Il movimento pro democrazia thailandese ha organizzato nuove proteste dopo che la Corte costituzionale ha bocciato all’unanimità un ricorso presentato dalle forze di opposizione. L’accusa mossa al premier, Prayut Chan-o-cha, è  di essere in conflitto di interesse in quanto residente in una casa militare pur non essendo più membro dell’esercito dal 2014, anno del colpo di stato che lo ho portato al potere. Se il ricorso fosse stato accolto, il premier sarebbe stato costretto a dimettersi. Secondo gli attivisti, la decisione della Corte non è «sorprendente» visto che da tempo gli oppositori accusano il massimo organo giudiziario del paese di essere asservito al governo. Da mesi i manifestanti organizzano cortei  per chiedere l’introduzione di nuove riforme democratiche.

Tra papere e sfilate

Anche nelle proteste dopo la sentenza della Corte costituzioni gli attivisti hanno usato le ormai immancabili papere giganti che sono diventate uno dei simboli del movimento. Inizialmente i gonfiabili erano stati portati dai manifestanti durante una manifestazioni fuori dal parlamento come segno ironico di protesta. Le papere giganti si erano però rivelate di vitale importanza per i manifestanti dopo che la polizia aveva usato gli idranti e i lacrimogeni contro la folla. Gli attivisti avevano infatti utilizzato i gonfiabili per difendersi dalle forze dell’ordine. Da quel momento in poi i volatili sono diventati le mascotte della proteste tanto che diversi cartelli durante i corte invitano i poliziotti a non usare «violenza sugli esseri umani e sulle papere». Non è la prima volta che l’opposizione thailandese utilizza l’ironia come arma per sostenere le proprie idee.

 (AP Photo/Gemunu Amarasinghe)

A fine ottobre i dimostranti avevano organizzato una sfilata con tanto di tappeto rosso per irridere quella organizzata nel palazzo reale dalla principessa, Sirivannavari Nariratana, figlia del re Maha Vajiralongkorn. Anche la famiglia reale è nel mirino delle proteste perchè accusata di detenere troppo potere e di essere in possesso di una ricchezza spropositata rispetto a quella del paese. Una delle istanze portate avanti dai manifestanti è inoltre l’abolizione del reato di lesa maestà che prevede la condanna fino a quindici anni di carcere per chi critica il sovrano. Proprio per questa accusa cinque leader delle proteste sono stati incriminati il 30 novembre da un tribunale thailandese.

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