Nel mese di giugno sono state assunte 209mila persone negli Stati Uniti. A maggio il dato riportava la creazione di 306mila posti di lavoro in più rispetto al mese precedente. Il tasso di disoccupazione è sceso dello 0,1 per cento rispetto al mese scorso, dal 3,7 per cento di maggio al 3,6 di giugno.

Questo vuol dire che il mercato del lavoro si sta raffreddando, con l’offerta di lavoro – prima eccessivamente più alta della  domanda –  che sta crescendo meno rapidamente, segno che su questo fronte la politica restrittiva delle Federal Reserve (Fed) – banca centrale statunitense –  ha dato i suoi frutti.

«Queste non sono ottime notizie, ma sono comunque buone notizie», ha detto l’economista Rachel Sederberg. In effetti guardando assieme i dati di una minore creazione di posti di lavoro, con il tasso di disoccupazione, che invece continua a diminuire come si aspettava la banca, fa pensare che la recessione temuta dagli investitori – dopo 16 mesi di rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed – non si sia ancora innescata.

All’incontro dei governatori delle banche centrali di fine giugno a Sintra in Portogallo, il governatore della Fed, Jerome Powell, aveva effettivamente annunciato che l’offerta di lavoro – in eccesso sulla domanda – stava rallentando. Ciò avrebbe permesso una minore pressione salariale. Powell aveva però chiarito che altre due volte nel 2023 sarebbe stato necessario aumentare i tassi per raffreddare l’economia e raggiungere l’obiettivo del mantenimento dell’inflazione sotto il 2 per cento.

Tuttavia, i dati appena comunicati riportano che il salario medio orario è aumentato al 4,4 per cento rispetto a giugno 2022, anziché al 4,2 come ci si aspettava e gli aumenti salariali di maggio sono stati rivisti al rialzo. Per questo motivo gli investitori si aspettano adesso che la Fed alzerà nuovamente i tassi già alla riunione prevista per fine luglio.

A Sintra però Powell aveva lasciato intuire che i due rialzi necessari sarebbero stati attuati molto probabilmente a settembre e ottobre, per aspettare che la politica monetaria restrittiva finora attuata avesse il tempo di esercitare i suoi effetti sull’economia reale, la quale sconta un naturale ritardo. Non è però certo che Powell non voglia ugualmente aspettare, lasciando invariato lo stop dei rialzi a luglio e rimandandolo ulteriormente.

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