«Non possiamo consentire a Putin di vincere e credo che non vincerà», ha detto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, intervenendo al World Economic Forum, accusando il presidente russo di imperialismo. La Russia non vincerà la sua guerra in Ucraina e Putin non deve dettare i termini di alcun accordo di pace, ha proseguito il cancelliere tedesco. Una convinzione ripresa subito dalla stampa tedesca: «Putin ha già mancato tutti i suoi obiettivi strategici», ha titolato la Suddeutsche Zeitung nell’edizione online. Forse un discorso più diretto al pubblico domestico che a quello internazionale e un po’ più sofisticato dei 2.500 leader della finanza internazionale riuniti a Davos dopo due anni di assenza.

L’ombra di Merkel

Dopo 16 anni al Wef è stata la prima volta senza Angela Merkel che qui era di casa e la prima volta di Scholz nelle vesti di premier. Ma l’ombra lunga dell’ex cancelliera continua a incombere. Lei stessa ha contribuito al sonno dei leader europei di fronte all’irrigidirsi e alla preparazione segreta del conflitto da parte del Cremlino: nel 2008 al vertice atlantico di Bucarest la cancelliera tedesca si è opposta al presidente americano George W. Bush che voleva far entrare nella Nato la Georgia e l’Ucraina, due paesi dell’ex area di influenza sovietica. Una posizione che è stata pubblicamente accolta con un ringraziamento da Putin. Ma allora, ingenuamente, si sperava di inglobare Mosca nell’ordine liberaldemocratico occidentale.

Ora tocca a Scholz declinare le priorità tedesche ed europee e il suo discorso a Davos è sembrato volar troppo basso per le sfide di oggi. «Renderemo la Germania e l’Europa indipendenti dall’energia russa», ha detto il cancelliere. «Sul fronte del carbone in autunno sarà cosa fatta. L’uscita dal petrolio è prevista per fine anno. Anche sul gas lavoriamo molto intensamente all’autonomia». Lavoriamo ma senza dare date certe: nel mondo del business suona come cercare di organizzare una call da Milano il giorno dell’Ascensione (ieri) quando il resto d’Europa è in vacanza fino a lunedì.

«In questo mondo multipolare paesi e regioni diversi vogliono, in rapporto alla propria crescita economica, allo sviluppo demografico, acquisire più peso politico», ha continuato Scholz. «In questo non c’è una minaccia», ha aggiunto. La cooperazione internazionale porta delle risposte. In Asia, Africa e America latina ci sono nuove aspiranti potenze, che usano la globalizzazione. Per questo motivo al G7 di Elmau, sotto regia tedesca, ha aggiunto il cancelliere intervistato sul palco del forum dal fondatore Klaus Schawb, sono stati invitati anche Sudafrica, Senegal, India, Indonesia e Argentina. Questi paesi rappresentano regioni «il cui contributo serve al mondo per rispondere alle sfide del futuro». Un po’ di Africa, Asia e Sudamerica al G7 per sostituire Russia e Cina? Vedremo se avrà successo questo nuovo formato.

La strada sbagliata

Poi il cancelliere socialdemocratico ha preso il vessillo sfilacciato della globalizzazione alzato a Davos negli anni scorsi dalla Cina di Xi Jinping contro “l’America first” di Donald Trump. «Una cosa è chiara: la deglobalizzazione è la strada sbagliata. Non funzionerà», ha detto il cancelliere tedesco, che non vuole abbandonare le fruttuose politiche mercantilistiche di Merkel che hanno portato a chiudere gli occhi sui diritti umani e sulle svolte autoritarie dei partner economici.

Scholz ha lanciato l’allarme sulla crisi alimentare conseguente alla guerra in Ucraina: «Se non prendiamo ora contromisure rapide e decisive, dovremo far fronte alla più grande carestia mondiale da decenni», ha dichiarato il cancelliere tedesco senza chiarire con quali soldi e finanziamenti per non indispettire il suo ministro delle Finanze, Christian Lindner, il falco che vuole prendere il posto di Wolfgang Schäuble nel cuore dei rigoristi tedeschi.

Certo come scrive il Financial Times c’è un canarino nella miniera di carbone e si chiama Sri Lanka, lo stato che con 50 miliardi di dollari di debito è saltato a causa dell’aumento dei prezzi energetici e alimentari. Ma lo Sri Lanka è solo il primo di una lunga serie: cosa farà la Cina che vanta 3,5 miliardi di crediti verso il paese asiatico? Chiederà di essere rimborsato o ristrutturerà il debito? E come giudicare il crollo delle vendite di case in America (meno 16 per cento mese su mese e meno 26 per cento anno su anno)? E cosa ribattere al ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, che intervenendo al Wef un’ora prima di Scholz ha detto: «Noi condanniamo ogni guerra, quindi anche quelle che ci sono state in Iraq e in Afghanistan. Ma va detto che Mosca è stata provocata dagli Usa e dalla Nato e questo merita attenzione». Su questi temi spinosi Scholz non ha saputo tracciare scenari convincenti davanti al pubblico degli investitori internazionali e alla fine ha solo dato un calcio al barattolo rinviando la soluzione dei problemi.

© Riproduzione riservata