L’Iran «ha tipo concordato» sui «termini» dell’accordo nucleare, ha detto Donald Trump dal Qatar. E lo ha detto anche in un altro modo: «Penso che ci stiamo avvicinando forse a concludere un accordo», senza dover ricorrere alla forza. Ha detto che non si alzerà «polvere nucleare», che non è chiaro cosa voglia dire ma allude ai possibili danni ambientali che sarebbero causati da un eventuale attacco alle installazioni nucleari iraniane.

Il solito Donald

Lo stile comunicativo del presidente è il solito: annunci di svolte epocali che poi, quando si va a leggere la parte scritta in piccolo, sono pieni di “forse”, di “vedremo”, di “stiamo andando verso”, di condizioni ancora da discutere. In questo caso, l’annuncio di Trump significa che domenica scorsa, dopo giorni di trattative in Oman, la delegazione iraniana guidata dal ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, ha accettato di riportare a Teheran la proposta formulata da Steve Witkoff, nell’ambito della ripresa dei negoziati dopo che Trump aveva fatto saltare l’accordo raggiunto da Obama nel 2015.

Dopo l’ultimo meeting fra delegazioni un funzionario americano ha detto che «è stato trovato un accordo per continuare a discutere dei dettagli tecnici» e il prossimo incontri avverrà «nel prossimo futuro». Il ministro iraniano si è limitato a definire la discussione «difficile ma utile».

La formulazione non coincide esattamente con quella di Trump, per usare un eufemismo. Il presidente ha chiarito ancora una volta che cosa vuole dall’Iran: «Voglio che abbiano successo e finiscano per diventare un grande paese. Ma non possono avere armi nucleari. È davvero semplice. Non è che devo darvi 30 pagine di dettagli. Basta una frase: non possono avere armi nucleari». La questione in realtà non è così semplice.

La proposta di Witkoff, che gli iraniani stanno valutando in attesa del prossimo incontro, prevede che il paese abbandoni completamente l’arricchimento dell’uranio per tre anni, in modo da costruire una base di fiducia. Scaduto il periodo di “prova” Teheran potrà tornare ad arricchire l’uranio al 3,75 per cento, livello compatibile soltanto con l’uso civile.

Incredibilmente, è lo stesso livello previsto dall’accordo siglato da Obama, che Trump ha stracciato indignato. E nel frattempo chi fornirà all’Iran l’uranio necessario per la produzione di energia a scopo civile? La Russia, naturalmente.

Cultura e affari

Trump è arrivato negli Emirati Arabi Uniti per l’ultima tappa della sua prima grande missione all’estero. Come in Arabia Saudita, è stato accolto con la scorta di jet militari in aria e i massimi onori a terra. Ad accoglierlo c’era il Presidente degli Emirati, Sheikh Mohammed bin Zayed Al Nahyan.

Trump ha poi visitato la maestosa Moschea Sheikh Zayed, una delle più grandi al mondo, dove ha elogiato «l’incredibile cultura» islamica, quella stessa cultura che aveva cercato di tenere fuori dagli Stati Uniti con il “muslim ban” del primo mandato.

La Casa Bianca ha anche comunicato che nella visita in Qatar, Trump ha firmato un imponente accordo economico con l’Emiro Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani. Il patto prevede uno scambio commerciale del valore minimo di 1.200 miliardi di dollari.

La visita arriva pochi giorni dopo l’offerta del Qatar di un aereo di lusso da 400 milioni di dollari da destinare a nuovo Air Force One, con la possibilità che diventi proprietà della fondazione presidenziale di Trump una volta terminato il suo mandato.

Oltre all’accordo principale, sono stati annunciati ulteriori accordi commerciali per un valore complessivo di 243,5 miliardi di dollari. Tra questi, un ordine di 160 aerei Boeing, contratti con aziende americane come McDermott, Parsons, Quantinuum, e una commessa da 1 miliardo per tecnologie anti-drone con Raytheon, la prima del genere in un paese straniero.

General Atomics ha inoltre siglato un accordo da 2 miliardi per la fornitura di droni. Un’ulteriore dichiarazione d’intenti potrebbe infine portare a investimenti per 38 miliardi nella base aerea di Al Udeid e in altre infrastrutture per la sicurezza aerea e marittima.

Stare sul mercato

In fondo era questo lo scopo ultimo della missione. Non soltanto fare affari, ma segnalare al mondo che lui è sul mercato, perché è nella coltivazione bilaterale del reciproco interesse, e non nelle fantasie democratiche di neoconservatori e ong liberali, la chiave per la costruzione di un nuovo assetto globale rispettoso delle differenze culturali, delle tradizioni, degli stili di vita. Arabia Saudita, Qatar ed Emirati hanno capito perfettamente, e non si sono lasciati sfuggire l’occasione per fare investimenti su Trump, l’asset per loro più redditizio sul mercato.

PS. Nel suo viaggio il presidente ha avuto anche modo per esporre nuovamente le sue idee su Gaza: «Sarei fiero di vedere gli Stati Uniti prendersi Gaza e trasformarla in una terra di libertà».

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