La strategia dei capricci, così Trump domina l’Europa

I leader dell’Unione europea «mi chiamano scherzosamente il presidente dell’Europa», ha affermato Donald Trump in una recente conferenza stampa. Per quanto bizzarra possa sembrare, questa affermazione ha un pizzico di verità. Per sette mesi, l’Europa ha cercato disperatamente di placare il presidente degli Stati Uniti, di solito con manifestazioni di leccornia volte a sfruttare il narcisismo sfrenato di Trump. Di conseguenza, quando Trump ha recentemente brontolato alcune osservazioni incoraggianti sul sostegno all’Ucraina, i leader europei lo hanno visto come il risultato faticosamente raggiunto della loro strategia di autodistruzione. Ma quando Trump ha fatto commenti più minacciosi, si sono precipitati alla Casa Bianca. In ogni caso, è Trump a decidere, perché i leader europei si rifiutano anche solo di considerare una rottura con gli Stati Uniti. Ma l’ingraziarsi Trump non lo renderà meno imprevedibile. La sua capricciosità non è solo un tratto della personalità, ma un modus operandi. Trump cerca di instillare insicurezza negli altri, in modo che non possano organizzare una risposta potente o coerente. Anche se sostiene il contrario, Trump vuole che gli europei siano più dipendenti dagli Stati Uniti, anche se li stacca dal destino dell’Europa. Se Trump avesse ritirato definitivamente il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina, avrebbe allontanato l’Europa, senza alcun vantaggio psicologico o economico. Allo stesso modo, se avesse espresso un fermo sostegno all’Ucraina, sarebbe diventato prevedibile, perdendo molto del suo potere sui leader europei. Non ha fatto né l’una né l’altra cosa, perché il punto è seminare dubbi sulle sue intenzioni. Trump non riesce più a prendersi la scena: «L’Ue non compri più petrolio dai russi» L’accordo commerciale Tenendo presente questa strategia, si consideri il recente “accordo” commerciale concluso da Trump con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. In questo caso, l’Europa ha fatto quattro importanti concessioni senza ottenere nulla in cambio. In primo luogo, ha accettato la narrativa “America First” secondo cui le relazioni economiche tra Stati Uniti ed Europa sono sbilanciate a favore dell’Europa. Anche se il saldo delle partite correnti dell’America con l’Europa è quasi in pareggio, i leader europei hanno affermato allegramente la falsità di Trump e si sono assunti la responsabilità di risolvere un problema che non esiste. Peggio ancora, l’Europa ha poi avallato l’idea che questo falso squilibrio debba essere sostituito da uno reale: le importazioni statunitensi dall’Europa saranno ora colpite da una tariffa del 15 per cento, mentre le esportazioni americane in Europa non subiranno alcuna tariffa. Ancora più gravi sono le minacce di nuove tariffe di ritorsione contro regolamenti europei come il Digital Services Act e il Digital Markets Act, anche se, secondo von der Leyen, l’accordo commerciale Ue-Usa avrebbe dovuto stabilizzare le relazioni transatlantiche. Se Trump imporrà ulteriori sanzioni contro l’Europa, von der Leyen deciderà finalmente di attivare lo Strumento anti-coercizione che finora si è rifiutata di utilizzare? Non meno gravi sono gli impegni di aumentare le importazioni energetiche europee a 250 miliardi di dollari all’anno, rispetto agli attuali 65 miliardi, e di investire ogni anno 200 miliardi di dollari in più negli Stati Uniti. Infine, l’Europa si è impegnata in modo non quantificato ad acquistare più attrezzature militari statunitensi, anche se si suppone che stia europeizzando la propria difesa e rafforzando di conseguenza la propria base produttiva. La sfida della difesa europea guardando agli Usa (oltre Trump) Le armi La subordinazione dell’Europa è stata così interiorizzata che la maggior parte dei leader