Il volto della Germania è cambiato l’8 dicembre 2021. Dopo quindici anni di seguito alla cancelleria tedesca, Angela Merkel è stata sostituita da Olaf Scholz. L’ex ministro delle Finanze è salito al potere grazie all’accordo raggiunto tra Verdi, Liberali e Socialdemocratici, raccogliendo la pesante eredità di Merkel alla guida del paese.

A livello internazionale, due giorni dopo il suo insediamento, il 10 dicembre, Scholz ha svolto una visita diplomatica simbolica: è volato a Parigi per incontrare il presidente francese Emmanuel Macron e consolidare l’asse tra Germania e Francia. Nelle ore successive è andato a Bruxelles dalla presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

In questi dieci mesi, la politica estera del suo governo è stata quasi del tutto caratterizzata dalle conseguenze della guerra in Ucraina, tra la questione energetica, la dipendenza da Mosca, il sostegno economico militare a Kiev, i rapporti con gli altri stati europei e i progetti di riarmo dell’esercito tedesco.

Guerra e tentativi diplomatici

Non era ancora iniziata l’invasione russa, quando il 7 febbraio 2022 Scholz si è recato a Washington, dove ha incontrato il presidente statunitense Joe Biden, con cui ha discusso della minaccia russa. Dopo pochi giorni è invece partito per Kiev e Mosca: l’obiettivo dichiarato della missione diplomatica era quello di scongiurare un conflitto che secondo le aspettative degli Usa sembrava imminente.

Durante la conferenza stampa insieme al presidente Volodymyr Zelensky, il cancelliere ha usato parole emblematiche per rassicurare il Cremlino, sottolineando come l’ingresso dell’Ucraina nella Nato non fosse in realtà in agenda. Mentre il giorno dopo, in Russia, ha cercato di convincere Vladimir Putin a ritirare le truppe ammassate al confine. Neanche dieci giorni dopo l’esercito russo iniziava la cosiddetta “operazione militare speciale”.

I colloqui telefonici tra Scholz e i due capi di Stato belligeranti sono proseguiti durante questi mesi di guerra. Tra marzo e settembre il cancelliere socialdemocratico ha chiesto ripetutamente a Putin un cessate il fuoco e nelle ultime settimane anche il ritiro completo delle forze russe dall’Ucraina.

Con Zelensky le telefonate sono state frequenti, anche se ad aprile scorso i rapporti si sono leggermente incrinati, quando da Kiev era arrivato il no alla visita in Ucraina del presidente federale tedesco Frank-Walter Steinmeier, per via delle sue passate aperture alla Russia. Scholz aveva definito «irritante» il rifiuto del governo ucraino. Il cancelliere si è indispettito anche a marzo, quando a sua insaputa Gerhard Schröder – già capo del governo tedesco – è volato a Mosca sotto richiesta di Kiev per cercare una mediazione con il Cremlino.

Dopo il recente annuncio del Cremlino della mobilitazione dei riservisti, Scholz ha parlato di «atto di disperazione» da parte di Mosca, che «peggiora solo le cose». Sui referendum svolti nelle regioni ucraine occupate ha invece precisato che i risultati non saranno mai riconosciuti dalla comunità internazionale. Il 21 settembre ha ribadito all’Assemblea generale dell’Onu che «non c’è giustificazione per la guerra di occupazione della Russia contro l’Ucraina», descrivendo le scelte di Putin come «imperialismo puro e semplice». 

Il sostegno a Kiev

L’appoggio economico e soprattutto militare della Germania nei confronti dell’Ucraina durante questi mesi di guerra ha vissuto periodi di alti e bassi. Il 27 febbraio, tre giorni dopo l’invasione, in un discorso al Bundestag Scholz ha confermato la scelta di inviare armi a Kiev per rispondere all’aggressione russa. Ma dal sostegno militare previsto, che comprendeva munizioni, mine ed equipaggiamento per i soldati, inizialmente sono state escluse armi pesanti, richieste invece a gran voce dal governo ucraino. Affermando di preferire in alternativa un aumento dei sostegni economici, il cancelliere ha mantenuto la sua posizione per la quale è stato accusato di assumere una linea troppo morbida contro Mosca.

La svolta è arrivata a fine aprile, quando Scholz – con il via libera del parlamento e dopo essere stato pressato sia dall’opposizione che dai suoi alleati di governo (Verdi e Liberali) – ha deciso di aumentare il supporto militare con l’invio diretto o con lo scambio circolare di armi pesanti o sistemi complessi, come obici, semoventi, veicoli blindati e armi anti aereo. Da quel momento sono state promesse altre spedizioni di armi da Berlino, come la tranche di agosto dal valore di 500 milioni di euro. 

