Il settore italiano dell’energia ha deciso di cominciare ad allontanarsi dalla Russia. Eni ha annunciato che cederà la sua quota di partecipazione nel Blue Stream, che unisce il colosso russo del gas Gazprom e la società partecipata dallo stato italiano. La notizia è arrivata dopo che l’agenzia Reuters ha fatto sapere che l’Italia ha sospeso il finanziamento di Arctic Lng 2, il grande progetto di liquefazione di gas naturale della società russa Novatek nella penisola di Gydan, nell’Artico siberiano.

L’istituto di credito statale italiano Cassa depositi e prestiti (Cdp) e il braccio russo della più grande banca italiana, Intesa Sanpaolo (ISP.MI), si erano accordati nelle ultime settimane per aiutare a finanziare il progetto. Il prestito doveva essere garantito da Sace, l’agenzia italiana di credito all’esportazione. La conferma era arrivata proprio dall’ambasciatore italiano a Mosca, Giorgio Starace, a pochi giorni dalla fine della conferenza per il clima Cop26 di Glasgow. L’impianto di liquefazione, aveva denunciato ReCommon – l’associazione che lotta contro gli abusi delle grandi compagnie – era in fase di costruzione in uno dei territori più a rischio dell’Artico russo. L’ambasciatore giovedì alle 9.30 verrà ascoltato in commissione Esteri della Camera e potrebbe essere interrogato dai parlamentari su questi temi.

Le sanzioni

Mentre si ipotizzano nuove sanzioni alla Russia che potrebbero coinvolgere il metano sono iniziati i passi indietro. L’attuale presenza di Eni in Russia, ha fatto sapere la società, è marginale. Le joint venture in essere con Rosneft, legate a licenze esplorative nell’area artica, sono già congelate da anni, anche per le sanzioni internazionali imposte a partire dal 2014. Per quanto riguarda la partecipazione congiunta e paritaria con Gazprom nel gasdotto Blue Stream (che collega la Russia alla Turchia), Eni intende procedere alla cessione della propria quota. Resta un altro legame difficilissimo da scindere, per una questione di sicurezza energetica: i contratti per l’import di metano in Italia.

Sul fronte finanziamenti l’associazione ambientalista ReCommon proprio ieri aveva chiesto con forza risposte: «Qual è la posizione di Sace in merito alla guerra in Ucraina, alla luce della sua esposizione al business russo, in particolare in settori strategici quali petrolio, gas e petrolchimico?». Secondo Reuters il prestito concesso dall’Italia sarebbe stato fissato in 500 milioni di euro, ma mai erogato. Per ora però, ha detto anche una terza fonte, l’accordo rimane in vigore.

Saipem

Come raccontato su queste pagine, il progetto non coinvolge l’Italia solo per il prestito. Saipem, la società di grandi infrastrutture del settore petrolio e gas partecipata da Cdp ed Eni, si è aggiudicata due contratti all’interno del progetto, per occuparsi sia della progettazione sia della realizzazione di tre impianti di gas naturale liquefatto, dal valore totale di 3,3 miliardi di euro. I contratti rientrano nell’accordo di partnership che Saipem ha firmato nel 2016 con Novatek. Saipem sta lavorando anche per conto di Gazpromneft – controllata di Gazprom - uno dei principali operatori russi nel campo della raffinazione, alla realizzazione di un nuovo impianto all’interno della raffineria di Mosca.

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