La donna indagata meno di un anno fa dalla procura di Roma, dopo una denuncia di Matteo Richetti contro ignoti per presunto stalking e diffamazione, è un’attrice e sceneggiatrice. Il suo nome è Lodovica “Mairè” Rogati, è presidentessa di un’associazione contro la violenza sulle donne, e nel 2016 è stata condannata in primo grado per calunnia e stalking a 4 anni di carcere per accuse false contro il suo ex compagno, accusato di averla stuprata.

Ora, secondo il senatore di Azione e il suo avvocato, la Rogati sarebbe la stessa persona che – con il viso nascosto e la voce camuffata dai giornalisti di Fanpage che hanno raccolto la sua testimonianza – lo ha accusato di commettere gravi abusi sessuali e violenze private nel suo ufficio vicino a palazzo Madama.

La storia è complessa e delicata, e Domani cerca con questo articolo – attraverso documenti inediti e testimonianze incrociate – di raccontare nuovi aspetti della vicenda, che potrà essere chiarita definitivamente solo dalla magistratura. Che dovrà probabilmente sentire le due versioni e capire (facendo probabilmente una perizia tecnica sui device) se i messaggi che secondo Fanpage inchioderebbero sono veri oppure falsi come sostiene il senatore.

Il presunto molestatore

Matteo Richetti e Carlo Calenda (LaPresse)

Partiamo da quello che è finora noto. Il nome del senatore Richetti è da tre giorni al primo posto sugli argomenti dibattuti su Twitter e gli altri social. A causa di un’inchiesta «durata mesi» del sito di informazione napoletano, che ha raccolto la denuncia di una donna in forma anonima che accusa (anche in un video) un «senatore della Repubblica» di aver abusato di lei il 16 novembre del 2021 nel suo ufficio vicino a Palazzo Madama.

Fanpage non fa mai il nome di Richetti, ma l’ex renziano che ha fondato Azione insieme a Carlo Calenda decide di “autodenunciarsi” a poche ore dalla pubblicazione del pezzo: «Il senatore di cui tutti parlano sono io. Ma non ho fatto nulla». Una mossa decisa, pare, per due motivi. Innanzitutto, era il segreto di Pulcinella, visto che stato contattato qualche giorno prima da una giornalista del sito che l’aveva avvisato che stava per uscire un pezzo sui suoi presunti abusi. In secundis, il suo nome era cominciato a circolare tra i palazzi e su alcuni profili Twitter, che lo indicavano senza se e senza ma come il senatore molestatore. «Era necessario bloccare subito le speculazioni e difendersi da una diffamazione così grave», spiegano dal partito.

Le accuse della presunta vittima e di Fanpage (che chiarisce fin dal sommario del titolo come «decine di messaggi confermano la versione dei fatti raccontata dalla donna») sono in effetti pesantissime: “Ambra”, nome inventato dal sito, spiega infatti che con il senatore avrebbe avuto due incontri. Già nel primo, Richetti avrebbe ammesso come lei, che desiderava entrare nel mondo della politica, se avesse cominciato a lavorare con lui sarebbe stata «nell’occhio del ciclone, perché io sono molto chiacchierato».

Il secondo randez vous nel suo ufficio è quello cruciale: secondo la ragazza il senatore prima l’avrebbe baciata, per poi «mettere le mani sotto la gonna, fino alle parti intime». Uscita sconvolta dall’ufficio, l’uomo avrebbe continuato la violenza privata attraverso messaggi espliciti alla donna. In parte pubblicati da Fanpage, che li ha acquisiti da lei: «Non posso ignorare l’amore che provo per te, un colpo di fulmine che aspettavo da tutta una vita», si legge. «Ho reazioni fisiche incontrollabili: dovrai domarle», «Sei la donna più bella che abbia mai visto in tutta la mia vita...meritiamo di essere felici insieme!», aggiungono altri.

