Si è parlato molto di commercio internazionale durante il mandato presidenziale di Donald Trump. Il presidente americano aveva da inserito tra le priorità della sua agenda politica una serie di cambiamenti nella posizione americana: la revisione dell’accordo Nafta, la riduzione del deficit commerciale con la Cina, il rigetto del tradizionale sostegno americano al multilateralismo nei negoziati commerciali.

Dopo quattro anni di presidenza Trump, la posizione degli Stati Uniti è effettivamente cambiata, ma sostenere che Donald Trump ha mantenuto le sue promesse è difficile.

L’accordo Nafta è stato rinegoziato e rinominato accordo Usmca, ma il suo contenuto non è così diverso e si sono aggiunte alcune clausole che rendono più complessa l’attività di molte imprese americane.

Il disavanzo commerciale con la Cina non si è ridotto, perché l’aumento dei dazi voluto da Trump e le tensioni commerciali hanno penalizzato le esportazioni americane verso il paese asiatico più di quanto abbiano ridotto le importazioni.

L’effetto più rilevante è il crescente isolamento in cui si sono trovati gli Stati Uniti in ogni negoziato, perdendo il ruolo centrale rivestito dal secondo dopoguerra. Le guerre commerciali sono costose ed è difficile ottenere i risultati voluti.

Nonostante gli scarsi successi ottenuti, sarebbe però illusorio pensare che se Trump dovesse vincere un secondo mandato, ci sarà un riorientamento delle politiche commerciali americane verso maggiori aperture, ma piuttosto il contrario.

Durante il suo primo mandato, gli impulsi protezionistici di Trump sono stati in parte moderati dalla sua squadra di consiglieri, divisa tra un gruppo più istituzionale e pro-commercio e una fazione più protezionista. Un risultato è stato che, in particolare durante i primi anni, la retorica commerciale di Trump ha superato di gran lunga i cambiamenti effettivi.

Molti dei consiglieri e funzionari che hanno frenato il protezionismo di Trump hanno però lasciato l'incarico, spostando l'equilibrio a favore di opzioni politiche più radicali. Questa dinamica si potrebbe estenderebbe durante un secondo mandato, il che suggerisce che la seconda amministrazione Trump potrebbe essere più propensa a portare avanti alcune delle sue idee più estreme, come il ritiro dall'Organizzazione mondiale del Commercio (Omc), e provocare ulteriori guerre commerciali anche con alleati come Europa, Canada, Messico e Giappone.

Neppure con l’elezione di Joe Biden a presidente sarebbe corretto aspettarsi una completa inversione di rotta. Se Biden vincesse, probabilmente cercherà di ridurre alcune delle spinte più protezionistiche introdotte da Trump, cercando di migliorare le relazioni commerciali con gli alleati in Nord America e in Europa e di lavorare attraverso canali consolidati come l’Omc.

Per gli Stati Uniti, la posizione tenuta in passato in ambito commerciale non sembra riacquistabile, sia per il mutato scenario internazionale, sia per problemi interni.

Già le ultime amministrazioni americane sono apparse meno propense ad assumere il ruolo di guida del multilateralismo e degli interessi globali, ruolo comunque divenuto più complesso con l’emergere di più paesi importanti con posizioni contrapposte non facilmente ricomponibili. Biden non sembra dare indicazioni di voler tornare indietro su questo.

Sul fronte interno, il partito Democratico che appoggia Biden, tradizionalmente ha posizioni meno favorevoli al libero scambio rispetto ai Repubblicani, e non spinge per maggiori aperture internazionali.

Diversi consulenti di politica commerciale di parte Democratica hanno suggerito a Biden che dovrebbe non ascoltare le pressioni di gruppi di interesse favorevoli al commercio internazionale, e che la politica commerciale di Biden dovrebbe dare maggiore enfasi alle preoccupazioni legate al lavoro e all'ambiente rispetto alle precedenti amministrazioni.

Molte parti della società americana sono preoccupate delle politiche cinesi, e quindi nessuna nuova amministrazione potrà permettersi atteggiamenti morbidi nei confronti della Cina. Biden ha criticato aspramente i dazi di Trump sulla Cina, ma non è chiaro se la sua amministrazione li manterrebbe o meno.

Sembra dunque che indipendentemente dall’esito elettorale, gli Stati Uniti siano propensi ad abdicare dal ruolo di sorvegliante delle regole globali sul commercio internazionale che hanno avuto per lungo tempo, e anche un eventuale mutato atteggiamento, sicuramente desiderabile, non implica necessariamente maggiori grandi aperture.

Per l’Unione europea, che ha un grande interesse ad avere un funzionamento ordinato dei mercati internazionali, questo scenario potrebbe porre qualche problema.

In questo frangente però l’Ue potrebbe cogliere questa occasione per avere un maggiore attivismo nei mercati mondiali e assumere lei l’importante ruolo di difensore del multilateralismo e del sistema di regole.

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