesi possono possedere, mentre si sospetta che la Cina stia programmando una significativa espansione del proprio arsenale atomico. Permangono, inoltre, le minacce nucleari della Corea del Nord e il rischio di proliferazione dell’Iran, ancora lontano dall’accettare l’accordo negoziato con l’occidente, il Jcpoa. 

Anche la crisi climatica, originariamente non considerata nel calcolo, contribuisce allo spostamento in avanti delle lancette. Il report cita, infatti, l’impiego delle fonti fossili, cresciuto con la crisi energetica, e l’aumento degli eventi meteorologici estremi. Gli scienziati hanno tenuto conto anche dei rischi biologici posti dal Covid-19 e da altri virus dal potenziale pandemico, nonché la questione della biosicurezza dei laboratori scientifici. 

Infine, il Bulletin mette insieme il problema della disinformazione e delle tecnologie emergenti: sul fronte ci sono buone notizie  siccome in pochi, secondo il report, credono alle menzogne elettorali dei populisti. Tuttavia, preoccupano l’invasività dei meccanismi di sorveglianza, come quello cinese in Xinjiang, incompatibile con i diritti umani, e le minacce di compromettere la pace nello spazio extratmosferico di Vladimir Putin, che aveva paventato l’uso di armi anti satellite contro la rete orbitante Starlink di Elon Musk. 

La progressione storica

I 90 secondi spaventano ed è comprensibile se rapportati ad altre “misurazioni” del Bulletin. Per esempio, nel 1953, anno del primo test di una bomba a idrogeno da parte degli Stati uniti, l’orologio fu impostato alle 23:58, stabilendo un record battuto solo nel 2020. 

Nel 1962, anno della crisi dei missili di Cuba, erano 7 i minuti che ci separavano dalla fine, un dato spesso contestato per l’eccessivo ottimismo, ma forse dovuto alla fiducia nei leader delle superpotenze della Guerra fredda. Il dato più rassicurante è quello del 1991, anno di dissoluzione dell’Unione sovietica, che vide l’orologio andare indietro a 17 minuti dall’apocalisse. 

La presa di coscienza del pericolo rappresentato dalla crisi climatica ha reso le valutazioni del Bulletin sempre più cupe, portando il 2018 a eguagliare il record del 1953, poi superato da 2020 e, appunto, 2023. 

Il principale interrogativo sulla validità della metafora dell’orologio risiede nella segretezza dei parametri in base ai quali viene effettivamente calcolato l’orario. L’assenza di una “controprova” solleva così dubbi sull’oggettività della valutazione, che rimane, però, una semplificazione utile per smuovere le coscienze di leader e cittadini mondiali. 

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