Anche in questi mesi, però, il cancelliere ha attirato diverse critiche per la lentezza con cui le forniture annunciate vengono spedite a Kiev. L’arrivo di alcuni armamenti, infatti, sarebbe previsto non prima del 2023. In generale la questione del sostegno militare all’Ucraina è stata oggetto di forti polemiche nel paese e nel parlamento. A metà settembre, ancora una volta, gli alleati del suo governo lo hanno spinto a incrementare gli aiuti, chiedendo l’invio di panzer tedeschi e altri veicoli. Ma il cancelliere è rimasto della sua posizione: la Germania non deve prendere iniziative autonome sull’export in Ucraina di carri da combattimento occidentali.

Come segnale di vicinanza a Kiev, Scholz si è recato il 16 giugno nella capitale ucraina insieme al presidente francese Emmanuel Macron e al presidente del Consiglio italiano Mario Draghi. Lì i tre leader europei hanno confermato la volontà di concedere all’Ucraina lo status di paese candidato all’ingresso in Unione europea, nonostante fino al mese precedente il cancelliere avesse frenato sull’ipotesi di un accesso privilegiato per Kiev. Nella capitale ucraina Scholz ha però confermato la presenza di Zelensky al vertice G7 a fine giugno, svolto proprio in Germania.

Il riarmo tedesco

Oltre al sostegno militare, nel discorso del 27 febbraio scorso Scholz ha preso un’altra decisione storica per la Germania. Il cancelliere ha comunicato di voler riformare il comparto della difesa creando un fondo speciale da 100 miliardi di euro, spiegando la necessità di prendere contromisure per via della «svolta epocale» in corso: «Il mondo che verrà dopo non sarà come quello che c’era prima». Oltre al fondo, Berlino ha deciso di raggiungere la quota del 2 per cento del Pil per le spese militari, la soglia posta dalla Nato come obiettivo minimo ma a cui la Germania da sempre si è sottratta.

A giugno il parlamento tedesco ha dato il via libera per procedere con il fondo per ammodernare l’esercito tedesco. L’efficienza della Bundeswehr da decenni era stata messa in secondo piano dai governi di Berlino. Scholz, in un discorso tenuto il 16 settembre davanti ai membri dell’esercito, ha sottolineato la volontà di far diventare le truppe tedesche «una colonna portante della difesa convenzionale in Europa, la forza armata meglio equipaggiata». Subito dopo il cancelliere ha affermato: «Noi europei dobbiamo assumere nettamente più responsabilità all’interno della Nato».

Gas, energia e (in)dipendenza dalla Russia

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La priorità di Scholz in questi mesi post invasione russa in Ucraina è stata la questione energetica. Vista la forte dipendenza di Berlino dagli approvvigionamenti di Mosca, il cancelliere si è trovato in una condizione particolare. Il 22 febbraio, poche ore prima dell’attacco voluto da Putin, Scholz aveva annunciato il blocco del gasdotto Nord Stream 2 che collegava la Russia alla Germania.

Ai primi di agosto, invece, a seguito dello stop russo al flusso di gas tramite il Nord Stream 1, Scholz ha affermato: «La Russia non è più una fornitrice di energia affidabile». Tra i paesi era nata anche la controversia su una turbina da riparare bloccata in Germania, condita da accuse reciproche di responsabilità.

Scholz non ha pubblicamente parlato dopo i sabotaggi ai danni del Nord Stream 1 e 2 nel mar Baltico avvenuti il 26 settembre. Dopo alcuni colloqui, soprattutto con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg e i capi di governo di Svezia, Norvegia e Danimarca, le uniche dichiarazioni del governo tedesco sono giunte per bocca del portavoce Steffen Hebestreit, che ha ribadito l’evidenza di «un atto di sabotaggio deliberato» e la necessità di aumentare «le precauzioni e la protezione» delle infrastrutture più critiche.

La volontà di diversificare le fonti energetiche ha spinto il cancelliere a compiere diverse missioni in giro per il mondo. Ad agosto è volato in Canada, dove ha firmato un accordo con il primo ministro Justin Trudeau per formare un’alleanza per le importazioni di idrogeno.

A settembre, invece, Scholz è andato in Arabia saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, dove ha stretto intese per la fornitura di gas naturale liquefatto e gasolio. Di energia, ma anche di sicurezza, il cancelliere aveva parlato anche durante un’altra missione, svoltasi tra il 22 e il 24 maggio nel continente africano, tra Senegal, Niger e Sudafrica.

Nel frattempo, il 5 settembre, Scholz ha concluso con Macron un accordo di “solidarietà energetica franco tedesca”. Alla base del patto, lo scambio di energia: Berlino fornirà elettricità a Parigi, mentre dalla Francia arriverà gas. A fine settembre, inoltre, la Germania di Scholz ha frenato sulla possibilità di imporre un tetto al prezzo del gas in Ue, approvando invece uno scudo nazionale con un investimento di 200 miliardi di euro per ridurre il costo dell’energia. Una mossa che non è piaciuta agli altri paesi europei, Italia in primis.

