Al 106esimo giorno di guerra, Israele ha continuato a martellare la Striscia, dalla quale è ripreso il lancio di missili dopo 48 ore di pausa. Il bilancio delle vittime a Gaza dall'inizio della guerra tra Israele e Hamas ha raggiunto, secondo Hamas, quota 25.105 persone.

L’esercito israeliano ha lanciato due ondate di attacchi nel sud del Libano, attorno alla cittadina di Markaba, e due comandanti di Hezbollah sono stati uccisi. 

La risposta iraniana al raid israeliano contro i pasdaran a Damasco, che ha provocato cinque morti – tra cui il capo dell'intelligence dei Guardiani della rivoluzione in Siria e il suo vice – non si è fatta attendere, rinfocolando i timori di una possibile escalation che da Gaza si possa estendere al Libano, Iraq, Siria e Yemen.

Le milizie sostenute dall'Iran hanno lanciato vari missili nell'Iraq occidentale prendendo di mira la base militare di al Assad, che ospita soldati americani e truppe della coalizione internazionale anti-jihadista.

Lo ha confermato il US Central Command, sottolineando che la maggior parte dei missili sono stati intercettati mentre altri non lo sono stati. «Una valutazione dei danni è in corso», si legge nella nota dove si precisa che diversi militari americani sono sotto osservazione per lesioni traumatiche.

La concessione sulle tasse

Alla fine Tel Aviv ha ceduto sul congelamento delle tasse palestinesi. Il governo israeliano ha approvato il trasferimento alla Norvegia –  sede del tentativo di pacificazione più importante del conflitto palestinese-israeliano – delle somme derivanti dalle imposte raccolte da Tel Aviv per conto dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) e che, come segnalato da questo giornale, finora erano state congelate a causa della guerra con Gaza.

Lo ha reso noto l'ufficio del premier Benjamin Netanyahu sottolineando che le somme, (circa 250 milioni di dollari al mese secondo nostre stime non ufficiali), potranno essere rimesse all'Anp solo con l'espresso permesso di Tel Aviv.

La decisione è stata molto sofferta nel governo per la forte contrarietà della parte più a destra dell'esecutivo, compreso il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, nel timore che parte dei fondi finisse ad Hamas.

L'Anp paga gli stipendi degli impiegati pubblici anche a Gaza e se non lo facesse sarebbe come riconoscere chela Striscia non è territorio palestinese, pur se sotto controllo di Hamas.

Ovviamente se l'Anp non riuscisse più a pagare i suoi dipendenti e fornitori, perderebbe quel che resta della sua già scarsa credibilità tra i palestinesi.

Normalmente l’Anp non riceve entrate fiscali né da Gerusalemme East né da Gaza, mentre spende un terzo del suo budget in queste aree, e riceve molto poco anche dall’area C (60% del territorio della Cisgiordania). La fine del congelamento delle imposte raccolte era stata sollecitata più volte dall’amministrazione Usa, ma senza successo.

Proteste contro Netanyahu

Dopo che il premier israeliano Netanyahu ha gelato di nuovo il presidente americano, Joe Biden, sulla possibilità dei due stati, aprendo così un nuovo scontro con gli Usa sulla guerra a Gaza, la tensione politica interna a Israele è salita.

Netanyahu ha affermato che la sua è una posizione «coerente» da anni e ribadita anche nella conferenza stampa tenuta il giorno precedente al colloquio con Biden.

Tuttavia il premier sembra sempre più isolato sulla scena internazionale e non solo. Le proteste contro il suo governo stanno dilagando anche all'interno del Paese. Ieri sera migliaia di persone hanno sfilato a Tel Aviv chiedendo lo scioglimento della Knesset (il parlamento monocamerale) e le dimissioni di Netanyahu.

Venerdì sera un'analoga manifestazione si è svolta a Cesarea, vicino alla casa del primo ministro, con le famiglie degli ostaggi che hanno avanzato le stesse richieste. E le turbolenze nel Likud non fanno che aumentare.

Sul fronte internazionale il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha bollato come «inaccettabile il rifiuto della soluzione dei due Stati».

«Ciò - ha osservato il capo delle Nazioni Unite - prolungherebbe indefinitamente il conflitto». Stessi toni da parte dell'Alto rappresentante Ue Josep Borrell, che è andato oltre accusando il governo Netanyahu di aver «finanziato Hamas nel tentativo di indebolire l'Autorità palestinese».

Forse ha ragione Thomas Friedman, editorialista del New York Times secondo cui «Netanyahu si sta rivoltando contro Joe Biden, che quest'anno sembra avviato a correre due volte: una in America contro Donald Trump e una in Israele contro Netanyahu», le due facce della stessa medaglia in un anno di elezioni intrecciate.

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