Nato nel 1976 a Butyn, una località rurale nelle regione di Mosca, e di origini ucraine, Aleksej Navalnyj si è laureato in Giurisprudenza all’Università dell’Amicizia tra i popoli nel 1998, per poi perfezionarsi in studi sulla finanza e ottenere una borsa di studio all’Università di Yale nel 2010 dove viene selezionato tra i leader emergenti di diversi paesi stranieri. La sua carriera di attivista politico inizia nel 2000 nel partito Jabloko, guidato da Grigorij Javlinskij, assumendo cariche nei diversi organi di partito. Nel 2005 Navalnyj dà vita ad un’organizzazione giovanile di “alternativa democratica”, chiamata DA! (l’acronimo in russo significa “Sì”), per consentire ai giovani di partecipare nella formulazione di iniziative legislative del distretto di Mosca e fonda anche il movimento politico Il popolo, basato su un “nazionalismo democratico” che lotta per la democrazia e i diritti dell’etnia russa, con l’obiettivo di creare una coalizione elettorale con altri movimenti nazionalistici per affrontare le elezioni parlamentari del 2007.

Proprio queste posizioni nazionalistiche determinano la sua espulsione dal partito Jabloko, interpretata, invece, da Navalnyj come la reazione di Javlinskij alla sua richiesta di rinnovare almeno il 70 per cento dei membri degli organi del partito. L’orientamento conservatore e nazionalista di Navalnyj emerge anche nel caso dell’annessione della Crimea: pur criticando la violazione del diritto internazionale in un suo tweet nel 2014, afferma che la Crimea appartiene al suo popolo e che è «una parte naturale» della Federazione russa.

Le inchieste scomode

A partire dal 2008 la sua azione politica si concentra sulle inchieste di pubblica corruzione, acquistando piccoli pacchetti azionari di grandi compagnie come Gazprom, Rosneft, Gazprom Neft, Lukoil e Surgutneftegaz per indagare sulla trasparenza dei rendiconti finanziari e garantire il diritto all’informazione degli azionisti. Nel 2011 attraverso il progetto Rospil, Navalny raccoglie segnalazioni di episodi di corruzione, valutate dal team di esperti legali che lo affiancano in questa attività. Dal 2011 le investigazioni si svolgono nell’ambito di una organizzazione non profit - la Fondazione per la lotta contro la corruzione (fbk.info) – con un apposito canale YouTube in cui, da blogger con oltre quattro milioni di follower, denuncia tutti gli episodi e le indagini sui patrimoni segreti in Russia e all’estero di alcuni membri dei vari governi, di oligarchi e uomini d’affari.

Da blogger a candidato

L’attività di blogger gli ha anche consentito di avere un ruolo importante nel coinvolgimento di migliaia di persone nelle proteste contro le frodi elettorali, che si sono svolte in alcune piazze di Mosca e di altre importanti città in occasione delle elezioni parlamentari del 2011 e 2017. Il suo attivismo politico gli ha procurato diversi arresti che, secondo il direttore della trasmissione radiofonica Eco di Mosca, Alekseij Venediktov, sono stati un errore politico del Cremlino perché hanno catapultato Navalnyj, «la vittima del regime», dalla dimensione online a quella offline. In un appuntamento elettorale importante come le elezioni a sindaco di Mosca del 2013 riesce sorprendentemente a ottenere il 27 per cento dei voti attraverso una campagna elettorale finanziata su base volontaria da tutti i suoi follower nel territorio federale. Nonostante la vittoria del candidato filo governativo Sergej Sobjanin, Navalnyj dimostra di essere un candidato alternativo, credibile, capace di ottenere un risultato significativo e, quindi, da non sottovalutare. Il suo carisma, l’abilità oratoria e il suo attivismo costituiscono elementi importanti nella costruzione del consenso elettorale che trova un’ulteriore conferma nel suo invito al “voto intelligente” ovvero a sostenere i candidati indipendenti e non appartenenti a Russia Unita, - il partito del potere che ha perso, così, un terzo dei seggi - alle elezioni del consiglio comunale di Mosca nel 2019.

Questa strategia elettorale è stata applicata da Navalnyj anche nelle elezioni locali dello scorso settembre ed è il motivo, come sappiamo, per cui si trovava a Tomsk prima di essere avvelenato durante il viaggio di ritorno a Mosca.

La serie di attentati

Negli ultimi anni, intensificando la sua attività politica contro il governo e il presidente Putin, ha subito diversi attentati tra i quali l’attacco con uno spray tossico spruzzato negli occhi nel 2017 e un avvelenamento da «un prodotto chimico sconosciuto» durante la sua incarcerazione nel luglio 2019 dai quali si è ristabilito. Tuttavia, il recente episodio dello scorso agosto ha assunto un rilievo internazionale che ha coinvolto non solo i rapporti con la Francia di Nicolas Sarkozy e, soprattutto, la Germania di Angela Merkel che ha ospitato il «paziente di Berlino», così come è stato definito da Putin la stampa settimana scorsa, ma anche l’Unione europea che ha reagito con sanzioni contro funzionari e vice ministri del governo russo.

