In principio è mister Mohamed bin Hammam. L'architetto dell'Operazione Qatar 2022. Il self-made man che grazie alla sua società Kemko ha fatto i soldi col petrolio. Tre divorzi e 11 figli a carico (giusto una squadra di calcio), Bin Hammam è il dirigente calcistico che nei suoi giorni migliori è il più potente del continente asiatico.

Presidente della federcalcio qatariota nel 1992, membro del Comitato Esecutivo Fifa soltanto quattro anni dopo, presidente dell'Asian Confederation Football (AFC) dal 2002, dato come grande elettore di Josep Blatter alla presidenza Fifa nel 1998, quando il colonnello svizzero sconfigge lo svedese presidente dell'Uefa, Lennart Johansson, e prende il posto del brasiliano João Havelange. Una carriera che pare inarrestabile. Cui dopo il trionfo della candidatura qatariota, approvata il 2 dicembre 2010 dal Comitato Esecutivo Fifa assieme a quella di Russia 2018, manca l'ultimo passo verso il top della carriera dirigenziale nel calcio: la presidenza Fifa.

E mister Bin Hammam ci prova sul serio a prendersi la Fifa, in occasione del 61° Congresso Fifa celebrato a Zurigo sei mesi dopo il trionfo della candidatura mondiale qatariota.

Ma alla vigilia del voto l'uomo più potente del calcio asiatico si chiama fuori dalla corsa. Lo fa tre giorni prima che il Congresso inizi, ma soprattutto un giorno prima che il Fifa Ethics Committee commini a lui e a Jack Warner, presidente della confederazione nord e centroamericana del calcio (Concacaf), un provvedimento di sospensione cautelativa.

È appena stata resa nota la voce che un paio di settimane prima, durante un meeting dell'associazione delle federazioni calcistiche dei Caraibi (CFU), tenuto alle Bahamas e interamente spesato da Bin Hammam, sia stato effettuato un grossolano tentativo di corruzione. I dettagli parlano di grandi buste marroni contenti 40 mila dollari ciascuna e fatte trovare nelle camere d'albergo di ciascun presidente federale. Un corruttore nelle alte sfere della Fifa, dove in genere allignano soltanto corrotti? Quasi un non senso.

Fatto sta che in quel momento la carriera sportiva di Bin Hammam si chiude rovinosamente, come è successo a tutti coloro che abbiano osato sbarrare la strada al colonnello. A luglio 2011 l'Ethics Committee ne decreta la radiazione dal mondo del calcio, giudizio ribadito dalla Commissione d'Appello della stessa Fifa. Il dirigente prova la carta del ricorso presso il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (TAS), che gli dà ragione a luglio 2012.

Ma la Fifa, anziché darsene per intesa, radia un'altra volta Bin Hammam a dicembre 2012. Motivo: l'investigazione indipendente commissionata all'ex procuratore statunitense Michael J. García, fa emergere diverse fattispecie di conflitti d'interesse in cui Bin Hammam sarebbe incappato nel doppio ruolo di presidente AFC e membro dell'esecutivo Fifa. Una posizione da conflitto d'interesse di cui nessuno, fino a maggio 2011, si era accorto.

Mohamed bin Hammam (AP Photo/Shirley Bahadur, File)

Affari personali e di stato

C'è una storia lunga e complessa, certamente non edificante, dietro il mondiale del Qatar 2022 di cui lunedì 7 dicembre si è svolto il primo atto ufficiale col sorteggio dei gironi eliminatori. E la vicenda di Bin Hamman ne è soltanto la prima tranche.

Dopo la radiazione, per l'uomo d'affari qatariota arriveranno altre accuse di corruzione. Ma stavolta saranno largamente annunciate perché riguardano l'assegnazione del mondiale 2022. A fine maggio 2014 il Sunday Times annuncia di avere visionato mail e documenti da cui si evince il pagamento di tangenti per 5 milioni di dollari.

Sarebbero state versate a titolo personale, da un dirigente che da un certo momento in poi aveva evidentemente preso a trattare quel mondiale come fosse cosa sua. Ma in realtà la corsa a ospitare l'edizione 2022 è un affare di stato condotto ai massimi livelli. E per capirlo bisogna cambiare scena e riportare il calendario a qualche giorno prima del voto espresso dal Comitato Esecutivo Fifa del 2 dicembre 2010.

Il 23 novembre 2010, un martedì, si svolge a Parigi un inusuale pranzo all'Eliseo. Il padrone di casa è il presidente Nicolas Sarkozy. Sono presenti fra gli altri anche Tamim bin Hamad Al Thani, in quel momento delfino designato a diventare emiro del Qatar (passaggio che avverrà nel 2013) e Michel Platini, presidente Uefa in carica.

