La notizia arriva dall’agenzia di stampa russa Tass poco dopo le diciannove. Recita che «Evgenij Prigožin è nell’elenco passeggeri dell'aereo precipitato nella regione di Tver», ma ciò che intende è che l’uomo di Wagner, il cuoco di Vladimir Putin trasformatosi nel grande destabilizzatore, è morto.

L'Agenzia federale per il trasporto aereo della Russia (Rosaviatsiya) ha comunicato di aver avviato un’indagine sullo schianto dell’aereo in questione, che è avvenuto nella regione di Tver ieri. E ha aggiunto – lo si apprende sempre da Tass – che «il nome di Prigožin è incluso nella lista dei passeggeri del volo precipitato. Sull’incidente aereo è stata avviata un’indagine».

Volendo affidarsi a fonti indipendenti, va riferito quanto rileva Associated Press: «I dati di tracciamento dei voli esaminati da AP mostrano che un jet privato registrato Wagner – e che Prigožin aveva usato in precedenza – è decollato da Mosca mercoledì sera e il suo segnale transponder è scomparso pochi minuti dopo. Il segnale è stato perso in una regione rurale dove non ci sono aeroporti vicini dove il jet avrebbe potuto atterrare in sicurezza». Dal governo russo è arrivata – sempre ieri sera – la notizia che l’aereo si è schiantato dalle parti del villaggio di Kuzhenkino, e che «tutti i passeggeri sono morti». Si tratterebbe di dieci persone, di cui tre dell’equipaggio. Sempre il ministero russo ha riferito che l’aereo si stava dirigendo verso San Pietroburgo, da Mosca.

La svolta

L’ultima apparizione pubblica del capo di Wagner risale a un video diffuso questa settimana, presentato come un filmato girato in Africa. Ma dall’inizio dell’estate, ovvero dal golpe fallito, il ruolo e quindi anche la visibilità del personaggio erano decisamente mutati. A fine giugno il presidente russo Vladimir Putin aveva accusato pubblicamente Prigožin e gli uomini di Wagner di «tradimento»: il 23 giugno, nella notte, era iniziata la loro marcia verso Mosca. Prigožin aveva ordinato ai suoi mercenari di prendere di mira – per destituirlo – il ministero della Difesa, verso il quale il capo di Wagner aveva espresso già da tempo dure critiche.

A suo dire, la guerra in Ucraina era stata condotta in modo fallimentare, e inoltre accusava il Cremlino di aver preso di mira i suoi uomini. La marcia per compiere il golpe era cominciata occupando le città di Rostov e Voronezh; una colonna di blindati aveva quindi proseguito il suo viaggio verso la capitale. Poi i wagneriani si erano fermati, con un contrordine di Prigožin : «Non voglio spargere altro sangue russo». Il 24 giugno un account Telegram associato al presidente bielorusso informava infine che Prigožin accettava di fermare la colonna di blindati e disinnescare la tensione. Il despota bielorusso Aleksandr Lukashenko – fido alleato putiniano nei tempi della guerra in Ucraina – si era quindi presentato come il mediatore tra Putin e «il traditore».

Cucina e interferenze

Prigozin non aveva nemmeno compiuto trent'anni quando, dopo essere uscito di galera, ha aperto un chiosco dove vendeva hot dog. Era l'inizio di una carriera imprenditoriale nella ristorazione: ha aperto una serie di ristoranti a San Pietroburgo, poi società di catering per il Cremlino e l'esercito.

Così si è fatto largo nel palazzo, conquistando il soprannome di "chef di Putin". Dai servizi di ristorazione per il regime è passato ai contractor militari fondando la brigata Wagner, braccio armato del presidente russo che è intervenuta in Siria, Africa e infine in Ucraina. A novembre 2022 aveva rivendicato pubblicamente il suo ruolo nelle interferenze sulle elezioni statunitensi.

Poi la recente, clamorosa svolta, con Prigožin che è diventato il nemico numero uno dello zar dopo il tentato ammutinamento del 24 giugno.

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