Patrick Zaki è estremamente provato dalla sua detenzione e versa «in un pessimo stato psicologico». Lo ha detto all'Ansa la sua avvocata, Hoda Nasrallah, al termine dell'udienza per il rinnovo della custodia cautelare tenutasi oggi nell'aula bunker del carcere di Tora al Cairo. L'esito però non è ancora certo e sarà necessario aspettare almeno 24 ore. Ma Nasrallah rimane pessimista circa l'esito finale: «Non credo lo rilasceranno, visti tutti questi rinnovi», ha proseguito.

La difesa, intanto, ha chiesto di sostituire il collegio giudicante ritenendo i rinnovi una sorta di accanimento: per sapere se la richiesta verrà accettata bisognerà attendere domani, se non addirittura mercoledì. Di fronte alla corte (che come di consueto esaminava centinaia di altri casi di detenzione temporanea simili a quello di Patrick) era presente anche una delegazione di diplomatici di Francia, Stati Uniti e Canada, assieme al rappresentante dell'ambasciata italiana al Cairo. Come già avvenuto nelle altre udienze, la delegazione ha depositato delle comunicazioni scritte per esprimere il suo interessamento al caso.

Se si esclude la mozione presentata dalla difesa, il copione di queste udienze si ripete ancora una volta e senza variazioni da più di un anno. Dopo i primi cinque mesi di udienze, durante i quali i rinnovi di detenzione erano quindicinali, ora il fascicolo di Patrick è entrato nella fase dei prolungamenti di 45 giorni. A nulla sono servite le richieste avanzate nelle scorse udienze perché a Zaki fosse almeno permesso di visitare il padre, ricoverato a fine febbraio in ospedale e ora in convalescenza nella casa del Cairo.

Anche la salute del giovane è sempre più provata dall'asma e dalle allergie che si sono acuite a causa delle recenti tempeste di sabbia che si sono abbattute sulla capitale egiziana. Continua a dormire per terra perché nel carcere di Tora non ci sono letti e ha pochissimi libri a disposizione. Inoltre, come confermato da fonti vicine alla famiglia, nelle scorse settimane, un suo compagno di cella ha avuto sintomi da Covid-19 ma non è stato sottoposto a tampone molecolare.

Patrick è nelle mani delle autorità egiziane da ormai 421 giorni. Era il 7 febbraio del 2020 quando fu prelevato da alcuni agenti della National Security Egiziana dall'aeroporto del Cairo mentre tornava da Bologna, la città dove stava frequentando un master in studi di genere. Durante le prime 24 ore di detenzione è stato torturato e tenuto in un edificio della National Security senza che gli fosse permesso di avere contatti con gli avvocati o con i suoi familiari. È riapparso l'8 febbraio nel commissariato di Mansoura e, dopo alcuni trasferimenti, da circa un anno si trova recluso nel carcere di Tora, nell'ala dedicata ai detenuti in attesa di giudizio.

Le accuse per il giovane ricercatore - le più gravi sono associazione terroristica e propaganda sovversiva - sono state spiccate sulla base di alcuni post Facebook che la difesa non ha mai potuto visionare. I suoi avvocati hanno sempre puntualizzato che il profilo social citato dalla Procura non è quello del giovane studente ma un fake: quello usato dal ragazzo è Patrick Zaki, mentre le autorità riferiscono di un account a nome di Patrick George Zaki.

I post sui social non sono l'unica prova contestata dalla difesa. C'è anche la perquisizione messa a verbale dalla procura e avvenuta a Mansoura nel settembre del 2019. Secondo le poche pagine che i legali hanno a disposizione, la polizia si sarebbe presentata nella casa di famiglia di Patrick, mentre il giovane ricercatore era già a Bologna, e avrebbe setacciato la sua camera alla presenza della madre. Ma la famiglia Zaki vive da diversi anni al Cairo e nel settembre del 2019 era impossibile che nella casa di famiglia ci fosse qualcuno. Qualunque prova a carico presentata dalla procura non è tuttavia contestabile dalla difesa sino a quando non ci sarà un processo.

Intanto, in Italia continua la campagna per la sua liberazione. Lo scorso mese, 58 parlamentari della Camera dei deputati hanno firmato una mozione per chiedere al Governo italiano di "adottare le iniziative di competenza per il conferimento della cittadinanza italiana" mentre la petizione online per la concessione a Patrick Zaki della cittadinanza italiana per meriti speciali ha ormai superato le 187 mila firme. Sul caso si è pronunciato anche il segretario del PD Enrico Letta che in un tweet prima dell'udienza ha rinnovato la richiesta di rilascio per il giovane egiziano.

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