Luigi Di Maio, se sarà nominato inviato speciale Ue per il Golfo, non diventerà il governatore europeo dell’area, non sarà nemmeno un direttore generale Ue, ma il delegato itinerante di Josep Borrell, l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione, così come avvenne nel 2007 per Piero Fassino, quando venne nominato inviato speciale per la Birmania, attuale Myanmar», ha detto Alessandro Minuto Rizzo, ex vice segretario generale Nato ed ex ambasciatore presso il Cops, il comitato per la politica e la sicurezza europea ai tempi di Javier Solana.

«Ma quale sarà il suo compito nello specifico? – si chiede Minuto Rizzo - Riportare valutazioni e messaggi tra le capitali del Golfo (che non si parlano molto tra loro nonostante la presenza del Consiglio di cooperazione) e Bruxelles in materia di politica estera».

Ma a Bruxelles prendono tempo. «Dobbiamo intensificare il nostro impegno con i paesi del Golfo, come indicato nella comunicazione congiunta dell'UE su un partenariato strategico con l’area. Un nuovo inviato speciale europeo per il Golfo svolgerà un ruolo importante nel portare avanti tale strategia e ci auguriamo pertanto che il Consiglio annunci presto la nomina di un inviato per il Golfo», dice a Domani Peter Stano, portavoce principale per gli affari esteri e la politica di sicurezza europea a Bruxelles.

«La procedura per la scelta e la nomina dell’inviato speciale per il Golfo non è ancora stata completata e, poiché questa procedura è una questione interna riservata al Consiglio, non la commenteremmo pubblicamente, né parteciperemmo alle speculazioni dei medi», conclude Stano.

Certo Di Maio ha un curriculum superiore ai suoi concorrenti, potendo vantare la carica di ex ministro degli Esteri di un paese fondatore dell’Unione, rispetto all’ex ministro degli Esteri cipriota, Markos Kyprianou, l’ex inviato Onu per la Libia, Jan Kubis (slovacco) e l’ex ministro degli Esteri greco e commissario Ue Dimitris Avramopoulos, il cui nome è apparso alle cronache perché faceva parte del board della Ong, Fight Impunity di Antonio Panzeri, incarico da cui si è dimesso.

La sfida cinese

Se Luigi Di Maio verrà confermato dovrà sapersi destreggiare su temi molto delicati. Tra i principali dossier di cui dovrà occuparsi ci saranno i rapporti diplomatici appena riallacciati tra ayatollah iraniani e il governo saudita, attraverso l’intermediazione di Pechino, una svolta geopolitica che ha inferto un duro colpo alle ambizioni americane di essere l’unico garante della sicurezza dei pozzi petroliferi sauditi. È recente la notizia che il capo del nucleare iraniano, Mohammad Eslami, ha affermato che Iran e Arabia Saudita si prefiggono anche una cooperazione nel campo dei radiofarmaci, un’apertura impensabile fino a poco tempo fa.

Inoltre negli ultimi anni la Cina ha posto l’accento sul regolamento degli scambi di petrolio e gas in yuan nel tentativo di stabilizzare la propria valuta e di indebolire la presa del dollaro sul commercio mondiale. In questa chiave sta cercando di fare pressioni in tal senso proprio sui paesi del Golfo.

Un secondo tema collegato al precedente sarà gestire la lenta de-esclation della sanguinosa guerra nello Yemen, che vede ancora contrapposti sul terreno milizie un tempo sostenute dall’Iran da una parte e dall’Arabia Saudita dall’altra. Un terreno molto delicato. Sono in molti a ricordare che nel giugno 2021 gli Emirati Arabi Uniti ordinarono all’Italia di spostare le proprie forze fuori dalla base aerea militare di al Minhad a Dubai probabilmente come rappresaglia per l’embargo sulle armi deciso da Roma e non comunicato da Di Maio, con la necessaria diplomazia.

Un terzo elemento su cui dovrà misurarsi il neo inviato speciale è il patto di ferro che lega il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e Hamad bin Khalifa al Thani, l’emiro del Qatar, quarto produttore di gas al mondo (dopo Usa, Russia e Iran) e soprattutto primo esportatore di gas naturale liquefatto (Gnl), una pedina strategica per l’Europa a caccia di diversificazioni dagli approvvigionamenti energetici russi. Il Qatar e molti altri stati arabi si oppongono per ora alla riammissione della Siria di Bashar al Assad nella Lega Araba, mentre Riad è più favorevole.

Clima e nucleare iraniano

Ma c’è di più. Nell’agenda del futuro inviato non potranno mancare i negoziati per il nucleare iraniano che si svolgono da mesi, presso l’Aiea. Senza dimenticare la paradossale vicenda della nomina di Sultan al Jaber, direttore generale dell’Adnoc, l’agenzia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti, a presidente della Cop-28, la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, che si svolgerà a novembre nello stato del Golfo persico.

Tutti i paesi del Golfo sono molto interessati al problema della scarsità di acqua e molti sono pronti ad aderire al Centro di ricerca sulla desalinizzazione del Medio Oriente Medrc in Oman per la ricerca e la formazione sulla desalinizzazione e il riutilizzo delle acque reflue. Un tema su cui l’Ue potrebbe essere protagonista.

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