Il 9 marzo l’ambasciatore americano in Polonia, Mark Brzezinski, è stato convocato dal ministero degli Esteri polacco per spiegazioni su un documentario dai tratti non esattamente agiografici su Karol Wojtyła, apparso su un canale della televisione polacca di proprietà americana.

Potrebbe sorprendere che l’attuale ambasciatore americano a Varsavia, nonché figlio di uno dei più importanti consiglieri per la sicurezza nazionale americani, venga convocato per un motivo che agli occhi di qualsiasi non polacco può sembrare futile.

L’importanza che la Polonia ha assunto dalla sua entrata nell’Alleanza atlantica e, soprattutto, dall’attacco russo all’Ucraina le permette gesti diplomatici difficilmente immaginabili fino a pochi anni fa.

Il ruolo cruciale della Polonia come bastione e campione orientale della Nato è ormai indiscutibile, così come la sua rilevanza per gli Stati Uniti nell’attuale assetto europeo in mutamento, viste le ambasce in cui la Germania si è ritrovata dopo la pandemia e lo scoppio della guerra.

Il passato ripetutamente traumatico della Polonia (le tre spartizioni del Settecento, la statualità perduta per 120 anni, l’invasione nazista e il giogo sovietico) rendono difficile capire questo paese dell’Europa centro-orientale, naturalmente antirusso, scetticamente integrato nell’architettura europea ma convintamente atlantico.

Non sarà certo un documentario a causare una “crisi” con Washington, ma la Polonia ha più bisogno degli Stati Uniti che l’inverso.

Riarmo

Sullo scacchiere continentale, considerato il sempre minore affiatamento dei quattro di Visegrád, assurti mediaticamente all’onore delle cronache nell’ultimo decennio e in ogni caso tutti paesi economicamente legati alla Germania, l’occhio va portato anche sulle relazioni polacco-francesi, possibilmente foriere di sviluppi rilevanti nel contesto europeo.

Per lungo tempo, l’interesse francese nei confronti della Polonia è stato essenzialmente in funzione anti tedesca o anti russa. Uno strumento da mobilitare nei confronti dei suoi rivali, per il quale però non valeva la pena entrare in conflitto diretto con tedeschi e russi.

L’abate di Véri, a proposito del ministro degli esteri di Luigi XV, Étienne-François de Choiseul (1758-1770), scrisse che «fu molto saggio nel non prendere le armi pour l’amour des Polonais»; un atteggiamento simile tenne Napoleone quando, dopo aver formato a Milano (1797) le legioni polacche reclutando volontari emigrati dopo la terza spartizione con la promessa di contribuire alla resurrezione della Polonia indebolendo l’Austria nelle campagne d’Italia, non esitò a dirottarle su Haiti dopo il trattato di Campoformio.

Al giorno d’oggi, è notevolmente più arduo per la Francia sfruttare la Polonia in funzione anti germanica: già gli Stati Uniti intendono far uso della posizione polacca, al tempo stesso punta di lancia orientale dell’Alleanza atlantica e possibile contrappeso  alla Germania.

In questo senso, sicuramente gradita è stata a Washington la notizia del riarmo polacco, che ha lanciato un grandioso programma di ammodernamento delle proprie forze armate in parallelo alla Zeitenwende  tedesca.

Francia e Polonia sono stati negli ultimi anni rispettivamente il più fiero oppositore e il più strenuo sostenitore dell’Alleanza atlantica, fulcro delle dispute nella difficile relazione tra la République e la Rzeczpospolita.

Le mosse di Parigi e Varsavia divergono anche dal punto di vista diplomatico, così come sul metodo: la Francia ha preferito procedere tramite trattati bilaterali con i suoi vicini più importanti (Aquisgrana con la Germania, Quirinale con l’Italia e Barcellona con la Spagna), proponendosi come attore mediano d’Europa e perno di un sistema dei maggiori stati continentali.

Ad oriente la Polonia si è distinta per le sue iniziative minilaterali regionali, come il già citato gruppo di Visegrád, il triangolo di Lublino e, soprattutto, l’iniziativa dei Tre Mari, strumenti attraverso i quali si propone di espandere la sua influenza nell’est del continente e contemporaneamente acquistare valore strategico agli occhi americani.

La Polonia ha colto la volontà degli Usa di trovare un alleato veramente affidabile in Europa; tuttavia scommettere quasi esclusivamente sul protettore oltreatlantico (come sta attualmente facendo), espone Varsavia al rischio di nutrire speranze eccessive nei confronti del proprio alleato, per il quale la priorità non è più la Russia ma la sfida globale con la Cina.

Eccesso d’importanza

Nell’attuale contesto, dopo essere stata per anni la Cassandra del pericolo russo incombente sull’Europa orientale, la Polonia corre il rischio di sovra-interpretare la propria centralità in Europa.

