Uno dei maggiori problemi per Joe Biden in vista delle elezioni presidenziali di novembre è quello della sua bassa popolarità, che nel migliore dei casi è intorno al 40 per cento dei consensi. Una delle cause principali è un problema difficilmente risolvibile: la sua età molto avanzata, 81 anni, che preoccupa l’opinione pubblica, che non lo considera in grado di svolgere il suo difficile compito per altri quattro anni.

Ci sono però molte variabili che rendono la corsa dell’attuale inquilino della Casa Bianca non del tutto perduta, a cominciare dal fatto che il suo principale avversario sarà un Donald Trump che è quasi anziano come lui e altrettanto impopolare.

Soprattutto, ci sono altri modi per recuperare dei voti che non contemplino il convincimento degli elettori. Uno di questi è limitare l’accesso dei piccoli partiti alla scheda elettorale.

Fuori i piccoli

È proprio questo uno degli obiettivi di alcuni alleati del presidente: togliere i cespugli che potrebbero decidere l’elezione in un senso o nell’altro.

Rimane viva, nella memoria dei militanti dem, non solo l’elezione del 2016, quando le poche migliaia di voti raccolte dalla candidata dei Verdi, Jill Stein, hanno permesso ai repubblicani di conquistare Wisconsin, Michigan e Pennsylvania, spingendo Trump verso la Casa Bianca.

Andando più indietro nel tempo, c’è un altro fantasma politico: quello di Ralph Nader, avvocato dei consumatori che, nel 2000, ha tolto ad Al Gore non solo la Florida, ma anche il New Hampshire, che sarebbe bastato al vicepresidente di Clinton per battere George W. Bush di misura.

Biden all’epoca era già sulla scena politica e oggi vuole evitare che ciò si ripeta. Uno dei principali veicoli per questa azione coordinata su cinquanta stati è la società di consulenza American Bridge, che normalmente viene usata per indagare sugli avversari repubblicani e produrre spot televisivi per attaccarli.

Robert Kennedy Junior

Quest’anno ha assunto anche un ulteriore incarico: ostacolare le candidature indipendenti. Quella dell’attivista No-vax Robert Kennedy Junior e quella sponsorizzata dalla misteriosa organizzazione centrista No Labels, che ancora non ha un nome.

Non c’è una strategia unitaria, ma tante azioni separate che hanno come unico scopo quello di limitare l’accesso alle urne nei cinquanta stati. Non è un compito facile, perché No Labels ha raccolto 60 milioni di dollari e ha già ottenuto l’accesso alle urne in quattordici stati, tra cui Arizona, Nevada e North Carolina, che normalmente sono contendibili, non essendo roccaforti né conservatrici né progressiste.

Allo stesso modo anche il nipote dell’ex presidente John Fitzgerald Kennedy ha raccolto 30 milioni di dollari e si teme che possa prendere più voti di ogni altro candidato indipendente degli ultimi vent’anni.

Secondo un sondaggio di Reuters/Ipsos dello scorso dicembre, la presenza di Kennedy Junior sulla scheda allargherebbe il divario a livello nazionale nei confronti di Donald Trump.

American Bridge ha risposto facendo pressione per impedire a chi firma per i terzi partiti di votare anche alle primarie dem. In Maine, dove la segretaria di stato è nota per aver bloccato l’accesso alle primarie repubblicane a Donald Trump a norma del quattordicesimo emendamento che impedisce le candidature di chi è coinvolto in “insurrezioni” (nel caso del tycoon il riferimento è all’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021), chi ha firmato per un candidato indipendente decade dalla sua affiliazione partitica precedente, qualunque essa sia, avvertimento che è stato inviato ai cittadini per posta.

Una corte distrettuale federale in Arizona vuole invece costringere No Labels a svelare il nome dei propri donatori. L’ipotesi di American Bridge è che siano in realtà nomi vicini alla destra conservatrice. Questo sforzo però ha anche un aspetto informativo: l’ex deputato Dick Gephardt sta preparando una campagna mediatica attraverso l’organizzazione Citizens to Save Our Republic per dire ai cittadini che in fin dei conti le scelte con possibilità di vittoria sono soltanto due.

Gli elettori, che pure vorrebbero aria nuova, a stragrande maggioranza optano per una delle opzioni disponibili, come avvenuto nell’ultima elezione presidenziale, che ha raggiunto un record di affluenza che non si toccava da oltre cent’anni. E la scommessa di Biden è proprio questa: anziché Trump, si sceglierà di andare avanti con un candidato che, pur non amato, almeno non promette sconquassi.

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