Il G7 di Elmau

Il vertice del G7 svolto a Elmau tra il 26 e il 28 giugno è stato organizzato dal cancelliere tedesco che ha esteso gli inviti anche ai leader di India, Indonesia, Sudafrica e Senegal. Dopo l’intervento in video di Zelensky, nelle dichiarazioni finali Scholz ha sottolineato l’esigenza di «un piano Marshall per l’Ucraina», oltre a porre l’accento sulla unità di intenti nei confronti della Russia: «Siamo tutti d’accordo sul fatto che il presidente Putin non deve vincere questa guerra».

Nel summit è stata accolta la proposta del cancelliere di formare un “gruppo per il clima” composto dai paesi più ambiziosi con l’obiettivo di promuovere la collaborazione su determinate tematiche ambientali. Nelle dichiarazioni finali, Scholz ha anche parlato di «un’alleanza globale per la sicurezza alimentare». Sempre nel G7 di Elmau è stata pensata un’iniziativa di investimenti e progetti da 600 miliardi di dollari per contrastare la penetrazione cinese della nuova via della Seta nei paesi in via di sviluppo.

Yomiuri

I rapporti con la Cina

Dopo gli anni di aperto dialogo commerciale dell’èra Merkel, Scholz ha iniziato a ripensare le relazioni con Pechino, pressato anche dalla ministra degli Esteri Annalena Baerbock, da sempre voce critica nei confronti del Dragone. Ma i contatti tra il cancelliere e il presidente cinese Xi Jinping non sono mancati.

Già il 21 dicembre 2021 è avvenuto il primo colloquio telefonico tra i due: il leader della Repubblica popolare si è augurato un ruolo sempre più propositivo di Berlino nel rafforzare i rapporti tra la Cina e l’Ue, mentre Scholz ha comunque auspicato l’entrata in vigore del Comprehensive agreement on investment (Cai) pensato da Bruxelles e Pechino. 

Dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina i due leader hanno tenuto telefonate e collegamenti video, come quelli svolti l’8 marzo e il 9 maggio, nei quali Xi ha spinto per evitare l’espansione della guerra e ha affermato di sostenere l’autonomia strategica dell’Ue. In vista del G20 in Indonesia, che si svolgerà a novembre, si parla di una possibile tappa in Cina del cancelliere tedesco con lo scopo di ridefinire le relazioni.

Gli occhi sull’Indo pacifico 

Prima della guerra l’area del mondo su cui veniva posta particolare attenzione da molti attori internazionali era l’Indo pacifico. Un’attenzione che in realtà è stata mantenuta in questi mesi dal governo Scholz. Il cancelliere ha compiuto incontri significativi con alcuni leader dei paesi più importanti della regione. Ad aprile, infatti, è volato in Giappone per incontrare il primo ministro Fumio Kishida. A Tokyo ha spiegato che la sua visita è «un chiaro segnale politico che la Germania e l’Ue continueranno e intensificheranno il loro impegno con la regione dell’Indo pacifico». 

Il 2 maggio, invece, Scholz ha ricevuto nella capitale tedesca il premier indiano Narendra Modi. Oltre a discutere del conflitto in Ucraina, i due hanno firmato una serie di accordi sullo sviluppo sostenibile in cui è previsto l’invio di 10 miliardi di euro dalla Germania entro il 2030.

Inoltre, ad agosto, Berlino ha dispiegato una flotta di aerei per la prima volta nell’area per partecipare a due esercitazioni e per dimostrare la volontà tedesca di continuare ad aumentare la presenza militare nella regione.

Il progetto di riforma dell’Ue

Oltre all’appoggio per la candidatura Ue dell’Ucraina e alla reticenza nel dare il via libera a un tetto al prezzo del gas in Europa, c’è un altro tema forte che emerge nella relazione di Scholz con l’Unione europea. Il 29 agosto il cancelliere ha infatti tenuto un discorso all’Università Carolina di Praga in cui a grandi linee ha esplicitato la sua idea per il futuro dell’Unione.

A partire dalle riforme secondo lui necessarie per garantire un efficace allargamento dell’Unione, come il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio europeo superando l’unanimità e il rischio di veti, all’appoggio al progetto di una comunità politica europea già ipotizzato da Macron. Ma le riforme, secondo quanto sostenuto da Scholz, dovranno allargarsi anche al parlamento europeo e alla Commissione. 

Nel suo intervento a Praga, ha anche citato l’esigenza per l’Ue di avere una politica migratoria funzionante «in linea con gli standard europei di giusto processo» e il bisogno di «partenariati più vincolanti con i paesi di origine e di transito». Poi si è soffermato sulle politiche fiscali, sulla possibilità di modificare i trattati e sul regolamento sostenibile dei debiti. Il cancelliere ha poi concluso parlando dello Stato di diritto ed esprimendo le preoccupazioni poste dalle democrazie illiberali nel cuore dell’Europa, con riferimenti diretti a Ungheria e Polonia.

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