Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri due settimane fa ha deciso di puntare tutte le sue carte su un nuovo Mr. Wolf della Capitale. Cioè Fabrizio Palermo, diventato a sorpresa nuovo amministratore delegato di Acea, la società multiservizi controllata al 51 per cento dal Campidoglio. La scelta è decisiva, perché l’ex ministro dell’Economia ha di fatto affidato al manager la realizzazione del nuovo termovalorizzatore della capitale, l’impianto che secondo il sindaco metterà per sempre fine all’emergenza rifiuti che ha trasformato la Capitale in una cloaca a cielo aperto.

«Se Palermo riuscirà ad aprire presto i cantieri e a costruire l’inceneritore entro la consiliatura per Gualtieri sarà un successo enorme. Non riuscisse a farcela, affonderà insieme al sindaco che l’ha così fortemente voluto», chiosano dal Pd romano.

Raddoppio

In attesa delle mosse dell’ex numero uno di Cassa depositi e prestiti (uomo di punta di Giuseppe Conte, non fu invece confermato da Mario Draghi che gli ha preferito Dario Scannapieco), in Acea non tutti hanno brindato all’arrivo di Palermo e alla sostituzione anticipata dell’ex ad Giuseppe Gola. Per due motivi: la fama di workaholic che precede il nuovo capo (lavora 18 ore al giorno, non ci sono weekend e vacanze che tengano, pretende ritmi simili dai suoi collaboratori), e il maxi stipendio che Acea gli ha garantito. «Circa il doppio di quello che prendeva Gola», spiegano fonti qualificate dentro l’azienda.

Risulta a Domani che se l’ex ad prendeva uno stipendio da circa 700mila euro, Palermo guadagnerà oltre 1,3 milioni di euro lordi l’anno. Il manager ha pure trattato con l’azienda una “entry fee” di 250mila euro una tantum, che secondo i maligni non sarebbe stata giustificata perché Palermo non è stato strappato ad altre aziende, ma di fatto era senza incarico dall’uscita da Cdp.

In realtà da Acea spiegano che una entry fee sarebbe stata perfettamente legittima perché Palermo, manager di livello top, accettando la proposta della spa romana «ha di fatto rinunciato a future offerte. Comunque il tema dell’entry fee, proposto dal comune e non da Palermo, è stato poi superato. L’ad ha chiesto solo di avere una retribuzione mediana rispetto a quella del settore», spiega l’ufficio stampa. Dal comune confermano.

Potere Caltagirone

L’operazione Palermo è stata certamente dispendiosa per Acea, anche perché Gola, per sciogliere consensualmente i rapporti con la società, ha ottenuto una buonuscita di quasi 2,5 milioni, a cui aggiungere il tfr, 172mila euro del bonus Mbo per l’anno 2022 e altri incentivi variabili per 153mila euro.

Chi stima Palermo, però, spiega che il raddoppio dello stipendio rispetto a quello di Gola non deve creare «inutili polemiche»: in primis, l’ex Cdp è un manager esterno, mentre Gola ha fatto carriera dentro la spa partendo da uno stipendio più basso (nel 2017 era Cfo).

Inoltre, «lo stesso Gola era un dipendente, e sommava allo stipendio di amministratore delegato anche quello di direttore strategie e produzione con l’estero, che aumentava il suo cachet annuale totale». Leggendo l’ultima “Relazione sulla politica in materia di remunerazione” di Acea relativa all’anno 2022, si chiarisce come Gola aveva un emolumento «in qualità di ad» pari a solo «110mila euro lordi», a cui aggiungere i 350mila da direttore, più i premi suddetti.

Dall’entourage del sindaco spiegano che né Gualtieri né il comune, nonostante quest’ultimo controlli la multiutility, hanno mai messo becco sul nuovo stipendio di Palermo: «In Acea esiste un comitato nomine e remunerazioni che si occupa dei contratti, e il presidente non è nemmeno espressione del comune, ma degli azionisti di minoranza».

Secondo i dati della Consob aggiornati al 31 dicembre 2021, le partecipazioni più rilevanti oltre a quella del Campidoglio sono quella dei francesi di Suez (con il 23,3 per cento) e di Francesco Gaetano Caltagirone, che ha il 5,45 per cento delle quote della società. È proprio l’ingegnere a esprimere il presidente del comitato per le nomine e la remunerazione: si chiama Massimiliano Capece Minutolo dal Basso ed è membro, oltre che del cda di Acea, anche di quello di Vianini Spa.

Da qualche anno è pure presidente del Mattino, quotidiano napoletano di proprietà di Caltagirone. Ovviamente, ogni sua proposta di remunerazione deve essere approvata dal cda, dove il Campidoglio ha la maggioranza.

Tempi stretti

Palermo, che è stimatissimo da Caltagirone in persona e da un vecchio amico di Gualtieri come Massimo D’Alema, non ha le skills tipiche del manager industriale (è soprattutto un esperto di finanza e di numeri) ma è considerato un mastino capace di raggiungere gli obiettivi richiesti dagli azionisti. «Abbiamo deciso di prendere uno come Palermo per far spiccare il volo ad Acea, che deve diventare in pochi anni una spa con lo stesso peso specifico di Hera o A2A, i gruppi multiservizi di Bologna e Milano. Per inciso, in quelle società gli amministratori delegati prendono uno stipendio doppio o triplo rispetto a quello di Palermo», spiegano ancora dirigenti del comune.

Ovviamente gli spotlights dei media e della politica non saranno solo accesi sui risultati finanziari o sui nuovi contratti di luce e gas che il gruppo riuscirà a portare a casa, ma soprattutto sulla realizzazione del termovalorizzatore e la chiusura del ciclo dei rifiuti mai raggiunta dalle amministrazioni precedenti in seguito alla chiusura della discarica di Malagrotta.

Il sindaco grazie al governo Draghi ha ottenuti i poteri di commissario straordinario per costruire l’opera in tempi rapidi, e potrà muoversi con le mani libere senza essere paralizzato da eventuali niet della regione Lazio, dove i grillini hanno peso specifico non banale.

L’Acea “rinforzata” dall’arrivo di Palermo sarà il braccio operativo, ma la missione non sarà facile: le polemiche sulla location del sito sono già iniziate (in pole position ci sono i terreni di Santa Palomba, al confine tra Roma, Pomezia e Ardea), il Giubileo del 2025 è alle porte, e la burocrazia romana anche durante il primo anno dell’era Gualtieri sembra lenta come un elefante ferito. «Ma se Palermo riuscisse nell’impresa», chiosano i dirigenti del Campidoglio, «tutti i soldi che gli diamo saranno stati benedetti».

 

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