Le incriminazioni dell’ex presidente Donald Trump sembrano non finire mai. Stavolta è arrivata quella relativa al tentativo di rovesciamento del risultato delle elezioni presidenziali del 2020: secondo il procuratore speciale Jack Smith, il ruolo di Trump è ben più importante di quanto si pensava inizialmente, ovvero di spettatore compiacente di una situazione sfuggita di mano.

Ci sarebbe stata un’attenta preparazione non soltanto nell’aspetto insurrezionale, ma anche in quella formale, come ad esempio nella certificazione del voto.

L’annuncio dell’ex inquilino della Casa Bianca è avvenuto sul suo account social su Truth, dove con un post ha annunciato di aver ricevuto una lettera dove gli viene notificata l’indagine nei suoi confronti. Si suppone con relativa incriminazione e arresto, secondo uno schema già visto per altri casi, come quello riguardante i documenti classificati non secretati rinvenuti nella sua dimora di Mar-a-Lago in Florida.

Inutile fare considerazioni sui consensi. O forse a questo punto è meglio ragionare sull’aumento dei consensi, dato che questa rivelazione è stata ripetuta nei giorni scorsi durante un evento pubblico in Iowa ospitato dal conduttore di Fox News Sean Hannity. Trump tra tre giorni dovrà rispondere al gran giurì, dopo di che ci sarà “l’incriminazione e l’arresto”.

A favorire l’ascesa nei sondaggi però c’è anche l’atteggiamento ambiguo dei suoi avversari alle primarie repubblicane: quasi tutti sono allineati sull’accusa alla giustizia politicizzata. Anzi, come ha recentemente dichiarato il governatore della Florida, Ron DeSantis, si andrebbe verso «la criminalizzazione delle differenze politiche». Una strategia debole che non toglie però alcun consenso a Trump, che si fa forte di questa difesa non richiesta senza però ringraziare i suoi avversari.

Raccogliere fondi

Altri hanno scelto la strada della tiepida critica, come l’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley, che ha detto di «non poterne più di dover affrontare questo dramma quotidiano».

Un dramma che però rischia di risucchiare via tutte le energie della campagna. Senza questo annuncio strategico, l’attenzione dei media sarebbe stata focalizzata sull’intervista tosta di Ron DeSantis alla Cnn, torchiato da Jake Tapper, uno dei volti più noti del network, considerato molto vicino ai dem.

Oppure sull’investimento massiccio di 40 milioni di dollari per una serie di spot televisivi varato da Tim Scott, senatore del South Carolina e anche lui in corsa per le primarie repubblicane. Tutto cancellato dallo show trumpiano. Lo schema appare molto simile anche a quell’altra incriminazione: Trump userà anche queste nuove accuse che per recuperare fondi dai piccoli donatori da reinvestire nella campagna elettorale.

Intorno a questa indagine riguardante Trump, sul tentativo di rovesciamento del risultato elettorale ce ne sono altre collaterali che rischiano di creare sempre più grattacapi: la procuratrice generale del Michigan Dana Vessel ha emesso un mandato d’arresto per i sedici finti elettori che, nel piano elaborato dallo stratega trumpiano Stephen Miller, avrebbero dovuto sostituire quelli ufficiali qualora fosse andato in porto il tentativo di ritenere il voto quale “fraudolento”.

Uno schema che in teoria non doveva virare necessariamente sull’insurrezione. Secondo il senatore Ted Cruz si sarebbe dovuta creare una commissione bipartisan al Congresso per decidere sul da farsi, prendendo a modello l’elezione presidenziale del 1876, dove tre risultati discussi portarono a un accordo sottobanco tra i due partiti. In ogni caso, si sarebbe trattato di una frode per quanto senza bisogno di un’irruzione nelle aule del Congresso.

Spese impreviste

Per Trump però ci sono altri problemi: le spese giudiziarie non gli consentono di organizzare troppi comizi elettorali. Nei primi sei mesi dell’anno ha tenuto soltanto venti di questi eventi, contro i 52 di Ron DeSantis e i 39 di Nikki Haley. Tra le ragioni ci sono i costi elevati, circa cinquecentomila dollari l’uno, ma anche la fatica che fa un settantasettenne non in grande forma fisica.

Un contrasto particolarmente acuto con il quarantacinquenne DeSantis, che ha promesso di tenere un approccio “energico” anche da presidente. Difficile dire però cosa rischi davvero Trump: qualora riesca, come già chiesto per il caso dei documenti rubati, a ottenere un rinvio dopo le presidenziali 2024, praticamente nulla.

Sennò soltanto un maggiore impegno a livello finanziario, che però lo danneggerebbe poco, dato il suo stato indiscusso di favorito. Tra gli altri casi che lo vedono coinvolto in processi di varia natura, ci sono anche quello a Manhattan, dove il procuratore Alvin Bragg lo accusa di aver falsificato i bilanci della sua organizzazione per pagare la pornostar Stormy Daniels e anche quello, imminente, della Georgia, riguardante le pressioni fatte sul segretario di Stato Brad Raffensperger per “trovare” diecimila voti fittizi per vincere le elezioni nello stato.
 

© Riproduzione riservata