Il governo ugandese ha accusato gli Stati Uniti di «sovversione» dopo che una delegazione dell’ambasciata americana ha provato ad avvicinarsi alla casa del leader dell’opposizione e pop star, Bobi Wine che si trova agli arresti domiciliari dal 14 gennaio data delle elezioni presidenziali nel paese. La dimora dello sfidante del presidente ugandese, Yoweri Museveni, è sotto controllo dei militari che non hanno permesso neanche alla delegazione americana di avvicinarsi e fare visita a Wine per sincerarsi delle sue condizioni. In precedenza, i diplomatici statunitensi avevano definito un segnale «preoccupante» la detenzione di Wine le cui accuse non sono per ora state rese note. La tensione tra Stati Uniti e Uganda è un evento raro. Washington è stata finora tra i principali paesi che hanno aiutato economicamente Kampala contribuendo alla stabilità del governo del presidente Museveni, al potere dal 1986.

Cosa sta succedendo in Uganda?

Le elezioni del 14 gennaio hanno visto la riconferma del presidente Museveni, ma non la fine delle tensioni nel paese. Wine ha infatti accusato il presidente di brogli elettorali e si è autodefinito presidente eletto. Dopo queste dichiarazioni la casa di Wine è stata circondata dai militari. Durante la campagna elettorale la pop star era stato arrestato diverse volte con l’accusa di avere di avere infranto le normativi anti Covid. I continui arresti hanno provocato diversi scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine che hanno causato la morte di 54 persone e il ferimento di altre 600.

Wine ha sempre negato le accuse e ha invece definito Museveni «un dittatore da cui il nostro paese deve liberarsi». Anche Facebook è intervenuto nella campagna elettorale ugandese censurando alcuni membri del governo accusati di avere diffuso fake news sul social. L’esecutivo guidato da Museveni ha risposto chiudendo tutti i social nel paese. Si tratta dell’ennesima decisione controversa di Facebook dopo quella di oscurare il profilo del presidente in carica degli Stati Uniti, Donald Trump.

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