Raid statunitensi mirati a obiettivi militari degli Houthi sono continuati ieri, nel quarto giorno di attacchi al gruppo yemenita, che con i suoi atti di guerriglia contro navi mercantili occidentali sta causando notevoli danni alla navigazione attraverso il canale di Suez e al commercio ed economia mondiale.

Gli ultimi bombardamenti hanno neutralizzato 14 missili Houthi, che secondo l’esercito americano rappresentavano una minaccia imminente a mercantili e navi militari della Marina Usa.

I colpi statunitensi seguivano un attacco via drone effettuato dai ribelli yemeniti alla nave statunitense M/V Genco Picardy nel golfo di Aden, a sud dello Yemen, in quel braccio di mare che porta allo stretto di Bab-el-Mandeb e poi attraverso il mar Rosso al canale di Suez.

Una rotta marittima vitale per il commercio mondiale che permette di collegare l’Asia all’Europa e alle Americhe evitando di circumnavigare l’Africa.

Questo spiega la decisione degli Stati Uniti e di alcuni suoi alleati di colpire militarmente gli Houthi, che da novembre hanno sferrato decine di attacchi a navi commerciali, in solidarietà al popolo palestinese.

Gli Houthi, per anni finanziati e riforniti di armi dall’Iran, affermano di non voler desistere, mantenendo acceso un altro pericoloso focolaio bellico in Medio Oriente.

Il gruppo fa parte del cosiddetto asse della resistenza, capeggiato dall’Iran, insieme principalmente ad Hamas ed Hezbollah in Libano, contro Israele e gli Stati Uniti.

Le tensioni regionali si sono acuite ieri dopo che il Pakistan ha usato missili e droni per colpire i militanti separatisti Baloch in Iran, in una rappresaglia contro l’Iran che due giorni prima aveva colpito degli obiettivi in Pakistan sostenendo che fossero delle basi operative del gruppo Jaish al Adl.

I toni usati da entrambi i paesi sembrano far intendere che si voglia evitare un’escalation di scontri tra i due. Tuttavia, molti analisti sottolineano che il rischio che la situazione sfugga di mano esiste.

L’Iran, peraltro, ha recentemente sferrato attacchi in Siria e in Iraq, adducendo di aver colpito siti dello Stato islamico nel primo caso e contro un centro di spionaggio israeliano nel secondo.

Un diretto coinvolgimento in qualsiasi forma dell’Iran nella regione è al centro delle preoccupazioni di tutti gli attori coinvolti.

Nel frattempo, l’Arabia Saudita, altro attore fondamentale della regione impegnato in delicate trattative di pace con gli Houthi con i quali è stata in guerra per circa un decennio, è stata finora a guardare, evitando di prendere le parti di Washington.

«Semplicemente, Riad non ha la voglia di invischiarsi in un altro conflitto intrattabile con gli Houthi», ha scritto la ricercatrice Veena Ali-Khan su Foreign Policy.

Ciò che sta a cuore agli Stati Uniti e ai suoi alleati, principalmente i britannici, è far sì che gli Houthi la smettano di interferire sui traffici marittimi della zona.

La minaccia degli Houthi nei mari della zona sta facendo esplodere i costi di trasporto marittimi, sia perché le compagnie di shipping devono optare per la circumnavigazione dell’Africa sia perché i premi assicurativi aumentano a causa dei rischi corsi.

Per fare un esempio che ci riguarda più da vicino, il costo di trasporto per container da Shanghai a Genova è aumentato di quattro volte e mezzo da fine novembre, secondo dati pubblicati ieri dalla società di consulenza per il settore shipping Drewry. A livello mondiale, è quasi triplicato.

Il passaggio di navi per lo stretto di Bab-el-Mandeb è calato del 46 per cento, mentre per Suez del 35 per cento, secondo calcoli di Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, coinvolgendo il trasporto di merci come il petrolio, il gas, il grano e il caffè.

«Il volume di affari dei porti italiani ne sta risentendo ed è possibile un impatto anche sull’inflazione a livello dell’eurozona», spiega Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi.

Timori espressi anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che mercoledì ha detto che l’Italia sta spingendo affinché una missione europea che tuteli la sicurezza marittima in quella parte del mondo sia attivata al più presto.

Effetti concreti si sono già fatti sentire in Europa. La compagnia petrolifera BP ha annunciato il 18 dicembre di sospendere temporaneamente qualsiasi transito di sue navi nel mar Rosso. Nello stesso mese, Danone ha deviato le navi che trasportano i propri prodotti, decisione che comporterà un allungamento dei tempi di trasporto.

L’impresa di logistica Dhl ha fatto sapere questa settimana che le deviazioni di rotta potranno comportare la carenza di container in Asia nelle prossime settimane, invitando i propri clienti a gestire con attenzioni gli inventari.

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