Come si spiega che la corte suprema americana sia a maggioranza cattolica? Cosa ha spinto JD Vance a convertirsi al cattolicesimo? Cos’è accaduto negli Usa da portare il cattolicesimo in vetta al potere? Il percorso della chiesa cattolica americana è stato lungo e irto di ostacoli: per molti decenni considerata “straniera” e invisa alle autorità, solo in un secondo momento è diventata accettabile.

Più recentemente ha dovuto attraversare la questione degli abusi (ancora aperta) ed è stata coinvolta nella “culture war” americana che ha diviso la società e la politica su questioni come l’aborto e i valori cosiddetti non negoziabili, dei quali si è fatta paladina. Oggi subisce la medesima polarizzazione in atto in tutta società americana.

Alle estreme ecclesiali si trovano i progressisti radicali, post clericali e post istituzionali; dalla parte opposta una chiesa che si vuole disfare delle influenze del concilio Vaticano II. Tra questi due poli sta nascendo un prodotto ibrido, molto americano, dove si configura un mix di tradizione culturalista e di anti-liberismo, senza eliminare del tutto un vago progressismo individualista. Sono i nazional-conservatori cattolici alla Vance. L’anima della maggioranza protestante americana trasformata dai neoevangelicali (il cui personaggio più influente è stato Bill Graham) ha visto numerose chiese protestanti storiche trasformarsi sotto l’impeto pentecostale.

Con il tempo megachurches e telepredicatori hanno mutato il volto religioso dell’America, disseminandola di originali denominazioni tramite un’ondata di effervescenza religiosa in tutto simile alla rinascita religiosa del secolo precedente. Negli anni Dieci e Venti del XX° secolo infatti, gli Stati Uniti furono attraversati da una marea di fervore religioso (una rinascita born again) che produsse molte nuove sigle, senza attecchire in area cattolica. Nell’attuale fase storica il Covid ha in parte frenato tale ultima forma di espressionismo religioso e oggi molte strutture mega sono in dismissione mentre i fedeli preferiscono collegarsi online.

Troppa fluidità 

Si tratta di una terza fase che andrebbe approfondita, ma ciò che interessa qui analizzare è che questa volta anche la chiesa cattolica è stata coinvolta. Il fatto è stato che la parte nazional-conservatrice dei repubblicani Usa non era soddisfatta, constatando come l’universo neoevangelicale (egemonico da Reagan a Bush jr) fosse diventato troppo eterogeneo e fluido, polverizzato e poco strutturato.

E soprattutto troppo filo-globalizzazione, cosa che i nazionalisti contestano. Se la teologia della prosperità è legata al mondo della globalizzazione, non lo è altrettanto alla visione dei nazional-conservatori odierni che tendono a tornare a forme di socialità religiosa più solide, a valori tradizionale comunitari e identitari e a modelli economici più autarchici (vedi i dazi).

In tale versione la prosperità è intesa soprattutto come comunitaria e nazionale, perché «anche le merci straniere sono una minaccia», come scrive Veronica De Romanis. In termini religiosi per costoro c’era bisogno di istituzioni strutturanti che producessero una nuova cultura religiosa tramite intellettuali organici: insomma occorreva creare un tipo di «partito cristiano americano». Cosa di meglio se non usare la chiesa cattolica americana, provvista di circa 200 università e invidiabili centri teologici e culturali, riviste e giornali?

Era però necessario trasformarla dal di dentro e, in altre parole, infiltrarla per conquistarla. Tali nazional-conservatori neocattolici sono diversi dai loro predecessori neocristiani di marca evangelicale: amano san Tommaso d’Aquino e la chiesa cattolica preconciliare, forte e ben strutturata. Come scorgiamo nelle parole di JD Vance, sono alla ricerca di valori forti che ridiano all’America il suo spirito di nazione «under God». Sanno di dover fare anche i conti con una forte secolarizzazione sociale.

Il passaggio identitario

Per questo il passaggio identitario è fondamentale: permette di sentire l’appartenenza senza una pratica costante. JD Vance diventa cattolico dopo essere stato un cristiano non-denominazionale. I cristiani non affiliati (detti nones) in America sono sempre di più (il 28 per cento, come ad esempio gli Obama).

