L’Armenia ha avvertito che una nuova guerra con l’Azerbaigian potrebbe essere alle porte. In realtà tra i due paesi la contesa per il Nagorno-Karabakh non si è mai sopita. Il primo ministro armeno, Nikol Pashinian, ha dichiarato venerdì che «fino a quando non sarà firmato un trattato di pace»  la guerra resta una possibilità concreta. Attualmente l’Azerbaigian controlla gran parte del lembo di terra conteso tra i due stati ma anche alcuni territori armeni conquistati militarmente negli ultimi due anni e mezzo.

All’origine della contesa

La disputa per il Nagorno-Karabakh risale a molti anni fa. La regione per cui i due paesi sono in lizza è sita nel Caucaso meridionale e geograficamente appartiene all’altopiano armeno, ma geografia e storia non sempre combaciano. Nel medioevo il Karabakh è stato oggetto di varie dominazioni ma nel 1813 è passato definitivamente all’impero russo.

Caduto lo zar, nel 1917 il territorio fu inglobato nella federazione transcaucasica che ben presto si divise in Armenia, Azerbaigian e Georgia. Già allora Armenia e Azerbaigian rivendicavano entrambi quel territorio senza sbocco sul mare, ma nel 1920 con la vittoria dei bolscevichi il Nagorno-Karabakh venne assegnato per volere di Stalin all’Azerbaigian, contro però la maggior parte della popolazione che era appunto armena e di fede cristiana, mentre l’Azerbaigian è tradizionalmente di religione musulmana sciita.

La questione sembrava conclusa, ma così non era. Era solo rimasta silente sotto la cappa dell’Unione Sovietica che utilizzava il principio del divide et impera, tracciando i confini interni della federazione in modo che ogni paese includesse una minoranza di quello vicino. In questo modo ogni cittadino dell’Urss si sarebbe sentito sovietico e nessuna identità nazionale sarebbe entrata in conflitto con quella della federazione.

La fine della storia e l’inizio della guerra

Con il crollo del muro di Berlino e la conseguente dissoluzione dell’Unione sovietica nel 1991, la questione del Nagorno-Karabakh riemerse. La popolazione armena del lembo di terra cominciò a mobilitarsi, con l’aiuto dell’Armenia stessa, per riunione la regione alla madrepatria. Nel 1991 il soviet locale (la struttura assembleare che formalmente gestiva il potere durante l’Urss) dichiarò la nascita di una nuova repubblica indipendente (Repubblica dell’Artsakh) dopo che l’Azerbaigian aveva deciso di fuoriuscire dall’Unione Sovietica. Ma quest’ultimo non era disposto a cedere nessuna parte di ciò che riteneva il suo territorio.

 Nel 1992 una durissima guerra tra Baku, che rivendicava il diritto al suo territorio e Erevan che invece puntava sul principio di autodeterminazione ha provocato la morte di almeno 30mila persone e decine di migliaia di profughi tra la maggioranza etnica armena del Nagorno-Karabakh.

Tra le cause scatenanti la creazione della repubblica –  in realtà non riconosciuta dalla comunità internazionale e nemmeno dalla stessa Armenia – e i due massacri organizzati dalle forze azere a Sumgait nel 1988 e Baku nel 1990 contro la popolazione armena.

Il conflitto è iniziato nel 1992 e si è concluso con un cessate il fuoco nel 1993 a cui sono seguiti negoziati di pace – mai conclusi – sotto l’egida del Gruppo di Minsk, una struttura di lavoro creata nel 1992 dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Il gruppo è guidato da una co-presidenza attualmente composta da Francia, Russia e Stati Uniti. Ne fa parte anche l’Italia.

I continui scontri

La guerra però non si è mai conclusa e periodicamente ci sono stati scontri tra gli eserciti dei due paesi. Nel 2020 la guerra dei 44 giorni iniziata il 27 settembre ha causato tremila morti e centomila sfollati. Non solo è in seguito a questo scontro che sono stati modificati i confini.

Poi a novembre una tregua mediata dalla Russia ha congelato il conflitto, con Mosca che ha inviato migliaia di soldati nel territorio conteso. Gli attacchi sono ripresi nel settembre 2022 ma stavolta anziché svolgersi nel Nagorno-Karabakh si sono svolti in territorio armeno. I due paesi si sono accusati a vicenda su chi abbia ripreso le armi per primo.

Nel dicembre dello stesso anno centinaia di attivisti azeri hanno bloccato il corridoio di Lachin, l’unica arteria che mette in comunicazione il territorio conteso con l’Armenia così da isolare 120mila cittadini di etnia armena che vivono nel lembo di terra.

Karen Ohanjanyan, un cittadino del Nagorno-karabakh e fondatore del Comitato Helsinki’92, ong per i diritti umani ha paragonato la situazione della sua regione a quello che l’Ucraina stava vivendo. «Dal 2020 siamo difronte a un’aggressione ai danni del popolo armeno paragonabile a quanto accade in Ucraina, ma perché per l’Artsakh la comunità internazionale non si sta mobilitando» ha riferito Ohanjanyan a Osservatorio diritti.

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