Usa in shutdown: Trump attacca i dem su sanità e migranti

Nella notte del 1° ottobre il governo federale degli Stati Uniti è entrato in “shutdown”. Allo scadere del termine fissato per l’approvazione del nuovo bilancio, il Congresso non è riuscito a trovare un compromesso per finanziare i servizi federali non essenziali, e l’effetto immediato è la sospensione di molti servizi pubblici e il congelamento di centinaia di migliaia di dipendenti considerati non essenziali. Il dipartimento della Salute ha già annunciato che circa il 41 per cento del suo personale resterà a casa, mentre i Centers for Disease Control and Prevention hanno sospeso gran parte delle attività di comunicazione e ricerca. Il National Institutes of Health limiterà in modo drastico le attività non considerate urgenti, e la Food and Drug Administration continuerà solo le funzioni ritenute critiche. Anche l’Agenzia delle entrate ha bloccato gran parte delle pratiche fiscali, con inevitabili rallentamenti per cittadini e imprese. Nei trasporti, circa 11mila dipendenti della Federal Aviation Administration non lavorano, mentre i 13mila controllori di volo continueranno a garantire la sicurezza ma senza stipendio immediato. La stessa sorte toccherà a centinaia di migliaia di lavoratori essenziali in altri settori, dalle forze armate ai servizi di sicurezza, obbligati a rimanere in servizio senza retribuzione fino alla fine dello shutdown. Per i parchi nazionali la Casa Bianca ha cercato di mantenere aperte molte aree grazie alle entrate derivanti dai biglietti, ma in diversi casi i centri visitatori e i servizi ai turisti resteranno chiusi. I programmi di assistenza alimentare rischiano sospensioni, mentre Medicare e Medicaid, finanziati attraverso stanziamenti obbligatori, continueranno a funzionare ma senza fondi aggiuntivi per affrontare emergenze. Secondo le stime del Congressional Budget Office, fino a 750mila lavoratori federali potrebbero essere coinvolti, e il costo economico dello shutdown supererà i 400 milioni di dollari al giorno. Trump ricatta l’America con l’arma dello shutdown. «Via le agenzie sgradite» Il nodo della sanità Dietro a questo blocco non c’è un problema tecnico di bilancio, ma una contesa politica sul nodo più delicato: la sanità. La maggioranza repubblicana alla Camera aveva approvato a metà settembre una legge temporanea per garantire i fondi fino a novembre, ma senza includere misure sui sussidi per l’Affordable Care Act e senza correggere i tagli al Medicaid decisi negli ultimi mesi. I democratici hanno risposto con una proposta alternativa che ripristinava i crediti fiscali per la sanità e cancellava le riduzioni di spesa, ma la misura si è arenata in Senato. Nell’ultima riunione alla Casa Bianca, i democratici hanno chiesto che i correttivi sulla sanità fossero inseriti subito nel bilancio. I repubblicani, spinti dalla linea dura della leadership, hanno ribadito che se ne sarebbe potuto discutere solo dopo aver approvato il finanziamento del governo, non prima. Lo stallo si è trascinato fino alla scadenza, e il risultato è stato la chiusura delle attività federali. Il presidente Donald Trump ha accusato i democratici di voler «chiudere il paese» per finanziare programmi sanitari, compresi – a suo dire – benefici estesi agli immigrati irregolari. «Vogliono dare assistenza sanitaria completa a chi arriva illegalmente», ha dichiarato, ribadendo che la responsabilità dello shutdown non è della destra. Il vicepresidente JD Vance ha parlato di «risorse massicce destinate agli immigrati mentre gli americani faticano a pagare le spese mediche», e lo speaker della Camera, Mike Johnson, sostiene che i democratici hanno «messo per iscritto» la richiesta di copertura sanitaria per gli irregolari come condizione per sbloccare la situazione. Ma nella bozza depositata dai democratici al Senato non c’è traccia di questa condizione. I democratici hanno respinto con forza queste accuse, definendole «false e strumentali», e hanno ribadito che le loro misure sono rivolte ai cittadini americani e agli immigrati regolari. Alcuni senatori repubblicani moderati, pur allineati al partito, hanno espresso preoccupazione per gli effetti politici di questa posizione: senza i crediti sulla sanità milioni di famiglie rischiano un aumento immediato dei premi assicurativi, con inevitabili ricadute sulla popolarità del partito in vista delle elezioni di midterm del prossimo anno. Se la democrazia va in shutdown: gli Usa sono “rotti” Tagli irreversibili Trump ha colto l’occasione per rilanciare l’idea di tagli «irreversibili» ai programmi sociali, compresi quelli sanitari, se i democratici non accettano una riforma radicale. È il segnale di come lo scontro non sia solo su cifre e stanziamenti, ma su due visioni opposte del welfare: da un lato chi difende i sussidi sanitari come diritto sociale, dall’altro chi li considera un fardello per la spesa pubblica. In un certo senso, l’amministrazione sembra voler cogliere l’occasione dello shutdown per completare il lavoro di radicale snellimento della burocrazia federale iniziato da Doge, l’agenzia per la razionalizzazione delle spese. Le parti giocano a scaricarsi addosso le colpe. I democratici accusano Trump e la sua maggioranza di avere deliberatamente innescato la crisi per forzare la mano sulla sanità; i repubblicani ribaltano l’accusa e parlano di una sinistra pronta a sacrificare il funzionamento dello Stato per difendere «sussidi insostenibili». Intanto lo shutdown produce effetti concreti, quotidiani e misurabili, mentre l’America resta bloccata da uno scontro ideologico che sembra lontano da una soluzione rapida. Le evidenze si accumulano, non si può più ignorarlo: Donald Trump è un tiranno