Quando lei minaccia di denunciarlo, il politico scriverebbe: «Sì certo, denunci un senatore con immunità...stai perdendo l’uomo e l’occasione della tua vita. Non ci vuole un matematico per sapere a chi crederanno tra i due». Infine l’ultimo, che per gli amici di Richetti sarebbe fin troppo telefonato, dice: «Se non volevi che ci provavo non ti mettevi la gonna che era un chiaro segnale...Ti mettevi i pantaloni e facevi la frigida. Con questi movimenti femministi del cazzo vi siete tutte montate la testa».

La perquisizione

Andiamo avanti. Dopo circa due mesi dal presunto abuso, la ragazza – che non ha finora denunciato il senatore, ma non è detto che non lo faccia in futuro - subisce una perquisizione da parte della polizia. E allora che scopre che è stato proprio Richetti a chiedere l’intervento dei magistrati. Non è finita: la testimone accusa pure di aver subito attenzioni indesiderate dalla polizia.

A Fanpage prima dichiara che «un vicecapo della polizia avrebbe ceduto alle pressioni del politico per velocizzare l’iter della denuncia e arrivare alla perquisizione in tempi brevissimi» (secondo il sito esiste un audio che proverebbe quanto dice la fonte “Ambra”). E poi descrive come sarebbe stata umiliata nuovamente da un vice ispettore: il dirigente della polizia le avrebbe infatti manderebbe una mail (anche questa pubblicata dal giornale online) nella quale invita la donna a tranquillizzarsi, per poi aggiungere: «Comunque, sei uno spettacolo». L’inchiesta si conclude con la notizia che sarebbero molte le ragazze abusate dal senatore, che non hanno però avuto il coraggio di parlare.

Le denunce di Richetti

Richetti, si sa, ha subito negato la ricostruzione. Il politico ammette di aver incontrato una donna che voleva lavorare per Azione, ma il suo avvocato Fabio Lattanzi spiega a chi vi scrive che sarebbe stata allontanata rapidamente da Richetti dalla stanza pochi minuti dopo l’ingresso nel suo ufficio, senza che il senatore avesse «commesso alcun abuso».

Il legale aggiunge che il 29 novembre, dopo che nei giorni immediatamente precedenti erano arrivati una serie di messaggi minacciosi e anonimi sul suo cellulare e sui social della sua compagna, il senatore aveva fatto una prima denuncia contro anonimi alla procura di Roma.

Una seconda denuncia contro ignoti viene depositata il 13 settembre. Domani l’ha letta: il senatore di Sassuolo spiega alla polizia di essere «a conoscenza di un dossier diffamatorio a mio carico recapitato a numerose testate giornalistiche tra cui “Il Fatto Quotidiano” e “Le Iene”».

E nella stessa dice che una giornalista di Fanpage invitava da mesi «le mie collaboratrici a rivelare eventuali approcci sentimentali subiti, dichiarando di agire nell’interesse e a tutela delle donne. Nella giornata odierna la stessa mi chiamava e mi anticipava la pubblicazione di un’inchiesta a mio carico afferente una serie di episodi di molestie nei confronti di alcune donne. La giornalista mi leggeva anche contenuti di messaggi in suo possesso a me attribuiti che disconosco in quanto da me né prodotti e né inviati, e quindi desumo totalmente artefatti. Il mio avvocato ha contattato il direttore di Fanpage (Francesco Cancellato, ndr) per informarlo dell’accaduto. Il mio legale nell’occasione ha rappresentato che per fatti analoghi a quelli asseritamente contenuti nella citata telefonata ho sporto denuncia, ed è incardinato un procedimento penale presso la procura di Roma a seguito della mia denuncia per diffamazione». Avvertimenti che non hanno sortito effetto, visto che Fanpage ha pubblicato comunque, con l’accortezza di evitare di mettere il nome della donna (per proteggere la fonte) e del senatore.

Tra pm e dvd

Ora, dal sito non hanno voluto fare il nome della testimone, ma spiegano di essere certi della veridicità dei messaggi che ne comproverebbero il racconto. Domani, però, ha ottenuto da fonti giudiziarie un documento firmato dalla pm Alessia Natali, nel quale si evidenzia che esiste in procura a Roma un procedimento giudiziario contro l’attrice Lodovica Rogati, classe 1980, aperto nel 2021.