La reazione del Cremlino è stata immediata sia da parte del portavoce del presidente, Dmitrij Peskov, che ha parlato di «manie di grandezza e di persecuzione di Navalnyj» sia da parte dello stesso Putin che ha confermato che il suo oppositore era oggetto di sorveglianza speciale da parte dell’agenzia di sicurezza Fsb (ex Kgb) perché considerato un «agente straniero» da anni e che «se avessero voluto ucciderlo, lo avrebbero fatto».

I misteri irrisolti

Indubbiamente il “caso Navalnyj” e le successive inchieste, avviate dal sito investigativo Bellincat in collaborazione con il portale web The Insider Russia, la CNN e Der Spiegel lasciano adito a diverse questioni irrisolte e interpretazioni sia nella versione di Navalnyj sia in quella fornita dal Cremlino. Perché a Navalnyj è stato consentito di raggiungere Berlino dopo aver usato una sostanza chimica facilmente individuabile? Perché renderlo un martire, indebolendo la figura del presidente Putin sul piano internazionale? Come è possibile che Navalnyj sia riuscito a individuare i nominativi dei propri quasi assassini e abbia trovato Konstantin Kudriatsev che gli racconta telefonicamente particolari (il veleno Novichok era nelle cuciture delle mutande) che un alto funzionario come Maxim Ustinov, il nome che ha utilizzato Navalnyj, avrebbe già dovuto conoscere? Come conciliare l’immagine ambivalente della Russia che è capace di penetrare i segreti del Pentagono attraverso attacchi hacker, ma fallisce nei tentativi di avvelenamento di Sergej Skripal e Navalnyj rispetto agli omicidi illustri di Anna Politkovskaja e di Boris Nemtsov?

Le tracce da seguire

Sappiamo che l’atterraggio immediato dell’aereo e la somministrazione dell’atropina nell’ospedale di Omsk hanno consentito di salvare la vita a Navalnyj. Secondo un’agenzia Reuters del 2018, l’agente nervino Novičok era, tuttavia, disponibile anche al servizio di intelligence tedesca, successivamente analizzato in un laboratorio svedese, e utilizzato anche in piccole quantità per testarne l’efficacia in alcuni paesi della Nato e negli Stati Uniti. Non sarebbe, quindi, un’esclusiva russa.

La credibilità delle accusa, anche da parte dell’occidente, risulta essere indebolita sia nel precedente avvelenamento di Sergej Skripal e sua figlia avvenuti nel Regno Unito nel 2018 sia nel caso Navalnyj dal mancato invio del rapporto e delle prove al governo russo, indispensabili per avviare un’indagine interna al Cremlino.

Non solo.

Il Cremlino non ha mai ritenuto potenzialmente pericoloso Navalnyj nelle competizioni elettorali sia per i vincoli procedurali e legali (arresti per proteste o come “agente straniero”) che non gli consentono di partecipare in prima persona come candidato presidenziale e con il suo partito Russia del futuro alle elezioni parlamentari. Inoltre, Navalnyj non ha mai goduto della visibilità dei media televisivi nazionali. Solo il 15 per cento del campione di intervistati dal Levada Center ritiene che le autorità russe siano implicate nell’avvelenamento contro il 50 per cento di coloro che ritengono che la notizia non sia vera o vi sia stato l’intervento delle intelligence occidentali.

Se Navalnyj può essere, così, ritenuto un oppositore abbastanza gestibile sul piano elettorale, la vicenda potrebbe celare due ulteriori considerazioni. La prima riguarderebbe la credibilità dell’apparato di sicurezza federale, molto permeabile e debole, incapace di portare a termine delle missioni e di lasciare tracce, oggetto di inchieste, che si scontra contro il “mito dell’efficienza del Kgb sovietico”. Nei giorni scorsi la Duma è intervenuta, infatti, con un provvedimento legislativo che vieta la diffusione dei dati personali degli agenti di sicurezza “indipendentemente dal fatto che ci sia una minaccia diretta della loro sicurezza”. La seconda è relativa alla volontà da parte di alcuni settori di intelligence russa di indebolire politicamente il presidente Putin nel conflitto interno all’élite sulla questione della sua successione al potere. Non è un caso che Putin durante la conferenza stampa non abbia confermato la sua ricandidatura alle elezioni del 2024.

Si tratterà di capire come “la stella oscura” di Navalnyj potrà influenzare il vento di protesta alle prossime elezioni parlamentari del settembre 2021 e quale fazione politica potrà trarre vantaggio da questa situazione in chiave anti-putiniana.

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