Benvenuti in wèilái (未来), ovvero, in mandarino, nel “futuro”: il futuro della Cina, un paese-continente che, come profetizzò Napoleone, si è svegliato e sta facendo tremare il mondo, mettendo in discussione vecchi equilibri e radicate certezze. In questa newsletter settimanale (iscriviti qui, è gratis!), ogni giovedì, parleremo di economia, tecnologia, politica, ambiente e società in Cina. Perché le novità che arrivano dalla Cina, le sue contraddizioni e le sue strategie ci riguardano sempre più da vicino, per il peso crescente dei mercati asiatici nel capitalismo globale e per il tentativo di Pechino di diventare protagonista di un nuovo ordine globale multipolare. Qui, troverete tutte le puntate di Weilai, man mano che verranno pubblicate.

Quando potremo tornare in Cina?

Prima della pandemia di Sars-CoV-2, il solo aeroporto romano di Fiumicino aveva una dozzina di collegamenti diretti con la Cina. Oggi le frontiere della Repubblica popolare cinese sono “sigillate”: salvo rarissime eccezioni, gli stranieri non possono entrare, per motivi di ordine sia sanitario sia politico.

  1. Sono già state somministrate oltre 1 miliardo di dosi e il 40 per cento della popolazione ha completato la vaccinazione, ma - riferiscono i media di stato - i vaccini “made in China” sarebbero scarsamente efficaci contro la variante Delta.
  2. Il Partito comunista ha costruito sulla battaglia contro il nuovo coronavirus (che in Cina ufficialmente ha ucciso 4.636 persone) un racconto ideologico che - secondo una ricerca internazionale - ha rafforzato la fiducia dei cittadini nel governo. Il virus ha mietuto quasi 4 milioni di vittime nel mondo. Aprire ora, rischiando di far esplodere i contagi, potrebbe far crollare la narrazione secondo cui il socialismo cinese si è dimostrato «superiore alle democrazie liberali» nella lotta al Sars-CoV-2.

Perché è importante

Secondo il censimento 2020 in Cina vivono 845.697 stranieri. Tra questi, meno della metà sono occidentali. Negli ultimi anni la Repubblica popolare ha accolto un flusso di centinaia di migliaia di studenti stranieri (soprattutto di lingua e cultura cinese), di lavoratori e manager non residenti. Questi scambi tra popoli si sono bruscamente interrotti, in una fase in cui la diffidenza e le frizioni tra Cina e Occidente, alimentati dalla politica, crescono di giorno in giorno.

Il contesto

Un nuovo focolaio si è acceso nella provincia meridionale del Guangdong. Le autorità lo stanno fronteggiando con le misure già sperimentate a Wuhan (chiusure, quarantene, tracciamento). Il riconoscimento reciproco dei passaporti vaccinali richiederà tempo. Le tensioni politiche con gli Usa e con l’Unione europea e i focolai interni potrebbero ritardare la riapertura dei confini della Cina oltre le Olimpiadi invernali di Pechino (4-20 febbraio 2022) e il XX Congresso del Partito comunista (autunno 2022).

Il Piano quinquennale per lo sviluppo di Shenzhen

Per raggiungere la “autosufficienza tecnologica” il governo cinese riparte da Shenzhen, la metropoli della provincia meridionale del Guangdong dove nel 1981 Deng Xiaoping istituì la prima zona economica speciale (Zes) per sperimentare il libero mercato. Shenzhen ha appena varato il suo Piano quinquennale (2021-2025), un progetto racchiuso in 130 pagine (riassunto in questo articolo) che mira a consacrarla come «avanguardia del nuovo sviluppo della Cina fondato sull’innovazione».

In quella che è una delle città più giovani del Paese hanno i quartier generali ZTE e Huawei, due compagnie colpite dalle sanzioni Usa attorno alle quali si è sviluppato un grande ecosistema di aziende e startup innovative. Nei prossimi cinque anni Shenzhen investirà 108 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, puntando soprattutto su semiconduttori, biomedicina, veicoli a nuova energia (che dovranno raggiungere il 60 per cento del totale delle nuove immatricolazioni) ed economia digitale.

Perché è importante

La Cina - che con “Made in China 2025” ha messo al centro del suo sviluppo futuro la manifattura 4.0 - deve riuscire a fabbricare quelle “componenti chiave”, tra cui i microprocessori, che finora ha importato dai paesi più avanzati.