L’atto segnala che la persona offesa è proprio Richetti. Il documento è una richiesta di archiviazione dei reati: evidentemente il magistrato e la polizia postale che hanno indagato non hanno trovato elementi che colleghino la donna ai messaggi sui social e sulla sua utenza telefonica di cui si è lamentato Richetti nella prima denuncia. Per la cronaca, telefonando al numero da cui è partito un lungo messaggio pieno di improperi e minacce per una presunta relazione interrotta dal politico, risponde oggi un ignaro straniero, che dice di essere un badante di un anziano e di non conoscere nulla della faccenda.

Sappiamo per certo che Richetti non si è opposto alla richiesta di archiviazione, ma non se il gip l’ha già accolta. Ma chi è la Rogati? E perché Richetti e i suoi avvocati sono certi che sia la stessa donna che ha parlato con Fanpage?

Andiamo con ordine. La donna che è stata indagata a Roma dopo la prima denuncia anonima di Richetti si definisce nel suo sito personale «attrice, sceneggiatrice, documentarista, autrice e conduttrice televisiva italo-britannica, attivista per i diritti degli animali». I fan di Massimo Boldi la potrebbero ricordare come co-protagonista, nel 2007, di “Matrimonio alle Bahamas», ma l’artista ha girato anche puntate de “Il Commissario Manara” e “Il giovane Montalbano” sulla Rai.

Soprattutto, la Rogati nel 2012 ha fondato l’associazione “Io non ci sto”, contro la violenza sulle donne, della quale è presidentessa. Nel sito, in una sorta di auto-intervista, la donna spiega che ha deciso di creare l’iniziativa in quanto lei stessa è stata «vittima di una terribile esperienza: ho sentito il bisogno di entrare in contatto con altre donne che come me avevano subito violenza. Volevo rendermi disponibile ad aiutarle anche solo ascoltando le loro storie. La quantità di donne che mi ha contattata è stata davvero impressionante sin dal primo giorno che l’ho presentata in televisione attraverso il TG5».

Quello che non scrive l’attrice nel sito di “Io non ci sto” sono i suoi precedenti con la giustizia. A leggere i lanci dell’Ansa del 2010 facilmente reperibili da fonti aperte, quell’anno è iniziato il processo contro di lei partito da una denuncia di Giorgio Galimberti, suo ex compagno e campione di tennis negli anni zero. Secondo l’accusa dei magistrati del tribunale di Rimini, la donna non aveva gradito la fine della relazione, e aveva spedito alla nuova fiamma dell’uomo un dvd con immagini hard di lei con il tennista, risalenti ai tempi in cui erano ancora una coppia. Anche la Rogati aveva denunciato per stalking Galimberti, ma la sua denuncia era stata subito archiviata.

Il giudice di pace condannò in primo grado l’attrice a 600 euro di multa e a un risarcimento di 7mila euro, ma nel 2016 in appello la Rogati vince: il tribunale la assolve perché «il fatto non sussiste».

«Mi hanno stuprato»

Le cose le vanno assai peggio in un’altro processo. Nel 2013 la ragazza viene di nuovo infatti rinviata a giudizio dalla procura di Roma con l’accusa di calunnia e stalking: la Rogati aveva accusato l’ex fidanzato e un altro uomo di averla stuprata brutalmente in un garage di casa sua. Non solo: ascoltata dalla pm Francesca Passaniti, aveva aggiunto che i due erano anche trafficanti internazionali di droga. La donna aveva pure detto ai giudici di aver visto cinque involucri di plastica trasparente con dentro una sostanza «tipo cocaina». Tutte balle, secondo i giudici che la mandano dietro le sbarre per calunnia.

Non solo: l’attrice indagata per il caso Richetti viene accusata anche di stalking, per aver perseguitato l’ex fidanzato e la sua compagna con telefonate e sms di minacce. Quattro giorni prima dello stupro inventato, secondo l’ex la Rogati lo aveva telefonato dicendogli: «Io ti rovino la vita, non mi sfidare perché non hai nemmeno idea di quello che sono capace di fare». Una frase agli atti del processo, e citata in lanci di agenzie di stampa.