Di cosa si parla durante quel pranzo? Secondo quanto ricostruito da Le Monde, nove giorni prima che la Fifa assegni il mondiale 2022 al Qatar, intorno alla tavola dell'Eliseo si discute di affari d'alto livello: l'acquisizione del Paris Saint Germain (PSG) da parte del fondo sovrano Qatar Sports Investments (QSI), la creazione di un nuovo canale sportivo tematico (che sarà BeIN) e forse qualcosa d'altro. Anche il voto di Platini in occasione del Comitato Esecutivo Fifa in agenda nove giorni dopo? È ciò che gli inquirenti sospettano. Sta di fatto che all'allora presidente Fifa quel pranzo costerà molto caro.

La consulenza pagata

A giugno 2019 l'ex Roi subisce l'umiliazione di un provvedimento di fermo (guard à vue) presso la caserma di polizia di Nanterre. Il provvedimento è legato all'inchiesta sulla presunta corruzione nell'assegnazione dei mondiali qatarioti e ruota intorno a quello strano pagamento da due milioni di franchi svizzeri per consulenze, effettuato in suo favore dalla Fifa.

Consulenze strane, per di più effettuate fra il 1999 e il 2003, ma pagate dalla Fifa di Blatter a febbraio 2011. Cioè due mesi dopo l'assegnazione al Qatar dei Mondiali 2022. Quel che è più, il pagamento salta fuori nell'estate 2015. A pochi mesi di distanza dal blitz zurighese dell'Hotel Baur au Lac che decapita la classe dirigente Fifa e infine costringe Blatter alle dimissioni. Di chi sarà stata la manina che ha tirato fuori il pagamento della consulenza?

Sia come sia, gli effetti pratici di quella rivelazione sono due: che Platini viene messo fuori causa dalla corsa alla successione; e che un mediocre avvocato italo-svizzero di nome Gianni Infantino si trovi la strada spianata verso il vertice del calcio mondiale. Per Platini arriva una squalifica di 4 anni la cui legittimità verrà confermata a marzo 2020 dalla Corte di Strasburgo. Della vicenda giudiziaria si sta occupando la magistratura svizzera, che indaga sia Platini sia Blatter. Simul stabunt, simul cadent.

Michel Platini (Anthony Anex/Keystone via AP, file)

L’ex villa di Lele Mora

Sono numerosi e intrecciati i rapporti fra le alte sfere del governo qatariota e la Fifa. E uno fra i tanti passaggi chiama in causa Nasser Al-Khelaïfi, presidente del PSG e uomo forte di QSI per le questioni sportive, e il francese Jérôme Valcke, segretario generale della Fifa fino al 2016.

In ballo c'è Villa Bianca, la lussuosa residenza di Porto Cervo appartenuta fino al 2008 all'impresario Lele Mora. La villa viene comprata a fine 2013 da una società qatariota riconducibile a Al-Khelaïfi. Il presidente del PSG la compra per usarla lui? Nossignori, la concede in affitto a Valcke, che stipula attraverso una società offshore con sede a Panama un contratto da 96mila euro annui (va ricordato che, da segretario generale Fifa, Valcke percepisce uno stipendio mensile da 150 mila euro), da cui sono anche deducibili i costi di manutenzione e gli eventuali acquisti di mobili.

La vicenda viene rivelata nell'ambito dell'operazione Football Leaks, e il sospetto è che questo generoso trattamento riservato da Al-Khelaïfi a Valcke sia legato alla cessione dei diritti televisivi sulle edizioni 2026 e 2030 per le zone del Nord Africa e il Medio Oriente. BeIN li compra a un prezzo sbalorditivo: 480 milioni di dollari.

Il sospetto, come esplicitato dall'Espresso, è che ci sia in ballo anche la calendarizzazione del mondiale in inverno, misura indispensabile per la riuscita della manifestazione, che vede lo stesso Valcke fra i sostenitori. L'approvazione di questa calendarizzazione avverrà a marzo 2015, pochi mesi prima che Valcke venga cacciato dalla Fifa. Per le accuse legate a questa vicenda Al-Khelaïfi è stato assolto dalla giustizia svizzera lo scorso 30 ottobre mentre Valcke ha subito una condanna a 120 giorni, pena sospesa, per falso in atti, e deve rifondere 2 milioni di dollari alla Fifa.

Nasser al-Khelaifi (Francesa Agosta/Keystone via AP)

Morti per gli impianti

Il dossier su Calcio & Qatar meriterebbe un approfondimento anche in materia di violazioni del Fair Play Finanziario da parte del PSG, ma questo ci porterebbe fuori tema.

Si è invece perfettamente in tema se si parla dell'altissimo numero di operai, tutti stranieri, morti nei lavori di edificazione o adeguamento degli stadi che dovranno ospitare le gare dei mondiali. Nel 2019 il computo aveva raggiunto quota 34 e non è dato sapere se nel frattempo la cifra sia aumentata.

Comunque sia, il dato non pare turbare più di tanto il presidente della Fifa, Gianni Infantino. Che giusto in queste ore gira per l'emirato a elogiare l'organizzazione e i lavori di preparazione. Quando verrà dato il calcio d'inizio del mondiale più nero della storia, nessuno ricorderà quegli operai.

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