Gli eventi e le atrocità della Seconda guerra mondiale hanno portato alla presa di coscienza della necessità di proteggere i diritti fondamentali degli individui e la pace nel mondo. Affinché questo avvenisse furono create le Nazioni Unite e, tra le altre cose, fu individuato lo specifico mandato di costituire un luogo in cui fosse possibile ragionare su scala universale della protezione dei diritti umani. In un messaggio radio della vigilia di Natale del 1943, Franklin Delano Roosevelt sottolineò come lo scopo di un’organizzazione come le Nazioni unite dovesse essere quello del mantenimento della pace nel mondo.

Non vi era, nella ricostruzione di Roosevelt, un interesse statunitense all’egemonia sulle altre nazioni: «La dottrina secondo cui il forte deve dominare sul debole è quella dei nostri nemici e noi la rigettiamo». I diritti umani, che avrebbero vissuto un momento fondamentale nella storia del loro sviluppo con l’approvazione della Dichiarazione universale del 1948, sono stati per anni al centro del dibattito giuridico, politico e morale globale. Hanno costituito un linguaggio e una bussola utile per valutare le azioni dei governi. Tuttavia, la frammentazione del sistema delle Nazioni unite e il rifiuto dell’universalismo erano già presenti al momento della fondazione dell’attuale sistema onusiano.

I meccanismi sanzionatori, come spesso accade con le organizzazioni internazionali, hanno lasciato a desiderare. Nonostante i tentativi di inclusione e di confronto effettivamente globale numerosi paesi hanno continuato a vedere nelle Nazioni unite e nel sistema internazionale dei diritti umani un cavallo di troia dell’egemonia occidentale o di una determinata visione dell’uomo. Lo scontro, come testimoniano le fonti storiche, è stato profondo sin dall’inizio del dibattito sul ruolo dei diritti umani nello scenario internazionale. Se analizziamo lo sviluppo e il diffondersi dell’internazionalismo liberale, che ha portato alla creazione delle principali organizzazioni internazionali che conosciamo oggi (incluse ovviamente le Nazioni unite), colpisce il ripetersi geometrico delle critiche provenienti da alcuni settori del cristianesimo conservatore e che oggi vediamo diffondersi su scala globale. Alcune sono particolarmente radicate nel premillenarismo dispensazionale e nel calvinismo conservatore.

Teologia e liberalismo

Per alcuni rappresentanti di queste correnti teologiche la critica alle organizzazioni internazionali era parte di una più ampia impresa teologica che si opponeva al moderno liberalismo e alle teologie moderniste che venivano viste come fortemente collegate alla venuta dell’Anticristo. Già all’inizio del Novecento, in occasione della creazione della Società delle nazioni, alcuni autori avevano sottolineato come si trattasse in realtà di un piano satanico per «convertire ancora più persone al pensiero che un’organizzazione globale secolare, senza alcun riferimento alla promessa di salvezza del cristianesimo, potesse risolvere i problemi che gravano su un mondo profondamente danneggiato dalla guerra».

Per molti cristiani conservatori (soprattutto protestanti) la Società delle nazioni avrebbe imposto un sistema centralizzato di controllo sociale, un contesto in cui gli stati avrebbero perso i loro margini di manovra e la loro sovranità e la libertà degli individui e delle comunità sarebbe stata messa a repentaglio.

Sono argomenti che venivano utilizzati all’inizio del secolo scorso ma che sentiamo riecheggiare nuovamente in numerose critiche indirizzate alle organizzazioni internazionali, e alle Nazioni unite, anche oggi. Basta pensare agli argomenti utilizzati dalla destra religiosa trumpiana.

Quando, nel 1948, fu approvata la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, alcuni gruppi legati ai conservatori evangelici sottolinearono come il documento costituisse «l’epilogo dell’unione sincretica di fedi pagane e cristiane» che loro avevano già evidenziato al tempo del dibattito sulla Società delle nazioni. A questo c’è da aggiungere lo scetticismo che questi gruppi nutrivano nei confronti di Roosevelt e della sua filosofia interventista sull’economia. La conclusione a cui giunsero fu che gli Stati Uniti si stessero allineando all’Europa nella preparazione di un ordine dittatoriale mondiale.

