Le truppe paramilitari di supporto rapido hanno appena comunicato su Twitter di una nuova tregua di 24 ore a partire dalle 18:00 di stasera, auspicandosi che venga rispettata dalla parte avversa.

L’ultima, sempre di 24 ore, iniziata ieri alle 18:00 tra l’esercito sudanese e il gruppo paramilitare delle Forze di supporto rapido (Rsf), mediata dal segretario di Stato americano Antony Blinken, era stata violata già dalle prime ore dell’alba.

Come riportato da Sky News Arabiya, dopo sporadici colpi di arma da fuoco durante la notte, questa mattina è stata udita una forte esplosione nei pressi dell’aeroporto di Khartoum e testimoni oculari hanno riferito che l’aviazione avrebbe colpito il comando generale dell’esercito, uffici delle forze paramilitari, il popoloso quartiere di Amarat e la vicina città di Omdurman. Tra i feriti il capo dell’agenzia umanitaria Echo, direzione generale della Commisione europea che si occupa di fornire assistenza alle popolazioni vittime di conflitti o calamità naturali, come confermato dall’Unione europea.

Il capo delle Rsf Mohammed Hamdan Dagalo e l’omologo dell’esercito sudanese Abdel-Fattah Burhan si sono accusati a vicenda di aver violato per primi il cessate il fuoco, ma già da ieri le informazioni sulla tregua erano discordanti, almeno all’inizio.

Dichiarazioni incoerenti

In un post su Facebook della mattinata di ieri l’Ufficio del portavoce delle forze armate sudanesi affermava di non essere a conoscenza di alcun coordinamento con i mediatori e la comunità internazionale su una tregua. Soprattutto perché secondo le loro informazioni l’Rsf stava mobilitando forze da Nyala, El Fasher, El Geneina e Tina da aggiungere alle fila già presenti a Khartoum.

Intorno alle 13 è stato poi confermato da entrambe le parti il cessate il fuoco che sarebbe dovuto partire nel tardo pomeriggio. Questa mattina l’esercito sudanese ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che l’attacco subito al quartier generale è stato respinto. In contraddizione con quanto dichiarato ieri dalle Rsf, che hanno rivendicato di aver preso il controllo sia del comando generale delle Forze armate sudanesi (Saf) sia del palazzo presidenziale di Khartum

Emergenza umanitaria

AP

Nel frattempo, il sindacato dei medici ha denunciato sul suo account Facebook che nella capitale e nelle zone limitrofe 39 ospedali su 59 sono fuori uso. Dei restanti venti, alcuni sono solo parzialmente attivi e prestano solo servizi di primo soccorso a causa di mancanza di personale medico, acqua, corrente elettrica e forniture mediche. I medici hanno denunciato anche attacchi alle ambulanze «alle quali non è permesso di trasportare pazienti e consegnare aiuti».

La Croce rossa aggiunge che la situazione umanitaria è molto grave. Le persone non hanno accesso a cibo e medicine. Alcune sono bloccate all’aeroporto o nei mercati e in molte parti della città mancano acqua ed elettricità. Perfino le organizzazioni umanitarie «non sono in grado di muoversi facilmente».

L’influenza dei paesi vicini

In questa situazione, i paesi limitrofi sono stati tirati in ballo dai due comandanti. Le forze di supporto rapido accusano l’Egitto di sostenere l’esercito, mentre dal Cairo dicono che due paesi vicini, uno dei quali confina a ovest con il Sudan sostengono le Rsf.

Del resto, l’esercito sudanese è stato addestrato in Egitto e spesso ha assunto posizioni vicine al paese nord africano nell’opposizione alla diga costruita dall’Etiopia sul Nilo Azzurro (Gerd), nella regione Benishangul-Gumuz, al confine con il Sudan. Lo stesso Egitto ha confermato la presenza di propri militari e caccia in Sudan, motivandola però con un’esercitazione in programma con la controparte sudanese. Nei primi giorni degli scontri, infatti, le forze paramilitari hanno diffuso un video che mostravano militari egiziani arrestati nella base di Merowe, nel nord del Sudan.

Dagalo, invece, può contare su rapporti amichevoli negli Emirati Arabi Uniti, in Libia – dove ha combattuto al fianco del generale Khalifa Haftar – in Arabia Saudita – essendo stato inviato con le Rsf in Yemen contro il gruppo sciita Houthi – e infine anche con alcune fazioni del Ciad. Il gruppo di Dagalo è stato persino usato in passato come guardia di frontiera per impedire ai migranti di raggiungere Libia ed Egitto, da dove poi tentare la traversata verso l’Europa.

Tra le due fazioni cercherà la mediazione anche una delegazione dell’Unione africana che è attesa oggi nella capitale sudanese.

Una tregua necessaria

Nelle intenzioni del segretario di Stato americano la tregua avrebbe dovuto portare a tavoli di negoziazione. Molte altre nazioni sperano in una nuova pausa dai combattimenti, questa volta osservata, per poter mettere in salvo i propri cittadini, come la Germania, che oggi ha dovuto annullare la missione di evacuazione di circa 150 cittadini tedeschi a causa della ripresa delle ostilità. I negoziati sperati da Blinken però sembrano farsi sempre più lontani.

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