Sequestrata una petroliera venezuelana. Trump sceglie l’escalation contro Maduro

Il sequestro di una petroliera venezuelana da parte degli Stati Uniti segna un salto di qualità nello scontro ormai aperto tra l’amministrazione Trump e il regime di Nicolás Maduro. L’operazione, condotta dalla Guardia costiera con supporto della Marina, ha portato all’abbordaggio in alto mare di Skipper, una nave accusata da Washington di far parte delle reti petrolifere illegali che sostengono il bilancio di Caracas. Trump ha annunciato il blitz con entusiasmo, definendo la petroliera «una delle più grandi mai sequestrate» e lasciando intendere che gli Stati Uniti potrebbero anche trattenere il carico da 70 milioni di dollari. Un furibondo Maduro ha parlato di «pirateria di stato» e ha accusato Washington di voler strangolare l’economia venezuelana per provocare un cambio di regime. Il governo ha promesso di portare il caso davanti alle sedi internazionali e di «essere pronto a prendere a calci nei denti l’impero del Nord America, se necessario». Intanto Maduro ha incassato anche il sostegno di Vladimir Putin. È il Cremlino a rendere noto che il presidente russo ha avuto una conversazione telefonica con l’autocrate di Caracas esprimendo «solidarietà al popolo venezuelano» e confermando «il sostegno alla politica del governo volta a proteggere gli interessi nazionali e la sovranità in un contesto di crescente pressione esterna». Per Caracas, il sequestro non è un atto isolato, ma l’ennesimo tassello di una strategia di pressione militare che negli ultimi mesi ha visto un impressionante dispiegamento di mezzi navali e aerei nel mar dei Caraibi e nel Pacifico orientale. Venezuela, morsa bipartisan su Trump. Al Congresso l’ombra di crimini di guerra Lo spettro della Cia Trump non nasconde il senso politico dell’operazione. Le sue decisioni evocano le grandi operazioni della Cia in Sudamerica nel secolo scorso, e si sprecano i paragoni fra le azioni contro Maduro e le campagne che negli anni della Guerra fredda contribuirono a rovesciare governi considerati ostili agli Stati Uniti. L’obiettivo dichiarato è colpire i presunti legami del regime con reti criminali e narcotrafficanti, mentre quello implicito è portare il Venezuela nell’orbita di Washington. Le azioni contro il regime di Maduro trovano una cornice concettuale nella National Security Strategy pubblicata questa settimana. In quel documento, l’amministrazione definisce un’esplicita estensione dottrinaria della ottocentesca politica dell’egemonia sull’emisfero occidentale, chiamandola il “corollario Trump alla Dottrina Monroe”. Secondo questa lettura, ogni minaccia nel continente — traffici illeciti, governi ostili, crisi migratorie — giustifica un intervento diretto degli Stati Uniti per preservare la stabilità dell’emisfero. È una formula che riecheggia il vecchio impulso interventista sotto un nuovo lessico securitario, e che molti governi latinoamericani guardano oggi con crescente preoccupazione. La strategia del diversivo: Trump agita il Venezuela. E Maduro libera Castro Sul fronte interno venezuelano la situazione non è meno esplosiva. La premio Nobel María Corina Machado, leader dell’opposizione e figura simbolo del dissenso contro Maduro, è riuscita a lasciare il paese dopo mesi in clandestinità. La sua fuga rocambolesca via mare è stata annunciata dalla figlia alla cerimonia di premiazione e confermata poi nella notte dal suo saluto dal balcone dell’hotel di Oslo. Machado promette «la fine imminente del regime». Per una parte della popolazione la sua uscita è motivo di sollievo, perché potrà continuare a guidare il movimento democratico da una posizione più sicura. Per altri è la prova della chiusura definitiva dello spazio politico interno. La combinazione fra la pressione crescente degli Stati Uniti e il collasso delle strutture politiche venezuelane apre ora una fase imprevedibile. Il sequestro della petroliera appare come il punto di non ritorno in una strategia di logoramento che rischia di provocare reazioni incontrollabili. Da Kiev all’escalation sul Venezuela. Trump raddoppia i fronti e chiude i cieli Morsa internazionale Se l’amministrazione Trump intende davvero riscrivere la presenza americana nel continente all’insegna del nuovo corollario alla Dottrina Monroe, allora il caso Skipper potrebbe essere ricordato come l’inizio di una stagione di interventi ancora più diretti. In un Venezuela ormai allo stremo, dove l’opposizione fugge e il regime si chiude, la morsa internazionale rischia di stringersi ulteriormente. E l’America Latina, ancora una volta, si ritrova al centro di una partita geopolitica combattuta sulle spalle dei suoi cittadini. Ieri Gaza, oggi Venezuela e Nigeria. Così Trump dimentica l’“America First”