- Ogni volta che Joudah torna a casa la sera, per sua madre è una sorta di miracolo. «Vivo con la paura che un giorno mi dicano che mio figlio è stato accoltellato o spinto sotto un treno o picchiato a sangue o arrestato dalla polizia perché è omosessuale», racconta in lacrime.
- Nel Maghreb, nemmeno le primavere arabe, che nel 2011 hanno portato un forte vento di cambiamento in tutta l’area, sono riuscite a smantellare le leggi che risalgono al periodo coloniale e che criminalizzano l’omosessualità.
- Il reportage da Tunisi, che andrà in onda anche in tv su Rai3 lunedì 18 luglio alle 23:15.
Ogni volta che Joudah torna a casa la sera, per sua madre è una sorta di miracolo. «Vivo con la paura che un giorno mi dicano che mio figlio è stato accoltellato o spinto sotto un treno o picchiato a sangue o arrestato dalla polizia perché è omosessuale», racconta in lacrime. Il velo copre il capo di questa donna che non vuole rendere pubblico il suo nome. Siamo in Tunisia, nella periferia di Sousse, una città costiera a 150 chilometri dalla capitale Tunisi. Qualche raggio di sole filtra nel