La mistica del “Cristo delle nazioni” del romantico Adam Mickiewicz, mito fondatore dell’eccezionalismo polacco e discorso co-costruttore dell’identità polacca in assenza di uno stato, rischia ora di influenzare la percezione che la Polonia sviluppa di sé e del contesto che la circonda.

Per Varsavia, la guerra in Ucraina sembra davvero essere il momento decisivo in cui, indebolendo al massimo grado la Russia, poter accelerare il suo sviluppo nel quadrante compreso tra i “Tre Mari” (Baltico, Nero e Adriatico).

I Tre Mari come orizzonte di una politica essenzialmente continentale, che incide sull’Europa centro-orientale e si propone come progetto alternativo alla dominazione russa e tedesca sullo stesso spazio.

Il progetto ripercorre geograficamente le tracce della Confederazione polacco-lituana, “età dell’oro” della potenza polacca, e quelle della Mitteleuropa austriaca, la sola delle potenze protagoniste delle spartizioni della Polonia che non è più in grado di nuocere.

L’accesso ai mari come orizzonte strategico non è solo un altro mito fondativo della Polonia moderna, che ancora oggi rievoca il proprio “Matrimonio con il mare”, evento simbolico che nel 1920 i polacchi mutuarono dalla Serenissima, ma è contemporaneamente un obiettivo strategico della classe dirigente attuale. La Polonia del PiS corre il rischio di sviluppare ambizioni che eccedono i propri limiti contando su alleati moderatamente a lei interessati (Regno Unito e Francia allora, Usa oggi).

Sebbene Varsavia abbia sviluppato una certa idiosincrasia per il contesto eurounitario in cui è inserita, i rapporti di forza sul continente sono definiti, ed essa non ha ancora raggiunto una posizione che le consenta di ignorare il numero uno e due del continente, la Germania e la Francia.

Prima della sua “redenzione morale”, iniziata con la spropositata risposta alla debole minaccia migratoria organizzata dalla Bielorussia (2021) e poi con l’aggressione della Russia all’Ucraina, la Polonia rimaneva uno stato integrato nella sfera economica tedesca e un alleato importante degli Usa nel contenimento di Mosca, con rapporti tesi con altri stati europei, Francia in testa.

Rapporti che, al di là del comune sostegno alla guerra, non danno segno di riscaldarsi, né con Parigi, né con Berlino, che Varsavia considera da sempre come inguaribili filorussi.

Sebbene il progetto di potenza polacco sia di lungo termine e coerente con la posizione di preminenza che l’America ancora occupa negli affari del mondo, le evoluzioni della guerra in corso rimangono difficilmente prevedibili.

Inoltre, è dal "pivot to Asia” obamiano che gli interessi americani si concentrano in altri spazi del mondo, ed è difficile vedere come le attuali fredde relazioni della Polonia con i paesi d’Europa occidentale potrebbero giovarle se gli Stati Uniti si ritirassero dal gioco.

Se è comprensibile che il riarmo tedesco possa evocare ricordi traumatici oltre il Neiße, l’interesse nel continuare a tenere a distanza la Francia è meno chiaro. 

Infine, che anche Washington desideri la scomparsa della Federazione Russa non è affatto scontato, e fare di questa lettura del conflitto ucraino la chiave di volta della propria politica estera espone Varsavia a possibili contraccolpi in caso di scenari differenti.


Francesco Stuffer è un analista dello Spykman Center, una scuola permanente dedicata alla formazione di analisti geopolitici. Dal 19 al 25 giugno 2023 il centro organizza la Summer School dal titolo: “How to Build a Geopolitical Analysis in Times of International Upheaval”. Scenari è media partner dell’evento.

La summer school offre a studenti, neolaureati e giovani professionisti l’opportunità di imparare a costruire solide analisi geopolitiche.

La scuola si svolgerà a Catabbiaccio (Grosseto), e sarà intervallata da un’escursione in alcuni dei centri più suggestivi della regione, tra cui Pitigliano, Sovana e Sorano. Sarà anche possibile seguire il corso online.

PROGRAMMA

Prima sezione: sei lezioni sull’approccio metodologico, sulla costruzione stilistica di un articolo rivolto al grande pubblico, e sulle possibili destinazioni dell’articolo o del saggio a un mercato sempre più bisognoso di analisi serie, accurate e comprensibili.

Seconda sezione: Workshop interattivi tra studenti e giovani analisti dello Spykman Center che hanno già pubblicato alcuni dei loro lavori. Sarà un modo per passare dalla teoria alla pratica, in uno scambio orizzontale tra studenti.

Valutazione: Gli studenti partecipanti saranno invitati a redigere una breve analisi geopolitica su un argomento a loro scelta.

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