Il giornalista di Newsmax Mark Halperin ha scritto su Twitter: «Non è possibile togliere il produttore televisivo da Donald Trump».

Analisi che in effetti corrisponde alla copertura degli eventi della giornata di martedì da parte dei maggiori network televisivi, che hanno seguito con cura ossessiva ogni passaggio dall’arrivo di Donald Trump nel tribunale di Manhattan, dove ha ascoltato la lettura dei 34 capi d’imputazione sul suo pagamento illecito alla pornostar Stormy Daniels nel 2016, fino al suo ritorno nella residenza di Mar-a-Lago: lì finalmente ha rotto il silenzio, attaccando la legittimità del procedimento legale e anche la “partigianeria” del procuratore distrettuale Alvin Bragg.

Stranamente, le reti del mondo conservatore sono andate in ordine sparso nel dare conto degli eventi, a cominciare da Fox News, fino a qualche tempo fa raffreddata nei confronti dell’ex presidente: pur attaccando la “politicizzazione” del caso da parte dei democratici, si è evitato di far ricorso ai commentatori più incendiari come Tucker Carlson e Sean Hannity, dando una copertura abbastanza distaccata e solenne dell’evento, anche perché, al momento, è ancora in corso la causa contro Dominion, l’azienda produttrice delle macchine usate per il voto elettronico in occasione delle presidenziali 2020 accusata dagli uomini di Trump di avere truccato il voto.

La politica dell’incriminazione

Non manca però chi dice che l’incriminazione sarà un boomerang per i dem, come affermato ad esempio dall’ultimo procuratore generale di Trump, Bill Barr. Anche se, ha chiosato il conduttore Bret Baier, una strategia di scontro totale potrebbe “sfavorirlo” nel lungo periodo.

Diverso il caso di Newsmax, network ben più schierato di Fox News: nel pomeriggio ospite è stata l’analista Greta Van Susteren, piuttosto pacata nei toni, mentre la sera il conduttore Chris Salcedo, dopo aver utilizzato varie formule prese dall’armamentario del mondo Maga (“Bragg finanziato da Soros”, “vendetta politica” e “militarizzazione della giustizia”) ha paragonato l’incriminazione di Trump con i processi politici dell’Unione sovietica.

I sostenitori più estremisti di Trump, ovvero gli anchor di One America News Network (Oann), hanno optato per una copertura alquanto bassa e discontinua.

Chi invece ha prosperato nello sfruttare appieno i problemi giudiziari di Trump è stata la Cnn: già pesantemente schierata contro l’ex presidente durante il quadriennio 2017-2021, il canale tv considerato vicino ai democratici ha cercato di attenuare la sua immagine faziosa e nel corso del mese di marzo ha dovuto sopportare un calo brutale dei suoi spettatori: -61 per cento.

Così ha fatto ricorso agli attacchi a Trump, che funzionano sempre, schierando uno dei suoi conduttori più antitrumpisti, Jake Tapper, come conduttore della diretta che veniva evidenziata a caratteri cubitali con la scritta “Arresto e incriminazione di Donald Trump”.

Lo stesso Tapper ha scandito, appena l’ex presidente ha varcato la soglia del tribunale newyorchese “Donald Trump è in arresto”. Un ritorno all’antico che ha perfettamente funzionato per il network e verosimilmente verrà adottato anche nei prossimi mesi per restaurare le fortune della Cnn.

Anzi, la considerazione lievemente empatica del commentatore legale Van Jones che ha definito Trump “un nonno in arresto” è stata pesantemente attaccata dagli ascoltatori sui social. Difficile quindi dissentire dall’analisi che il giornalista Clay Travis ha detto in diretta su Fox News qualche giorno fa: «La Cnn ha bisogno di Trump».

Niente coprotagonisti

Lo stesso si può dire che gli stessi comici ne abbiano bisogno. Trump poi è stato da sempre un bersaglio satirico perfetto e anche ieri infatti tutti i conduttori della seconda serata gli hanno dedicato numerose battute, a cominciare da Jimmy Fallon che ha cominciato dicendo: «Oggi è un gran giorno per essere qui a New York, a meno che tu non sia quella persona» e ha continuato dicendo «la giornata di ieri è passata alla Storia, ma in Florida i libri di storia sono stati proibiti, quindi è tutto ok per Trump», riferendosi agli attacchi del governatore Ron DeSantis ai libri di testo ritenuti “faziosi”.

L’atmosfera fra i sostenitori di Trump era carnevalesca e persino la deputata Marjorie Taylor Greene, accorsa a difendere quello che lei ha definito «il più grande presidente di tutti i tempi» ha avuto ben poca attenzione e ha ricevuto più che altro fischi da parte dei contromanifestanti.

Non c’è posto per i coprotagonisti dunque in questa nuova incarnazione mediatica di Trump, su cui contano soprattutto i suoi arcinemici per poter tornare a fare ascolti stellari.

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