Il contesto

Produrre in patria significa mettersi a riparo da quella che Pechino ritiene sarà un lungo, aspro confronto commerciale e tecnologico con gli Usa, e allinearsi alle nuove tendenze della globalizzazione, che prevede catene di fornitura regionali, più corte e più sicure. Per questo motivo la leadership cinese mira a rendere Shenzhen il motore dell’Area della Grande baia, il cluster di undici metropoli che ruota attorno al Guangdong (di cui a questo link trovate l’ultimo rapporto del governo).


YUAN, di Lorenzo Riccardi – Economia, fisco e nuove opportunità raccontate da un commercialista italiano da 15 anni in Cina

Hainan e le 21 zone di libero scambio

Il futuro della Cina passa anche per le zone di libero scambio. Le Free Trade Zones (Ftz) sono al centro delle strategie del governo di Pechino e sono state introdotte per sviluppare il commercio regionale, attirare investimenti esteri, e aprire al mercato nuovi settori.
Le prime zone di libero scambio sono state create a Shanghai, poi nel Guangdong, a Tianjin e nel Fujian, fino ad arrivare a 21 diverse zone speciali, in varie aree del Paese. In ordine temporale: Chongqing, Sichuan, Shaanxi, Henan, Zhejiang, Hubei, Liaoning, Hainan, Jiangsu, Shandong, Hebei, Heilongjiang, Guangxi, Yunnan, Pechino, Anhui, e Hunan.

Le zone franche sono aree in cui le merci possono essere importate in esenzione di dazi e imposte sul valore aggiunto, con agevolazioni fiscali sui redditi di società e individui, tramite rimborsi, sussidi o aliquote ridotte. Nelle Ftz vengono applicate procedure più rapide per la conversione di valuta, lo sdoganamento di merci, e per la registrazione di società.

Tra le 21 zone speciali, la provincia di Hainan è stata promossa come “Free Trade Port”, per liberalizzare e facilitare scambi commerciali, investimenti, transazioni finanziarie e farla diventare una zona di libero scambio modello. Individui e società presenti sull’Isola possono beneficiare di una fiscalità speciale sui redditi pari al 15 per cento ed entro il 2025 l’intera Hainan esente da dazi, come la Regione amministrativa speciale di Hong Kong.
Hainan è adiacente al Guangdong, la provincia a maggior popolazione e Pil della Cina e nel 2020 la provincia insulare ha registrato una crescita del 3,5 per cento, superiore alla performance nazionale.


Chip “made in China”, boom di investimenti

Le compagnie cinesi che producono microchip stanno registrando un boom di investimenti senza precedenti. Nei primi cinque mesi del 2021, 164 produttori cinesi hanno raccolto complessivamente oltre 40 miliardi di yuan (6,2 miliardi di dollari) di private equity, pari al valore del capitale privato ottenuto in tutto il 2020. Il dato è contenuto in un report della società di consulenza cineseIjiwei.com e della statunitense Katten Muchin Rosenman.

Perché è importante

Le aziende cinesi di semiconduttori stanno raccogliendo massicci finanziamenti da una molteplicità di fonti (governative, venture capital, bond e Ipo). Questo attivismo segnala che gli investitori credono nella capacità del Paese di sviluppare un’industria indipendente dei microprocessori, settore nel quale la Cina è indietro rispetto alle economie avanzate sia per quanto riguarda i macchinari necessari a fabbricarli, sia per la produzione dei microprocessori. Il report sottolinea che i fondi raccolti stanno alimentando soprattutto la progettazione dei microchip, in particolare quelli utilizzati per l’intelligenza artificiale, le telecomunicazioni e l’optoelettronica.

Il contesto

Dalla seconda metà del 2020 Huawei ha registrato un crollo nelle vendite di smartphone per il blocco delle forniture di microprocessori con tecnologia Usa. Il decoupling hi-tech, la separazione tecnologica tra Cina e Stati uniti, va avanti. Pechino punta a dar vita a un’industria nazionale dei microchip entro l’attuale Piano quinquennale (2021-2025). Intanto a Washington la segretaria al Commercio, Gina Raimondo, ha invitato i parlamentari ad approvare prima della pausa estiva il piano da 52 miliardi di dollari per l’industria dei semiconduttori, parte dello “United States Innovation and Competition Act”.

Vivamente raccomandati, sul centenario della fondazione del Partito comunista cinese:

Weilai vi invita a seguire il futuro della Cina su Domani e vi dà appuntamento alla prossima newsletter.

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