Dobbiamo aver paura delle minacce di Donald Trump di mettere dazi su tutti i paesi? Certamente sarebbe un danno per tutti, ma alla fine i più penalizzati potrebbero essere proprio gli Usa, i quali finirebbero per fare la stessa fine che ha fatto la Gran Bretagna dopo la Brexit, che paga un prezzo esorbitante per la sua pretesa di riconquistare una mal compresa autonomia nazionale.

Andiamo per ordine. Se Trump deciderà di mettere dazi selettivamente nei confronti di quei paesi a cui vuole chiedere compensazioni questo provocherà essenzialmente un grosso gioco di aggiramento per far arrivare negli Usa le stesse merci a costi aggiuntivi più bassi dei dazi imposti.

Già oggi è presumibile che gli importatori americani abbiano anticipato gli acquisti e abbiano i depositi pieni di merci che rischiano di essere sottoposte a dazi, come sempre avviene quando una misura è annunciata prima che venga imposta.

Ma poi ci si regolerà di conseguenza: le esportazioni dei paesi sanzionati prenderanno la strada verso qualche paese non sanzionato e raggiungeranno gli Usa comunque evitando i dazi, se questi saranno così elevati da consigliare una qualche triangolazione. Se poi questa non fosse conveniente, allora vorrebbe dire che i dazi non sono così elevati da generare una reale diminuzione del flusso di export verso gli Usa.

A riprova di questo fenomeno sta anche il parziale fallimento delle sanzioni poste nei confronti della Russia e di altri stati sui prodotti tecnologici utilizzabili per scopi militari. Malgrado il bando totale e il rischio di sanzioni anche penali per chi dovesse rifornire questi paesi di merci sensibili, le esportazioni sono continuate attraverso paesi terzi. Certo, ci sarebbe un qualche rallentamento del commercio internazionale e un costo in termini di inflazione. Ma questo costo finirebbe per colpire essenzialmente gli Usa, mentre gli altri paesi potrebbero compensare le perdite negli Usa aumentando gli scambi sugli altri mercati.

In effetti, malgrado la frammentazione che si sta producendo nel mondo dopo la svolta degli Usa contro la globalizzazione (primo governo Trump) e dopo le sanzioni intervenute in seguito all’invasione dell’Ucraina, il commercio mondiale sembra tenere e gli scambi continuano a crescere seppure a un ritmo ridotto. L’integrazione economica tra paesi è ormai così fitta che appare difficile possa regredire.

Anche se gli Stati Uniti sono una fetta non trascurabile del commercio mondiale (l’import Usa è circa il 13% del commercio mondiale), un’intensificazione degli scambi fra gli altri paesi potrebbe compensare un eventuale rallentamento delle importazioni americane, rendendo i dazi americani meno efficaci in termini di condizionamento. Alla fine, sarebbero solo gli Usa a risentirne a causa della maggiore inflazione e della minore crescita associata a una tale misura: proprio l’opposto di quanto avrebbe voluto Trump.

Ma Trump potrebbe decidere di mettere dazi elevati su tutte le importazioni degli Usa e così non ci sarebbero più pericoli di triangolazioni. Una misura di questo genere rappresenterebbe un’imposta indiretta consistente sui consumi degli americani, senza sfavorire un singolo paese, posto che i dazi sarebbero uniformi per tutti. Ne deriverebbe una maggiore inflazione e un calo della domanda interna americana con il risultato di rallentare quell’economia.

Gli altri paesi subirebbero un peggioramento congiunturale derivante dal rallentamento degli Usa, ma potrebbero controbilanciare con politiche di bilancio espansive. In definitiva, la minaccia dei dazi appare non essere così grave, specie se gli altri paesi reagiranno non tanto con dazi compensativi, bensì con un’intensificazione degli scambi tra di loro, evitando di cercare di placare le pretese americane con concessioni bilaterali. Una misura necessaria all’Europa è rappresentata dall’accordo con il Mercosur che potrebbe consentire di compensare le minori esportazioni verso gli Usa.

Certo, ci saranno prodotti che ne trarranno vantaggi e prodotti che verranno penalizzati. Ma questo è il mercato, quando un cambio politico genera un piccolo terremoto come c’è da attendersi con Trump, almeno fin a quando capirà che i dazi non sono «la più bella parola del dizionario», come ebbe a dire dopo essere stato eletto, ma rappresentano un inciampo sull’economia che colpisce proprio il paese che li adotta.

© Riproduzione riservata