Quando aveva dodici anni, Petra De Sutter andava a dormire tutte le notti esprimendo una preghiera: «Fa’ che domani, al mio risveglio, io sia una ragazza!». Oggi che di anni ne ha cinquantasette, ha dormito giusto un paio d’ore, perché i negoziati per il nuovo governo belga si sono protratti fino alle cinque di mattina. E al suo risveglio, il 1° ottobre 2020, Petra De Sutter è diventata la prima transgender a essere nominata ministra, e vicepremier, in Belgio. Il paese, che era andato al voto a maggio 2019, dopo ben 495 giorni di negoziati ha finalmente un esecutivo. A guidarlo è il liberale fiammingo Alexander De Croo, sostenuto dalla “coalizione Vivaldi”, cioè dalle “quattro stagioni”: cristiano-democratici fiamminghi, liberali, socialisti e verdi. De Sutter, che è stata la prima parlamentare belga dichiaratamente transgender e che fino all’altro ieri era una europarlamentare di punta dei verdi, diventa ora ministra della funzione pubblica e delle imprese pubbliche. Una carriera politica folgorante. Eppure lei ha un’altra vita alle spalle.

«Prima del 2014 Petra era una figura di rilievo nel mondo scientifico, ma non aveva alcun ruolo politico. Fui io a chiederle se voleva entrare nella lista europea del partito», dice Bart Staes, verde fiammingo ed europarlamentare praticamente per un ventennio. Quando Staes decide di coinvolgere De Sutter, lei è una ginecologa rinomata e insegna all’università di Gand, dove dirige pure il dipartimento di medicina riproduttiva dell’ospedale universitario. Si spende per i diritti lgbt, sa cosa vuol dire crescere in un contesto in cui i propri desideri non vengono riconosciuti. Fin da ragazzina infatti sente di voler essere una donna, ma alla stampa belga racconta di essersi sentita sola, che «sono stati anni duri» e che l’ambiente intorno a lei le suggeriva di «star zitta e nascondere tutto». A quarant’anni, già professionista affermata, De Sutter decide che non sarà più un uomo, che sarà ciò che sente di essere, e cioè una donna. La sua liberazione personale diventa anche battaglia pubblica, perché la professoressa sostiene che «le persone lgbt non vogliono essere tollerate, ma rispettate», come ha scritto nel 2015. E che «anche se il Belgio è uno dei paesi più trans-friendly d’Europa, anche se ha una legislazione avanzata sul fronte lgbt, bisogna fare ancora altri passi avanti».

Ma il suo impegno politico non si riduce alle battaglie lgbt. Il suo essere transgender è considerato, anche dai compagni politici più vicini, come un elemento che finisce sullo sfondo rispetto alle capacità politiche e umane dimostrate da De Sutter. La sua nomina a ministra rappresenta non solo l’avanzata, ma pure la normalizzazione, della presenza transgender ai vertici della politica. «Nel 2014, nonostante il successo elettorale di Petra al suo esordio, non riuscimmo a ottenere seggi, ma avevamo diritto di cooptare una persona in Senato e scegliemmo lei. Sempre lei diventò la nostra delegata al Consiglio d’Europa» dice Staes. E qui De Sutter si è impegnata su temi come i diritti riproduttivi, l’immigrazione, la tutela dei consumatori. Nel 2019 con oltre 143mila voti è stata eletta all’Europarlamento, e per i Verdi è diventata presidente della Commissione su mercato interno e diritti dei consumatori. Staes, che è stato suo mentore in politica e che ora è suo grande amico, sintetizza così la personalità di De Sutter: «Mette insieme la solidità e la competenza della scienziata, con il calore della persona solidale verso chi ha meno chances». Nei corridoi del partito a Bruxelles già la rimpiangono: «Petra è un idolo».

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