Oggi, con il mondo occidentale dove la secolarizzazione avanza senza sosta, può risultare difficile pensare al ruolo dell’Anticristo nella politica internazionale e che una delle faglie di crisi che deve affrontare lo sviluppo dei diritti umani su scala globale possa avere delle radici così profonde.

Siamo spesso portati a dare spiegazioni che guardano agli interessi di breve periodo degli Stati, alla necessaria Realpolitik. Oppure all’odierna polarizzazione tra una visione conservatrice ed una progressista dei diritti umani. Questo è sicuramente vero per ciò che riguarda numerose controversie che vediamo oggi risolversi davanti ai tribunali di numerosi paesi.

Scontro fra visioni

I sistemi giudiziari nazionali e internazionali sono spesso il teatro di scontro di diverse visioni delle società che gruppi organizzati e portatori d’interesse cercano di portare avanti facendo del diritto e delle controversie giuridiche un’arma strategica nella lotta per l’egemonia politica.

In un bel libro del 2018, Litigating Religions, pubblicato da Oxford University Press, Christopher McCrudden ha dato ampiamente conto del fenomeno. Ma il dibattito sulle organizzazioni internazionali, e soprattutto sulle Nazioni unite, per essere pienamente compreso necessità di una visione di lungo periodo per essere inquadrato su una domanda fondamentale: “Cosa è l’uomo?”.

Dalla risposta a questa domanda può derivare la necessaria consapevolezza per lo sviluppo di un sistema internazionale dei diritti umani a cui tutte le culture possano effettivamente contribuire. Per i conservatori anti internazionalisti, che criticavano la Società delle nazioni e la Dichiarazione universale dei diritti umani, le Nazioni unite rappresentavano «una nuova cultura umanistica animata dalla volontà di distruggere tutte le altre tramite l’imperialismo del diritto e del controllo (...) un’organizzazione impegnata in una crociata missionaria (...) una fede falsa (...) una fede legata all'Anticristo».

L’intrecciarsi di argomenti giuridici, politici, teologici e antropologici è oggi tipico delle critiche che numerosi Paesi rivolgono alla cultura di matrice individualista dei diritti umani per come si è sviluppata dopo la Seconda guerra mondiale e nel contesto delle organizzazioni internazionali. Sul fronte occidentale un influente giurista come Paolo Carozza ha potuto così evidenziare come «il mondo dei diritti umani quindi, spesso assomiglia ad un’oligarchia piuttosto ristretta, in cui il dissenso e la differenziazione sono fortemente limitate». Si tratterebbe di un «mercato affetto da amnesia storica e culturale. La circolazione dei diritti umani si svolge senza alcun riferimento reale al modo in cui la dignità umana ed il bene comune sono stati ricostruiti e realizzati in concreto nelle diverse civiltà nel corso della storia».

Critiche extra occidentali

Le critiche al sistema internazionale dei diritti umani non sono però solo interne al dibattito occidentale, ma in alcuni paesi arrivano a mettere in crisi la legittimità dell’intero progetto. Così, come molti ricorderanno, pochi giorni dopo l’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina il patriarca russo Kirill in un discorso tenuto il 6 marzo nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca attaccava i «cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale».

Per Kirill «le richieste rivolte a molti di organizzare una parata gay sono una prova di lealtà a quel mondo molto potente e sappiamo che se le persone o i Paesi rifiutano queste richese allora non entrano in quel mondo, ne diventano estranei». Probabilmente la Russia utilizzerà questi argomenti per razionalizzare l’espulsione dal Consiglio d’Europa e dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite. Critiche a letture “troppo progressiste” dei diritti umani arrivano sempre più spesso anche da numerosi paesi africani che accusano le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative occidentali di voler imporre modelli di famiglia non conformi alle tradizioni locali.

Solo la scorsa settimana il ministero degli Esteri della Cina ha criticato l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni unite ormai «ridotto al ruolo di sicario e complice degli Stati Uniti e dell’occidente». Il sistema globale sembra quindi essere davanti ad una frammentazione sempre più importante.

Tale frammentazione sarà utile ai regimi autoritari che invocheranno il non intervento degli altri stati e delle organizzazioni internazionali nei loro affari interni per continuare a fare i loro comodi.

 

© Riproduzione riservata