All’inizio del 2022, una fotografia ha fatto il giro del mondo. Nella foto si vede il presidente cileno Salvador Allende, rimasto ucciso nel 1973 durante il golpe portato avanti dal generale Augusto Pinochet, che tiene in braccio una neonata. Quella bambina era sua nipote, Maya Fernández Allende, e la foto aveva cominciato a circolare in seguito all’annuncio, fatto nel gennaio del 2022, in cui si dichiarava che la bambina tenuta in braccio da Salvador Allende in quella fotografia sarebbe diventata la ministra della Difesa del nuovo governo cileno.

A deciderlo era stato Gabriel Boric, ex dirigente studentesco eletto poche settimane prima come nuovo presidente. La nomina era sembrata a moltissimi cittadini un possibile nuovo inizio per un paese che non aveva davvero mai fatto i conti con il proprio passato dittatoriale. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che, appena tre anni dopo, proprio sotto il governo guidato da Gabriel Boric, avremmo assistito alle dimissioni non solo di Maya Fernández, ma perfino alla destituzione da parte del Tribunale costituente della figlia di Salvador Allende, la senatrice Isabel Allende.

Il caso

Tutto ha avuto inizio per un’idea all’apparenza innocua: la volontà del governo progressista guidato da Gabriel Boric di acquistare la casa di Salvador Allende a Santiago del Cile, per farla diventare un museo. L’idea è stata annunciata nel 2023, quando ricorrevano i 50 anni dal golpe di Pinochet, insieme ad altre molte iniziative del governo volte a onorare la memoria di Allende e delle migliaia di vittime della dittatura.

L’annuncio formale dell’acquisto della casa è stato fatto il 31 dicembre scorso: lo stato cileno avrebbe comprato la casa dove Salvador Allende aveva vissuto con la sua famiglia fra il 1953 e il 1971. La casa – una villetta indipendente con giardino – si trova a Providencia, che attualmente è una delle aree più costose della capitale, e lo stato l’avrebbe acquistata per l’equivalente di 950mila dollari: un prezzo in linea con il mercato.

Sia la ministra della Difesa Maya Fernández, che la senatrice Isabel Allende – entrambe militanti del Partito Socialista cileno – figuravano fra gli eredi della casa, per cui avrebbero beneficiato dell’acquisto dell’immobile da parte dello stato. E il problema nasce proprio da qui perché la Costituzione cilena stabilisce che i deputati e i senatori in carica non possono concludere contratti con lo stato.

A inizio marzo il governo guidato da Boric è tornato sui suoi passi, sospendendo l’acquisto della casa, ma ormai era troppo tardi: l’opposizione aveva scatenato con tutta la sua forza un’enorme polemica. A causa dell’acquisto fallito della casa, si sono dimesse sia la ministra dei Beni nazionali, Marcela Sandoval, che aveva gestito tutta la pratica, sia – il 10 marzo scorso – la ministra della Difesa e nipote di Salvar Allende, Maya Fernández. Ma i deputati di destra infatti hanno denunciato l’accaduto al Tribunale Costituzionale, fatto che ha portato alla destituzione della senatrice Isabel Allende lo scorso 3 aprile. «Nei miei oltre 30 anni di servizio pubblico non ho mai usato la mia posizione per guadagno personale e ho sempre rispettato la Costituzione e la legge», ha dichiarato la senatrice.

La destituzione di Isabel Allende è stata un duro colpo per il governo guidato dal progressista Gabriel Boric, eletto sull’onda della potente rivolta sociale iniziata nel 2019, e per la sinistra cilena. Isabel Allende infatti è sempre stata considerata la principale erede politica e custode del lasciato del presidente socialista Salvador Allende. Durante gli anni della dittatura di Pinochet, costretta all’esilio, Isabel Allende ha denunciato in tutto il mondo le atrocità commesse dal regime e, una volta tornata la democrazia, è stata immediatamente eletta deputata.

I conti aperti

L’acquisto della casa della famiglia Allende è stato sicuramente gestito male dal governo Boric, ma per comprendere ciò che è successo è necessario inquadrare la vicenda nel contesto.

Il Cile infatti non ha mai davvero fatto i conti con il golpe e con le atrocità commesse dal regime di Pinochet e ancora oggi è un argomento che genera controversie. La dittatura militare è andata avanti per ben 17 anni (dal 1973 al 1990) e ha cambiato completamente la struttura della società cilena, sia dal punto di vista sociale che da quello economico. E, nonostante a livello internazionale, la dittatura guidata da Pinochet sia conosciuta come una delle più spietate della storia moderna, nel paese non si è mai fatta giustizia per le migliaia di persone che sono state uccise e fatte sparire dal regime.

E, per quanto possa sembrare incredibile, quando in Cile si sono celebrati i 50 anni dal golpe di Pinochet, la discussione che più si ascoltava nelle radio e nelle televisioni del paese era se fosse giusto definirlo un “golpe”, dato che erano in molti a sostenere che quello portato avanti da Pinochet altro non fosse che un “salvataggio” per aiutare il paese.

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