L’ombra della censura sugli Epstein files. Trump: «Meglio parlare delle mie vittorie»

Donald Trump è sopravvissuto quando molti lo davano per morto e ha tratto nuova forza dalle circostanze che sembravano indebolirlo. Ma nessun evento come il voto della Camera per costringere il dipartimento di Giustizia a pubblicare i documenti di Epstein ha offerto l’impressione che Trump stesse perdendo il controllo della situazione. Il timore della Casa Bianca è in parte legato ai contenuti potenzialmente compromettenti che potrebbero emergere, ma è soprattutto legato alla consapevolezza che una parte del mondo Maga non sarà mai completamente soddisfatta di quello che troverà. Trump ha cresciuto a forza di ragionamenti paranoici e complotti una base con un inestinguibile risentimento verso l’establishment, e il modo in cui la Casa Bianca ha gestito la faccenda – prima ignorando, poi insabbiando, poi attaccando, infine cedendo all’ultimo minuto – è foriero di sospetti. Chi vuole ardentemente la verità su Epstein ora sarà portato, in questa delicata fase fra il voto della Camera e la firma del presidente, a vedere manipolazioni e censure ovunque, anche dove non ci sono. Elizabeth Loftus: «Epstein, Trump e la trappola dei falsi ricordi» Cosa accade adesso? La Camera ha approvato con una maggioranza schiacciante la legge e il Senato va verso l’approvazione senza emendamenti, ma, come ricostruisce il Washington Post, la pubblicazione completa dei file non è affatto garantita. Il dipartimento di Giustizia può trattenere materiali coperti dal segreto di un gran giurì, da indagini in corso o da protezioni per le vittime, e il risultato è che il Congresso ha pochi strumenti per costringerlo a pubblicare tutto. Trump, del resto, avrebbe potuto ordinare la pubblicazione totale dei documenti, ma non l’ha fatto. Quando la pressione bipartisan è cresciuta, Trump è stato costretto a inseguire gli spettri umorali della sua base che lui stesso aveva scatenato. La Casa Bianca rincorre una decisione presa altrove, attenta a non esporsi troppo su un dossier che potrebbe contenere elementi politicamente sensibili. Allo stesso tempo, studia una strategia per contrattaccare: Trump non gioca mai in difesa. Di fronte al voto della Camera, Trump ha scelto la distrazione. Ha pubblicato un lungo messaggio nel quale scrive: «Non mi importa quando il Senato approverà il provvedimento della Camera, se stanotte o in un altro momento del prossimo futuro, voglio solo che i repubblicani non distolgano lo sguardo da tutte le vittorie che abbiamo ottenuto», e segue un lungo elenco di successi, veri o presunti, costruito per oscurare la questione Epstein, trattata come marginale. Ma la base repubblicana non è allineata. L’idea che il presidente avrebbe potuto muoversi mesi prima è circolata ampiamente, alimentando la percezione che si stia ora adeguando a un’agenda che non controlla. È un terreno scivoloso per una leadership che ha costruito la propria forza sulla capacità di dominare la narrazione. Il caso Epstein mette alla prova la lealtà del mondo Maga verso il tycoon Gli effetti politici del caso Epstein su Trump sono tangibili. Il suo nome compare, anche se non in modo direttamente accusatorio, in alcuni materiali legati alla rete di Epstein. In questo clima è un elemento sufficiente a generare diffidenza. La pubblicazione dei documenti, se avverrà, potrebbe contenere elementi imbarazzanti o testimonianze che lo riguardano indirettamente. L’intero processo è reso più difficile dal fatto che il Senato pare voler procedere rapidamente, mentre l’amministrazione mostra prudenza. La dinamica, come osserva il Washington Post, segnala uno slittamento della leadership: il Congresso guida, Trump insegue. È un rovesciamento significativo rispetto agli anni in cui sembrava controllare il partito e l’agenda pubblica senza fatica. Poi ci sono gli avversari interni. Il deputato repubblicano Thomas Massie ha guidato l’operazione politica per la pubblicazione, ma è Marjorie Taylor Greene l’alleata che si è esposta di più nella critica al presidente, che l’ha definita una «traditrice». Alla Camera Greene ha dichiarato che è pronta a leggere in aula ogni nome che emergerà dai documenti, sostenendo che «gli americani non accetteranno più mezze verità». Nella trappola Epstein. Trump è in un cul-de-sac e i Maga sono spaccati Una frattura interna Ha anche respinto le accuse di tradimento di Trump, rivendicando invece la sua lealtà alle vittime. Le sue parole mostrano una frattura interna. Parte del mondo trumpiano non è più disposta a seguire automaticamente il presidente, almeno non sulle questioni che considera essenziali per la propria identità. Il caso Epstein è una di queste. La fase politica che si apre ora è decisiva. Se i documenti rilasciati saranno incompleti o chiaramente filtrati, la frustrazione della base potrebbe aumentare e trasformarsi in un problema interno. Se invece saranno integrali, il presidente sarà costretto a confrontarsi con un capitolo della propria storia che ha sempre cercato di tenere ai margini. Il vero rischio politico per Trump è trovarsi prigioniero di un processo che non controlla, mentre cresce l’inquietudine di un elettorato che chiede risposte immediate. «Quiet, piggy»: quando il potere maschile usa il linguaggio per far tacere le donne