La famiglia Vance è di confessione protestante, ma lui ha superato i pregiudizi tipici degli americani contro i cattolici: per il vicepresidente la chiesa cattolica – come istituzione - è la soluzione ai problemi americani e considera l’impatto cattolico sulla cultura e sulla politica degli Stati Uniti, maggiore di quello delle varie famiglie protestanti, ormai troppo divise, leggere e fluide.

Come scrive il politologo francese Olivier Roy, specialista del rapporto tra religioni e politica, tale cattolicesimo «appare più strutturante dell’evangelicalismo sul piano delle istituzioni e della filosofia politica, anche se la base dei valori è la stessa». Vance preferisce un certo grado di populismo e di isolazionismo restrainer (cioè moderato) al neoliberismo globalizzante dei neoconservatori dell’epoca Bush.

La benedizione di Trump

La scena della “benedizione” di Donald Trump da una piccola folla mista di responsabili religiosi – sorvegliati da Paula White - gli piace fino ad un certo punto. Preferisce un nuovo format di cattolicesimo post o anti liberale che esprima solennità e potere reale. L’America Maga, che vuole farsi di nuovo grande, necessita di una religiosità più strutturata. Per il vicepresidente abbracciare la chiesa cattolica è stata una forma di dissenso culturale contro il liberalismo globalizzante.

Secondo Massimo Faggioli (in Da Dio a Trump, editore Scholé) si tratta della stessa idea di un altro neo-cattolico, il famoso scrittore Walker Percy, che ha scritto: «L’uomo moderno ha davanti a sé due opzioni: Roma o la California».

Ovviamente si tratta dell’uomo americano bianco. Si può osservare come sia avvenuta una sorta di sovrapposizione e scambio tra il cattolicesimo americano e l’evangelicalismo, mediante una penetrazione della cultura della destra nazional-religiosa in ambito cattolico anche dal punto di vista teologico: letteralismo e fondamentalismo biblico, con il prevalere del registro emotivo sull’analisi critica.

Come scrive Faggioli, «la triade dottrina-vita-culto del cattolicesimo Usa è oggi un misto di dimenticanza e rigetto del Vaticano II, di trionfalismo devozionale e intimista, di revival carismatico-pentecostale e di culto dell’entertainment emotivo di cui è adepto anche il progressismo teologico inclusivo».

È nato cioè una sorta di «tradizionalismo globalizzato di marca etno-culturalista». I progressisti cattolici americani si sono persi andando in tutt’altra direzione: dalla «opzione preferenziale per i poveri» alla «opzione preferenziale per la diversità», dove si mescolano progressismo evanescente a nativismo teologico e liturgico. 

Una doppia crisi

La questione cristiana in America oggi è dunque assieme una crisi del cattolicesimo progressista e del protestantesimo storico. La prima conseguenza è stata l’incremento della non-affiliazione, come rifiuto delle culture wars dei decenni passati (ancora in corso). Il secondo effetto è l’apparizione dei nazional-conservatori di marca cattolica. Riempire il vuoto con istituzioni rassicuranti rappresenta un modo per rispondere alla ricerca di senso e dare ai tanti io dispersi un’identità.

Papa Francesco non poteva piacere a costoro perché superava le istituzioni con la “chiesa in uscita”, sottolineando la carità piuttosto che la norma, l’universalismo anziché l’identitarismo. Da qui la polemica con Vance sull’ordo amoris con la lettera ai vescovi americani di Francesco. Lentamente distinguendosi dalla chiesa di Roma (ma senza rompere ovviamente) i cattolici americani nazional-conservatori hanno prodotto una specie di privatizzazione della fede che ha convinto anche molti prelati: restare dentro l’istituzione ma viverla a modo proprio, producendo una propria cultura teologico-religiosa.

In questo modo il cattolicesimo americano sta abbandonando la sua classica espressione etnica (irlandesi, italiani, latinos e via dicendo) per diventare un cattolicesimo culturale identitario in senso nazional-conservatore. È con questa chiesa e con vescovi influenzati da tale idee che il prossimo papa dovrà fare i conti.

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