Nel 2016 il pm in primo grado chiese dunque ben sei anni di carcere, e i giudici condannarono la presidente dell’associazione contro la violenza sulle donne a 4 anni.

Il processo si è poi prescritto in appello, ma gli avvocati della donna oggi quarantaduenne confermano a Domani che la ragazza ha pagato circa 50mila euro alle parti civili, cioè i due uomini ingiustamente accusati che poi sono usciti dal processo. «La strumentalizzazione di un fatto così grave come quello di violenza sessuale è un fatto riprovevole» commentò Irma Conti, legale dei diffamati «E gli accertamenti e le verifiche svolte dopo la presentazione delle denunce sono a tutela di tutte le donne: bene che si proceda per calunnia quando non c’è nulla di quanto dichiarato».

Dubbi e cellulari

È un fatto che la Rogati sia stata iscritta nuovamente nel registro degli indagati dopo la denuncia di Richetti. Possibile però che non sia lei ma un’altra ragazza l’accusatrice anonima di Fanpage? Le date e le circostanze dei due incontri citate dalla testimone e dallo stessa difesa di Richetti tornano.

In più, la donna intervistata parla di una perquisizione subita dopo il randez vous del 16 novembre (quello delle presunti abusi). Fanpage in una nota del direttore ha ipotizzato che le persone perquisite possano essere diverse, mentre a Domani una fonte autorevole della polizia spiega che «in merito alla denuncia di Richetti è stata fatta solo un’attività. A casa della signora Rogati». La cui posizione da indagata, ricordiamo, sta per concludersi o si è già conclusa, visto la richiesta di archiviazione firmata lo scorso maggio.

Fanpage protegge giustamente l’identità della sua fonte, e gli avvocati di Lodovica Rogati si rifiutano di darci i suoi contatti (il sito dell’associazione non ha sede né numeri telefonici) per porle qualche domanda. Dunque in via teorica è ancora possibile affermare che per una serie di coincidenze (che il legale di Richetti ritiene «altamente improbabili») la donna anonima non sia l’attrice. Una circostanza che però può essere vera solo se qualcuno dei protagonisti (polizia compresa) ha mentito a chi vi scrive.

Detto questo, la verità definitiva sulla vicenda resta difficile da verificare. I precedenti giudiziari della donna non impediscono di escludere che questa volta abbia raccontato fatti autentici. In casi gravi come la violenza sulle donne non è corretto indicare come «squilibrata» o «bugiarda» una persona, anche se si sa che ha sbagliato in passato.

L’unico modo per accertare chi ha ragione è verificare che i messaggi di Richetti non siano artefatti, ma genuini. Il senatore ha querelato Fanpage in sede civile e penale, mentre un’altra denuncia per diffamazione è stata depositata il 13 settembre: forse in tempi brevi la procura riuscirà a sciogliere l’arcano. Per Calenda è invece tutto già molto chiaro: «Quello che è successo è una delle pagine più vergognose del giornalismo italiano degli ultimi anni».

Tornando alla Rogati sul suo sito risponde così, in una vecchia intervista, a chi sostiene che le donne abusate dovrebbero denunciare subito per essere considerate credibili: «In questo paese se vai a denunciare una molestia alle forze dell’ordine vieni rimandata a casa. Se non ha un video o qualunque altro supporto moderno che avvalori la tua tesi e hai solo la tua parola non vieni creduta. Questa è la verità».

Stavolta la donna che accusa il presunto molestatore un arma però ce l’ha, visto che afferma di avere i messaggi auto accusatori del violentatore: risultassero veri, il senatore rischia un processo e la fine della sua carriera politica (insieme a Calenda, che lo ha difeso a spada tratta). Al contrario, la vicenda potrebbe travolgere chi ha accusato ingiustamente un politico di gravi nefandezze avvelenando la campagna elettorale.

 

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