Non è un buon momento per le testate giornalistiche negli Stati Uniti. Il riferimento non è alla crisi ormai strutturale di un settore che da anni ormai è avviato a una faticosa transizione digitale senza trovare un modello vincente, ma al tracollo che è avvenuto nel mese appena trascorso. Secondo un report pubblicato dalla società di consulenza sul lavoro Challenger, Gray & Christmas a partire dall’inizio del 2024 sono stati annunciati ben 538 licenziamenti all’interno di varie redazioni nazionali, statali o anche solo locali.

Il dato arriva dopo un anno difficile come il 2023, quando a perdere il lavoro sono state 3.087 persone che lavoravano nei cinquanta stati americani. A soffrire in modo particolare è stato uno storico quotidiano californiano, il Los Angeles Times, che ha annunciato 115 tagli che hanno provocato l’interruzione del lavoro per un giorno, le dimissioni di due capiredattori e del direttore Kevin Merida.

Anche un modello considerato vincente come quello del Washington Post, di proprietà del fondatore di Amazon Jeff Bezos, ha dovuto fare i conti con alcuni tagli programmati che hanno coinvolto circa 240 dipendenti, un conto salato mitigato da una generosa buonuscita qualora le dimissioni siano volontarie.

In un simile scenario cupo spicca, comunque, il collasso repentino del sito d’informazione moderato The Messenger, che ha chiuso all’improvviso lo scorso mercoledì. Da allora chi cerca di raggiungere l’indirizzo web trova una pagina vuota con il titolo della testata defunta e un indirizzo mail.

La nuova impresa era stata fondata soltanto nel maggio 2023, dopo che il fondatore Jimmy Finkelstein, magnate della finanza già proprietario del portale d’informazione politica The Hill fino al 2021, aveva organizzato una raccolta fondi di 50 milioni di dollari da vari investitori.

Sin dal primo momento sono state assunte nella redazione 300 persone che hanno ricevuto una paga molto superiore a quella dei loro omologhi in altre redazioni. La scommessa era che un modello basato principalmente sulle inserzioni pubblicitarie avrebbe potuto reggere l’impatto se avesse offerto al pubblico un punto di vista terzo e moderato.

Le stime iniziali parlavano di un ricavo di 100 milioni di dollari nel 2024. Non avevano fatto i conti con il fatto che ormai gli algoritmi dei social network non diffondono più gratuitamente i contenuti giornalistici e che le inserzioni pubblicitarie non rendono più come un tempo e che gli abbonamenti a un pubblico fidelizzato sono cruciali per mantenere i bilanci in ordine.

Non solo: il permanere degli alti tassi bancari decisi dalla Federal Reserve, la banca centrale statunitense, non favorisce l’accesso a nuovi prestiti. Nonostante queste oggettive difficoltà, Finkelstein aveva quasi ottenuto il denaro necessario per durare qualche altro mese, ma non è bastato.

L’effetto Trump

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La fine di questa impresa mostra come il decennio appena trascorso abbia abituato gli investitori a considerare la pubblicità come una fonte di sostegno sempre crescente per i giornali, sul modello di quanto fatto da un magazine come BuzzFeed, che alternava longform giornalistici e contenuti più leggeri e “virali”.

Adesso lo stesso BuzzFeed sta trattando per vendere due spin-off, Complex, dedicato alle interviste su strada alle persone comuni su vari argomenti, e Tasty, interamente centrato sulle ricette e la cucina, dopo che nel 2023 aveva dovuto tagliare circa il 15 per cento dei suoi dipendenti.

C’è un altro dato che però emerge con prepotenza alla luce di questi numeri sconfortanti. Una buona parte dei guadagni dei media nell’ultima parte degli anni Dieci è stata portata dall’impatto di Donald Trump e della polarizzazione politica da lui accentuata.

Non appare dunque casuale, ad esempio, che gli anni migliori per una testata come il Washington Post siano venuti da quando nel 2017 è stato posto sotto il nome della sua testata il motto “Democracy dies in darkness”, un riferimento al lavoro cruciale che facevano i suoi reporter nel coprire le azioni più eclatanti del nuovo presidente. Senza i media la democrazia muore nell’oscurità, secondo l’autorevole giornale della capitale americana.

E a livello locale è anche peggio: Secondo i dati della Medill School, la scuola di giornalismo della Northwestern University dell’Illinois, stanno chiudendo cinque giornali ogni due settimane, lasciando scoperte intere aree del paese. Una situazione in cui il trumpismo, che pure non anima più le discussioni come nel biennio 2016-2017, trova un terreno molto fertile per crescere, senza il disturbo della stampa.

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