Il 1° marzo Matteo Salvini ha incontrato in gran segreto l’ambasciatore russo in Italia, Sergej Razov, insieme al misterioso Antonio Capuano, un ex deputato di Forza Italia di Frattaminore che è diventato, negli ultimi mesi, una sorta di superconsulente di Salvini per la politica estera.

Il rendez vous è avvenuto di sera, presso l’ambasciata a Roma, dove Razov ha organizzato una cena per il capo della Lega. L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo era iniziata solo una settimana prima, e intorno al tavolo – risulta a Domani – erano seduti Salvini, Capuano, Razov e il suo consigliere e traduttore. Non sappiamo di cosa abbiano parlato gli astanti, ma è probabile che le discussioni siano cadute su questioni legate al conflitto appena scoppiato, alle rimostranze della Russia e – forse – alla posizione del partito di Salvini (da sempre considerato vicinissimo a Vladimir Putin) rispetto a Mosca, in quei giorni già presa di mira delle prime sanzioni occidentali.

Qualche fonte interna alla Lega suggerisce che la coppia Salvini-Capuano abbia incontrato Razov altre volte anche a metà marzo e inizio aprile, ma un fatto è certo: Domani ha contattato palazzo Chigi, che dice di non essere a conoscenza di alcun incontro riservato tra il leader di uno dei partiti della maggioranza e l’ambasciatore Razov: «Fosse vera la notizia, sarebbe gravissimo».

La cena

L'ambasciatore Sergey Razov (LaPresse)

Capuano, sentito al telefono, interrompe subito la chiamata dicendo «di Razov non so nulla». Dal quartier generale della Lega Andrea Paganella, attuale braccio destro del leader e capo segreteria ai tempi del Viminale di cui malpensanti danno la responsabilità di non aver fatto filtro tra Salvini e Capuano, risponde con un secco «no comment». Da via Bellerio prima escludono che Paganella abbia mai «fatto da tramite» tra il capo e l’avvocato campano, e poi dichiarano «di non escludere la presenza di Capuano durante un incontro tra Salvini e Razov.

Non ci sarebbe nulla di male però: noi i faccia a faccia tra Salvini e Razov li abbiamo sempre pubblicizzati».

In realtà, non c’è traccia di comunicati stampa che danno notizia di alcun incontro tra Salvini e l’ambasciatore russo nel periodo successivo all’invasione. La tempistica è decisiva: anche perché un faccia a faccia con un fedelissimo di Putin da parte di un leader politico che non ha alcun incarico di governo è fuori da qualsiasi regola diplomatica, a maggior ragione in tempi di guerra. Domani ha chiesto conto dell’incontro anche alla portavoce dell’ambasciata russa, Valentina Sokolova: «Sì, confermo l’incontro tra Salvini e l’ambasciatore Razov. È il nostro lavoro accogliere le persone, anche politici come Salvini, che fa parte della maggioranza di governo. Per quanto riguarda il contenuto, non possiamo dire cosa è stato detto».

Dunque delle due l’una: o Razov mente, e sembra stavolta un fatto improbabile. O invece Salvini deve spiegare come mai ha incontrato l’ambasciatore (e perché ci è andato con Capuano, che ha addirittura negato il fatto a Domani) senza dirlo – almeno a detta di palazzo Chigi – a nessuno dello staff del premier. Non sappiamo se il trio Salvini, Capuano e Razov abbia discusso di strategie politiche da adottare, o dell’organizzazione della visita di Salvini a Mosca in veste di mediatore di un piano di pace in salsa leghista, ma è un fatto che ieri le quattro interviste che l’ex deputato forzista ha rilasciato ai giornali hanno destato sconcerto.

In primis in casa della Lega, dove i responsabili ufficiali e “ufficiosi” che curano i rapporti internazionali di Salvini (cioè Lorenzo Fontana e la giornalista Maria Giovanna Maglie, atlantista convinta e per questo in rotta con l’amico Matteo) sono rimasti basiti dall’ipotesi di viaggi spericolati e nuovi consiglieri che non conoscevano nemmeno.

Ma anche dentro al Vaticano hanno letto con preoccupazione le dichiarazioni dell’avvocato campano. Rispondendo a una domanda sulla possibilità che la Santa sede possa essere sede dei colloqui di pace, l’ex berlusconiano infatti ha detto sibillino: «Abbiamo sondato due ipotesi. Il Vaticano? Mi sembra sia uscito sui giornali che Salvini venerdì abbia fatto una visita lì».

La rabbia del Vaticano

Il cardinale Pietro Parolin (AP)

È noto che Salvini la settimana scorsa abbia incontrato il segretario di Stato, Pietro Parolin. Nulla è però trapelato in merito al contenuto del colloquio. È un fatto, pure, che quello con il cardinale sia solo l’ultimo di una serie di incontri di rilievo che il capo della Lega ha avuto con pezzi da novanta della chiesa negli ultimi tempi.

Un rapporto dialogico che si è intensificato da settembre dello scorso anno, quando Salvini ha conosciuto meglio monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli stati. Un incontro fortemente voluto proprio da Maglie, che forse per organizzare il faccia a faccia ha messo a frutto la sua conoscenza con Francesca Immacolata Chaoqui, ex membro della commissione Cosea che ha ancora ottimi agganci Oltretevere.

Nelle interlocuzioni con il leader politico il Vaticano ha consigliato un cambio di linea sul tema migranti e dell’accoglienza, uno dei più cari a papa Francesco. In questa ottica va declinato anche il recente viaggio di Salvini a Beirut, dove il leghista ha incontrato monsignor Cesar Essayan, vicario apostolico in Libano. I due si sono confrontati sulla crisi umanitaria del paese, con Salvini che ha addirittura garantito di fare di tutto per aprire un corridoio umanitario «per i più fragili». Parole assai diverse dalla solita narrazione muscolare. Il capo del Carroccio ha usato toni simili anche nella disastrosa visita in Polonia.

Dove Salvini ha incontrato, oltre al sindaco di destra che gli ha rinfacciato in mondovisione la celebre maglietta con la faccia di Putin, anche il nunzio apostolico della Polonia. Un percorso di avvicinamento, quello tra Salvini e pezzi del Vaticano, che dunque non è affatto casuale o sporadico, e che adesso rischia di essere interrotto: la Santa sede non ha affatto apprezzato le nuove mosse di Salvini e le chiacchiere in libertà del suo nuovo consulente di Frattaminore, e da adesso in poi – giurano dal palazzo apostolico – al leghista russofilo si darà meno credito. 

 

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