Da un anno e mezzo a questa parte alla stragrande maggioranza degli analisti piace interpretare quanto avviene nel quadrante nord-est dell'Europa come un segno della fine di Vladimir Putin, o, al minimo, delle sue enormi difficoltà. È successo anche in questi giorni dopo la morte del suo unico vero sfidante, Evgenij Prigožin, l'ex capo della Wagner.

E già questo è un paradosso. Prima o poi accadrà, è ovvio, ogni umano, anche il dittatore più sanguinario – e Putin lo è – ha il suo tempo, ma resta il fatto che si continuano a confondere i propri desideri con la realtà. In principio fu il mancato blitz in Ucraina. Kiev non cadde in pochi giorni come da ottimistiche previsioni degli strateghi russi e se ne ricavò la conclusione che l'errore imperdonabile sarebbe stato fatto pagare all'inquilino del Cremlino. Non fu così.

Le, peraltro timide, manifestazioni di protesta di Mosca e San Pietroburgo per il conflitto contro i cugini (o addirittura i fratelli) alimentarono la speranza di una rivolta che lo avrebbe rovesciato dall'interno. La pronta repressione che ne seguì, tacitò le piazze. Il malcontento sarebbe dilagato, altra previsione, con il ritorno a casa delle bare avvolte nella bandiera.

Cifre ufficiali non ne esistono ma le stime più probabili accreditano la cifra di oltre cinquantamila morti e almeno centomila feriti così gravemente da essere inadatti al combattimento. Eppure la popolarità dello zar Vladimir si attesta sempre attorno all'80 per cento. Numeri da maneggiare con cura perché di parte e drogati da una censura che impedisce la libera circolazione delle informazioni. A parte le città, nella Russia profonda arriva solo la voce del padrone, il Paese si è persino staccato dalla rete Internet globale per crearne una proprio.

Nell'impossibilità di fidare nell'immediato su cause belliche, politiche o sociali, ci si aggrappò alla salute, con esegesi accurate del suo volto pallido e gonfio. Un tumore, era la vulgata, corredata con tanto di “prove” di referti medici o ricoveri sospetti. Bastavano 48 ore di assenza in pubblico per suonare il de profundis. Ed è ancora lì.

Allora si confidò nell'economia. Le sanzioni che avrebbero fiaccato il Paese, soprattutto lo stop alle forniture di gas all'occidente che avrebbe impedito di finanziare la campagna di guerra, la caduta del rublo. Che c'è stata proprio in questo agosto ma senza al momento produrre catastrofi.

Non restava che la guerra. I rifornimenti sempre più copiosi di armi a Zelensky in grado di provocare un equilibrio di forze sul campo, anzi di scatenare l'offensiva ucraina di primavera sempre rimandata e al dunque, quando è partita, inefficace.

Tanto da indurre allo scetticismo persino gli americani sulla possibilità di recuperare i terreni perduti. L'esercito di Mosca non sarà l'Armata rossa del tempo che fu, ma ha ancora la capacità di reggere il confronto e ha una copiosa riserva di soldati per alimentare di continuo i fronti.

Carne da cannone, beninteso, ma quando mai a un dittatore è interessato il destino dei suoi fanti? La sfida di Prigožin di giugno fu seguita con un crescendo rossiniano di entusiasmo, quando era una resistibilissima marcia arenata a duecento chilometri da Mosca. La capitale non fu presa da Napoleone e nemmeno da Hitler. Come avrebbero potuto nell'impresa cinquemila Wagner? Bastava avere occhi non accecati dal tifo per prevederne l'esito scontato. E dopo due mesi Putin ha epurato i ribelli della milizia privata e i loro simpatizzanti dentro l'esercito.

Dubbio, infine, che Putin si senta isolato. Da noi forse, che abbiamo una visione parziale. Ma il mondo è assai più vasto dell'occidente.

Abbiamo contato, facendo l'esegesi di alcune parole dubbie, che la Cina lo mollasse perché disturbata nei suoi affari dalla guerra e ci siamo dovuti ricredere. I Brics, di cui Mosca fa parte, si sono nei giorni scorsi allargati, hanno inglobato altri sei Paesi non insignificanti come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Iran, Egitto, Argentina, Etiopia. Rappresentano il 36 per cento del Pil globale e il 47 per cento della popolazione del pianeta. Un bel numero per sostenere che lo zar è solo.

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