Si sa, le incriminazioni a carico dell’ex presidente americano Donald Trump sembrano fatte per infrangere tutti i precedenti possibili. Il caso riguardante gli scatoloni pieni di documenti presidenziali classificati nascosti nei bagni della sua residenza di Mar-a-Lago, sembrava già sufficientemente grave.

Infatti, l’ex presidente è accusato della sottrazione di documenti sensibili, un reato punibile secondo l’Espionage Act del 1917, una legge varata per colpire possibili agenti stranieri che potevano danneggiare l’America durante la Prima guerra mondiale.

Il procuratore speciale Jack Smith, invece, ha rincarato la dose per l’ex inquilino della Casa Bianca: ci sono anche accuse che riguardano la sottrazione di un piano di azione bellica in Iran, come risulta da una registrazione avvenuta nella prima metà del 2021, quando Trump partecipava a un’intervista da aggiungere a un memoir pubblicato dal suo ex capo di gabinetto Mark Meadows.

Di fronte ai giornalisti, il mese scorso, Trump aveva provato a minimizzare l’accaduto, affermando si trattava solo di «sbruffoneria» da parte sua. Ipotesi non presa in considerazione da Smith, che ha anche emesso un nuovo capo d’imputazione.

Secondo l’ipotesi accusatoria Trump avrebbe tentato di cancellare i filmati del circuito di sicurezza della sua residenza in Florida con l’aiuto del suo valletto personale Walt Nauta, senza peraltro riuscirci. Tecnicamente, si tratta di un caso di ostruzionismo della giustizia.

Una marea di problemi

Sembra poca cosa rispetto al processo riguardante il pagamento di Stormy Daniels nel 2016, fatto usando soldi sottratti irregolarmente alla Trump Organization. O al tentativo di rovesciare le elezioni presidenziali del 2020 a colpi di ricorsi azzardati e di tentativi insurrezionali. O, ancora, rispetto all’abuso di potere nei confronti del segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger, affinché trovasse «diecimila voti in più» per fargli vincere i grandi elettori in palio nello stato.

La presidenza Trump è finita da più di due anni, ma gli effetti si possono riverberare sulla campagna elettorale. Ma non sono i consensi a preoccupare l’ex presidente e lo staff della sua campagna: da inizio anno le varie incriminazioni gli hanno solo fatto bene. E al momento Trump appare quale incontrastato dominatore delle primarie presidenziali repubblicane.

Certo, servirà del tempo che per preparare una nuova efficace difesa. Tempo che peraltro dovrà essere sostenuto da un nuovo sforzo economico, anche se in genere non mancano mai piccoli donatori disposti a partecipare.

Insomma, per Trump ormai le aule di tribunale portano più consenso dei tradizionali comizi oceanici, anche perché rinforzano la sua narrazione di «perseguitato politico» da parte della «famiglia criminale di Joe Biden». Nemmeno gli avversari interni lo preoccupano, timorosi come sono di non offendere troppo i sostenitori viscerali dell’ex presidente, rendendo però quasi inutile il loro sforzo di distinguersi.

Fedeli alla linea

La credenza comune tra i repubblicani, dunque, è che la base di Trump, il cosiddetto “mondo Maga”, non lo abbandonerà in nessun caso, echeggiando quando detto dallo stesso ex presidente nella campagna elettorale del 2016: «Potrei sparare alla gente per strada senza perdere un solo voto».

Questo spiega perché Joe Biden stia organizzando, dal canto suo, una nuova strategia elettorale: non più soltanto attacchi personali nei confronti di Trump o troppo generici verso l’opposizione repubblicana, ma proprio verso «gli estremisti Maga».

La Casa Bianca, quindi, scommette che questa base nazional-conservatrice estremamente radicale sopravviverà a Trump, ma che esista ancora un pezzo di partito repubblicano “tradizionale” che mal sopporta quel mondo che gli è costato tre cicli elettorali nazionali nel 2018, 2020 e 2022. Una scommessa rischiosa che però può avere la sua efficacia. Specie nei confronti di un Trump tutt’altro che moderato, molto più estremo della “versione 2016”.

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