europei ha accolto con entusiasmo la possibilità di finanziare un’offerta ucraina da 100 miliardi di dollari per l’acquisto di attrezzature militari americane. Si tratta di una cifra quattro volte superiore a quella che gli europei hanno impegnato per l’Ucraina quest’anno, e più di tutti gli aiuti militari europei forniti all’Ucraina dal 2022. Gli europei non solo stanno aumentando la loro dipendenza dagli armamenti statunitensi per lusingare Trump, ma lo fanno anche in un momento in cui il loro più grande progetto militare-industriale – una joint venture per la creazione di un caccia di nuova generazione – è minacciato da una disputa tra Dassault e Airbus. «Dazi, l’accordo con Trump va cambiato»: gli eurodeputati contro von der Leyen L’incapacità con la Russia Nel frattempo, Trump ha fatto due importanti concessioni durante il recente vertice con il presidente russo Vladimir Putin in Alaska. Ha accettato l’idea che ci possano essere negoziati di pace senza un cessate il fuoco e ha ripetuto a pappagallo che il conflitto potrebbe essere risolto con uno “scambio di terre”, un eufemismo per dire che l’Ucraina cede un territorio sovrano alla potenza straniera che l’ha invasa. Non solo Trump ha accettato le condizioni di Putin sotto questi aspetti, ma lo ha fatto senza che nessun leader europeo fosse coinvolto pubblicamente. È chiaro che l’incapacità dell’Europa di elaborare una strategia per affrontare la Russia non può continuare. Per sviluppare un piano che non dipenda dai capricci di Trump, i leader europei dovrebbero concentrarsi su tre priorità. In primo luogo, l’Unione europea deve impegnarsi pienamente a facilitare l’adesione dell’Ucraina al blocco anche in assenza di una pace duratura, sebbene ciò non significhi che l’Ucraina debba ottenere un lasciapassare per il rispetto dei criteri di adesione. L’idea che l’Europa debba difendere l’Ucraina senza porsi domande sulla corruzione o su altre questioni non ha alcun fondamento. La seconda priorità è fornire all’Ucraina garanzie di sicurezza. Queste sono essenziali, ma al momento l’Europa non può fornirle, perché Germania, Polonia e Italia hanno finora escluso il dispiegamento di truppe in Ucraina. Questi problemi dovranno essere risolti. Il sostegno all’Ucraina e il rafforzamento delle forze armate europee sono obiettivi compatibili, ma difficilmente conciliabili dal punto di vista operativo nel breve e medio termine. Tante parole, zero risultati: l’asse asiatico ridicolizza la politica estera di Trump Infine, la questione più delicata riguarda il dialogo con la Russia. Il rifiuto dell’Europa di parlare con Putin dà a Trump un’influenza ancora maggiore sul corso degli eventi. Se i leader europei fossero stati presenti in Alaska, o se Trump avesse chiamato Putin da Washington in presenza degli europei, le cose sarebbero ovviamente andate diversamente. Ma Trump vuole essere l’arbitro finale che rifiuta di schierarsi, il che significa mettere deliberatamente sullo stesso piano l’aggressore e l’aggredito. Gli europei devono guardare in faccia la realtà. A questo punto, la soluzione meno peggiore sarebbe quella di chiedere una conferenza quadripartita che includa Russia, Ucraina, Europa e Stati Uniti. Anche se all’inizio un simile esercizio sembra inutile, col tempo potrebbero emergere nuove dinamiche, soprattutto se l’Ucraina continuerà a infliggere danni alle infrastrutture economiche russe. Il successo in politica internazionale dipende da tre fattori: i principi che si difendono, l’equilibrio di forze che sottende la realtà e la volontà di agire. L’Europa ha il primo e comprende il secondo. Resta da vedere se riuscirà a spuntare la terza casella. Zaki Laïdi, ex consigliere speciale dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza (2020-24), è professore a Sciences Po. © Project Syndicate, 2025.