Sono passati poco più di due mesi dal verdetto della Corte Suprema svedese che ha annullato la decisione della polizia di vietare di bruciare il Corano in pubblico. Una scelta, quella dei giudici, che aveva fatto discutere all’epoca e che ha permesso ieri di bruciare il testo sacro musulmano fuori dalla moschea di Soedermalm, a Stoccolma, nel giorno in cui i fedeli festeggiano l’Aid al Adha (la festa del Sacrificio).

La polizia locale ha accolto la richiesta di un cittadino che ha presentato la domanda per manifestare il suo dissenso. «Voglio esprimere la mia opinione sul Corano: lo strapperò e lo brucerò», ha scritto nella richiesta indirizzata alle autorità locali. Una manifestazione «intesa come una critica al Corano e alla legge della Sharia, che considera una minaccia per la democrazia e che non ha nulla a che fare con il processo Nato della Svezia».

La polizia si è adeguata alla sentenza della Corte suprema e ha accordato il permesso all’uomo, di cui l’identità è ancora ignota, ricordando che in contea è vietato appiccare incendi. Sul posto era presente un nutrito contingente di forze di polizia che hanno fermato un uomo che ha provato a tirare pietre contro l’organizzatore della manifestazione.

Lo scorso febbraio la polizia aveva negato una richiesta simile per evitare problemi di ordine pubblico e alimentare una violenta rappresaglia o il rischio di pianificazione di attentati terroristici. Come prevedibile, la notizia ha suscitato polemiche che sono state amplificate soprattutto dal tempismo del gesto che avviene durante la festività islamica. Expressen ha chiesto spiegazioni alle autorità locali: «È vero che c’è un divieto di fuoco – hanno risposto – Ma la protezione costituzionale della libertà di parola va oltre».

Da dove parte la storia

Lo scorso gennaio il giornalista provocatore legato all’estrema destra, Rasmus Paludan, ha bruciato una copia del Corano vicino l’ambasciata turca a Stoccoloma. Nei giorni seguenti sono emersi legami tra Paludan e i media russi che perseguono gli interessi del Cremlino. Quel gesto estremo aveva in realtà un obiettivo chiaro: destabilizzare gli equilibri interni alla Nato e fermare l’adesione della Svezia all’alleanza atlantica. «Coloro che consentono tale blasfemia davanti alla nostra ambasciata non possono più aspettarsi il nostro sostegno per la loro adesione alla Nato», aveva detto il presidente turco. A quel gesto ha fatto seguito un appello internazionale diffuso da siti e account legati al mondo dell’estremismo islamista che incitava a una vendetta per il rogo della sacra scrittura. Nei giorni successivi, infatti, i servizi segreti svedesi ha arrestato cinque persone sospettate di pianificare un attentato terroristico di risposta. A poche settimana di distanza dalla manifestazione di Paludan la Corte suprema svedese ha deciso che «i rischi per la sicurezza e bruciare il Corano non sono collegabili». Nella sentenza che tutela la libertà di espressione si legge: «Secondo la normativa vigente, la base per una decisione di rigetto di una domanda di raduno pubblico non è possibile. L’autorità di polizia dà quindi il permesso alla manifestazione».

Questioni politiche

Questa storia chiama in causa diverse questioni politiche che si intrecciano tra di loro: l’islamofobia crescente nel paese, l’avanzata dell’estrema destra dopo le elezioni di settembre, le influenze russe in Svezia e, infine, il veto posto dal presidente turco all’entrata nella Nato per via della protezione dei curdi presenti nel paese. 

Al momento sono in corso le trattative tra le delegazioni dei due paesi, ma la situazione è in una fase di stallo. Diversa la situazione per la Finlandia che ha fatto richiesta di adesione insieme alla Svezia ed è entrata nella Nato lo scorso 4 aprile. L’ultimo incontro tra le delegazioni di Turchia e Svezia si è tenuto lo scorso 18 giugno ma si è risolta in un nulla di fatto. Ora, alla questione curda, si somma lo scontro religioso.

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