«Ciao Bernie, volevo solo dirti ciao». Così molti americani hanno conosciuto il miliardario californiano Tom Steyer. Quando la tua campagna presidenziale 2020 si fa notare solo per esserti inserito in un battibecco a margine di un dibattito, vuol dire che è andata male.

A rafforzare l’idea di sconfitta ci sono anche i soldi spesi per ottenere ogni singolo voto: circa 75mila per 253 milioni spesi, quasi tutti provenienti dai suoi fondi personali. In pratica è come se avesse pagato 3.373 dollari per ottenere ogni voto. Uno scambio lussuoso.

Tom Steyer non è evidentemente tagliato per la politica attiva. Il suo ruolo è quello che aveva prima di allora e ha recuperato adesso, di megafinanziatore delle cause vicine al Partito democratico e ai progressisti, in primis il cambiamento climatico.

Due conversioni

Classe 1957 e nativo di New York, nella vita Steyer ha avuto due conversioni, per così dire.

Proveniente da una famiglia sostanzialmente irreligiosa, poco prima dei quarant’anni sostiene di aver aver avuto una “rivelazione” che l’ha portato ad essere più coinvolto nelle attività della chiesa episcopaliana.

Questo avrebbe spinto una vocazione politica che, dato il suo background professionale, avrebbe potuto prendere ben altre direzioni. Master alla Business School di Stanford, esperienze a Morgan Stanley e Goldman Sachs prima di fondare all’età di 29 anni il fondo Farallon Capital.

La sua ricetta: puntare su asset ad alto rischio per realizzare guadagni su mercati instabili. Una strategia molto rischiosa che ha portato il fondo a gestire 20 miliardi nell’ottobre 2012, quando Steyer si dimise per focalizzarsi sulle fonti rinnovabili d’energia.

Avrebbe potuto diventare anche lui l’ennesimo finanziatore repubblicano e il fatto che Farallon fosse di stanza a San Francisco non deve far pensare che non avesse scelta: il tribuno nazionalpopulista di Fox News, Tucker Carlson, è nativo della città.

Steyer non ha però abbandonato subito gli investimenti in fonti inquinanti: questo è quello che ha dichiarato alla stampa per rafforzare la sua immagine di “miliardario verde”.

In realtà, secondo un’inchiesta del New York Times, i finanziamenti erogati tramite Farallon a soggetti inquinanti si estendono fino al 2030. Non solo: nel 2016 venne scoperto da un’inchiesta di Politico che nel periodo nel quale aveva guidato il fondo, Steyer avrebbe investito nel settore delle prigioni private, e questo risulterebbe anche dalle analisi fatti dalla Sec, l’agenzia delle entrate americana: Farallon ha acquisito il 5,5 per cento delle azioni di Corrections Corporation America, una grande società del settore.

La convention democratica

Questi elementi sono però emersi dopo che si era guadagnato un palco da cui parlare alla convention democratica del 2012, dal quale ha accusato il candidati repubblicano, Mitt Romney, di voler aumentare la dipendenza da combustibili fossili.

Al contrario, con le energie rinnovabili si sarebbero potuti creare migliaia di posti di lavoro. Questa concezione da un lato ha fornito una prima base ideologica per il piano bideniano Build Back Better, che mira a inserire la questione climatica negli interventi infrastrutturali.

Ma dall’altro ha anche posto le basi per la preoccupazione costante di quell’America fondata sul carbone che sarebbe stata conquistata alla causa di Donald Trump nel 2016.

Il passo successivo è stato quello, abbastanza scontato, di fondare nel 2013 un SuperPac dedicato integralmente al cambiamento climatico, NextGen America, con cui finanziare campagne e candidati attenti al tema ambientale.

A cominciare dall’elezione speciale in Massachusetts per sostituire John Kerry al Senato, dove ha sostenuto il progressista Ed Markey contro il moderato Stephen Lynch, versandogli 1 milione  e 800mila dollari, finanziando gli spot televisivi e addirittura pagando un aereo perché passasse sopra lo stadio di baseball dei Boston Red Sox durante una partita perché tutti vedessero lo striscione “Stephen Lynch per il malvagio impero del petrolio”. Una scelta non proprio ecosostenibile, ma per la causa questo e altro.

Markey sarebbe diventato poi il principale alleato al Senato dei progressisti radicali della Camera, tanto da essere lui il cofirmatario del Green New Deal presentato negli anni di Trump: inapprovabile all’epoca ma utile per indicare delle priorità al partito che sarebbero state raccolte in seguito. Un successo notevole.

I fallimenti

Lo stesso non si può dire delle elezioni di midterm del 2014: nonostante l’ingente spesa di 67 milioni di dollari, soltanto il 40 per cento dei candidati da lui sostenuti in tutto il paese (tre deputati californiani, il governatore della Pennsylvania e due senatori in Michigan e New Hampshire).

Molto poco, ma quei due senatori sono ancora oggi due pilastri della fragile maggioranza democratica nel ramo alto del Congresso.

Ma le altre competizioni sono state un disastro: un esempio è quello Rick Scott, governatore della Florida e minimizzatore del cambiamento climatico che è rimasto al suo posto nel 2014 con un margine di 60mila voti. Nonostante che, nelle parole di Steyer, la Florida fosse al centro del cambiamento climatico.

Forse non ha aiutato nemmeno il fatto che anche il candidato dei democratici, l’ex governatore Charlie Crist, da governatore del Sunshine State aveva fatto ben poco per il clima, avendo occupato quella carica da repubblicano.

Ma non c’è solo il clima negli interessi del miliardario verde: nell’ottobre 2017, quando Trump era stato eletto da poco, lanciò la campagna “Need to Impeach” per favorire la rimozione del presidente con accuse multiple, tra cui quello di aver ostruito indagini federali, aver preso soldi da potenze straniere e aver minacciato di chiudere i media ostili.

Come testimonial negli spot della campagna ha scelto un cittadino rappresentativo: sé stesso. Trump gli ha risposto su Twitter chiamandolo «uno squinternato totalmente fuori controllo».

Si arriva così alle presidenziali del 2020. Abbiamo già parlato dei soldi spesi: è arrivato settimo ai caucus dell’Iowa e sesto in New Hampshire, dove spese più di chiunque altro, compreso l’altro miliardario Michael Bloomberg.

E anche se si è sempre detto contrario alla sentenza Citizen United del 2010, che ha abolito i tetti ai fondi elettorali, ha risposto a chi lo critica dicendo che ne ha fatto ampio uso da allora: il clima è un’emergenza che va affrontata con qualsiasi mezzo.

Perché il prezzo per l’inazione è troppo alto. Anche se, finora, i suoi soldi non si possono certo definire ben spesi, pur avendo anticipato un trend ambientalista che sarebbe diventato un pilastro della nuova amministrazione Biden.

Steyer di sicuro non si fermerà qui. Lo dice anche il suo gusto per le cravatte: sempre con una fantasia di tartan scozzese. Dice che «bisogna vestirsi come se affrontassimo un combattimento», per sopportare anche dure sconfitte momentanee ad opera delle giubbe rosse di turno.

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